Umberto I, falso per omissione in cartella clinica. Medico a processo - Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Umberto I, falso per omissione in cartella clinica. Medico a processo

policlinico umberto iAvrebbe omesso di scrivere nella cartella clinica di una paziente di averla sottoposta a chemioterapia usando un farmaco utilizzato in una prima seduta che però aveva dato esiti negativi. Per questo la dottoressa Flavia Longo è stata rinviato a giudizio. Prosciolta per non aver commesso il fatto, invece, Vittoria Lapadula, una specializzanda nei cui confronti erano state formulate le stesse contestazioni. Lo ha deciso il gup Tiziana Coccoluto pronunciandosi su una richiesta del pm Paolo Ielo. Falso in atto pubblico per omissione nella cartella clinica della indicazione del farmaco somministrato alla paziente Serenella Bendia appunto nella chemioterapia nel reparto di oncologia del policlinico Umberto I. «La dottoressa Lapadula, vittima di un imperdonabile errore dell’inquirente, oggi ha avuto finalmente giustizia – afferma l’avvocato Giuseppe Di Noto che assiste entrambe le dottoresse, riferendo che la specializzanda sarebbe finita sotto processo appunto erroneamente avendo firmato la cartella al momento del sequestro da parte della polizia giudiziaria e non durante le cure alla paziente. »La dottoressa Longo – ha aggiunto il penalista – che è un esempio di professionalità e di impegno nella cura dei malati nel reparto di oncologia del Policlinico, dimostrerà in giudizio la sua assoluta buona fede e la correttezza del suo operato«. Nella stessa vicenda risulta indagato, in un altro procedimento stralciato da quello principale, anche l’allora primario del reparto Oncologia dell’Umberto I, nonchè rettore della Sapienza, Luigi Frati. Secondo l’accusa la paziente avrebbe rischiato a causa della somministrazione del farmaco sbagliato avvenuta due volte: il 26 giugno 2012 e poi il 10 luglio, nonostante la prima reazione allergica all’oxaliplatino. A quel punto, le viene cambiata la terapia, secondo l’accusa con alcuni ritocchi alla cartella clinica: niente più chemioterapia, le spiegano, gli effetti sono nocivi sul suo fisico, ma radioterapia. Di qui il procedimento nei confronti delle due dottoresse accusate di aver modificato i documenti sanitari della paziente sperando di nascondere quell’errore che poteva essere fatale.

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