Quel pasticciaccio brutto della Raphael. Roba da matti - Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Quel pasticciaccio brutto della Raphael. Roba da matti

La struttura - oggi vuota - ospitava 40 pazienti psichiatrici, tornati al S.Maria della Pietà in un dipartimento che si occupa di riabilitazione. Denunce, ricorsi e spreco di soldi pubblici

Parco S.Maria della PietàRoba da matti, è il caso di dirlo. Una storia che dura da oltre 10 anni e che ha lasciato per strada numerosi pazienti con problemi psichiatrici e le loro famiglie. Una storia che continua a confermare il fatto che spesso è la sanità a essere malata, quando  butta via soldi pubblici,  come in questo caso, quando avvia una struttura che poi chiude, continuando a pagare anche se abbandonata. Una vicena nella quale sono in ballo decine di milioni persi anche dal prof. Oreste Zambrelli, imprenditore e legale rappresentante della “Raphael srl”, comunità terapeutico riabilitativa a carattere residenziale e semiresidenziale, nata per ospitare 40 pazienti psichiatrici nel territorio della Asl RmE.

E’ un autentico romanzo. Ma dell’orrore. Tutto comincia nel 1997 quando la Asl RmE cerca una struttura alternativa al ricovero ospedaliero agli ex pazienti manicomiali del S. Maria della Pietà. Zambelli vede la possibilità  di impresa e si attrezza, prendendo in leasing  la struttura adatta in un condominio sulla Cassia: Solo verso la fine degli anni 2000, la “Raphael srl” viene aperta in base a una convenzione. La Asl, con il proprio personale, si occupa dei servizi socio sanitari riabilitativi affidandosi ad alcune cooperative; la Raphael è invece responsabile dell’assistenza di tipo alberghiero, dalla reception alla segreteria, dalla pulizia della struttura all’ordinaria manutenzione.

Un primo ostacolo arriva dal condominio che diffida Asl, Raphael, Regione, Roma Capitale dall’aprire, poiché lo stesso regolamento interno vieta di adibire gli immobili a uso sanitario.

Nonostante la diffida, la Asl decide di aprire la struttura con il consenso di Regione e Comune che nel frattempo rilascia il cambio di destinazione d’uso. La struttura funziona regolarmente. Cominciano a entrare i pazienti non solo provenienti dal Santa Maria della Pietà, ma anche dal territorio. In breve tempo tutti i posti sono occupati, sia quelli residenziali, sia quelli diurni.

Un secondo ostacolo  arriva dalla mancata autorizzazione a operare da parte della Regione e dal ritardo nell’accreditamento,  atti entrambi assicurati per iscritto dalla stessa Asl. Ma la Regione si arrampica sugli specchi e risponde che l’autorizzazione sarebbe stata disponibile solo per le strutture dedicate ai pazienti psichiatrici che intanto erano passati a un dipartimento differente e sperimentale per il quale non era ancora disponibile la normativa: “dipartimento di medicina di base, residenzialità e tutela dell’anziano”. Un escamotage, un cupo segnale. Intanto ne febbraio del 2002, quando un infermiere di una delle cooperative a cui la Asl aveva appaltato l’assistenza dei degenti denuncia soprusi verso i pazienti, Zambrellisegnala il caso a Regione e Asl RmE. Una correttezza che piace poco alla Asl, forse perché tira in ballo le cooperative e crea imbarazzo. E’ un atto di ostilità, l’apertura di un contenzioso che si traduce in un atto di forza. Nel 2004 la Asl riporta i pazienti al Santa Maria della Pietà. Sembrerebbe una violazione della legge Basaglia che vieta il riutilizzo degli ex ospedali psichiatrici. Ma i pazienti in questo trasferimento-ritorno si ritrovano in un nuovo dipartimento, “Medicina Fisica e riabilitazione”. Non serviranno a niente controlli all’ex manicomio, poiché i pazienti saranno ospitati in un padiglione recentemente ristrutturato. Tutto regolare.

La struttura sulla Cassia rimane vuota, ma la Raphael per 8 mesi continua a incassare i soldi della convenzione, come da contratto “vuoto per pieno”. Zambrelli si rivolge di nuovo alla Asl per chiedere l’invio di nuovi pazienti anche per evitare lo sperpero di soldi pubblici. Ma non c’è alcuna risposta. Alla fine il 19 luglio 2004, la RmE sospende anche i pagamenti, dopo che la FIALS (sindacato) ha denunciato alla Procura della Repubblica e alla Corte dei Conti  la situazione irregolare. La Raphael si trova intanto  a dover dare ricorso in appello contro il condominio, che nel frattempo ha vinto la prima causa, ma si trova contro anche la RmE. L’azienda, infatti, fa marcia indietro, schierandosi con il condominio e sostenendo la «pericolosità per i terzi dei pazienti»

Un pasticcio inestricabile, e il tempo passa cristallizzando la situazione. La vicenda continua con un fascicolo d’inchiesta nelle mani del pm Maria Cristina Palaia e dell’ex procuratore aggiunto Achille Toro, che contiene anche le prove di un tentativo di corruzione – termine improprio ma efficace –  da parte della Asl nei confronti della Raphael. E c’è anche una denuncia sporta dallo stesso Zambrelli, per danno erariale alla Corte dei Conti. Ora ci sono ricorsi, attese di sentenze, nuovi giudizi. E tanta confusione, anche perché molti dei protagonisti di questa storiaccia sono nel frattempo passati ad altro ed il discorso logico si è sfilacciato.

Che cosa pagano Oreste Zambrelli e i suoi figli, unici soci della Raphael? Probabilmente il loro essere troppo trasparenti e limpidi nell’adempimento di un loro lavoro in un campo, quello sanitario e psichiatrico, del tutto sconosciuto all’inizio. Sicuramente la loro impuntatura. Ma gli amministratori pubblici non hanno messo in gioco del proprio, Zambelli e figli rischiano i risparmi, anzi, li hanno proprio persi.

La vicenda è ancora aperta: cause, ricorsi e nuove denunce sono seguite per anni, arrivando fino ad oggi. La struttura è ancora lì, inutilizzata. I pazienti psichiatrici sono al Santa Maria della Pietà, in un “manicomio”, da dove con tanto rumore e fatica erano stati fatti uscire. Alcuni saranno morti; altri sono ancora lì, cambiando dipartimento, per giustificare la presenza in quel luogo a loro vietato per legge. Il peso peggiore è per le famiglie di questi pazienti abbandonati a se stessi. Zambrelli continua ancora oggi a chiedere risposte e aiuti alla Regione e  a Roma Capitale. (1-continua). Francesco Vitale

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