Dove va la Casa del Jazz? (3) - Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
Direttore responsabile Giovanni Tagliapietra

Dove va la Casa del Jazz? (3)

Casa del JazzEccoci alla terza puntata di questa sorta di telenovela che ha per protagonisti la Casa del Jazz e il Comune di Roma.

E’ passata un’altra settimana e naturalmente la struttura resta ancora senza testa: è triste sentire uomini politici parlare tanto di cultura, di priorità da dare a questo settore e poi scoprire, alla prova dei fatti, che nulla cambia.

Nelle scorse puntate ci siamo occupati dei probabili candidati alla sostituzione di Gampiero Rubei come direttore artistico della “Casa” e di come le autorità comunali, infischiandosene bellamente degli impegni presi dalla precedente gestione, abbiano pensato bene di cancellare le serate saltate per colpa del pino caduto sulla struttura (e delle tre settimane impiegate dal Comune per rimuoverlo).

Comunque a parte tutto ciò resta il problema di fondo che il Comune deve risolvere se vuole che la Villa Osio abbia ancora vita e senso logico; in poche parole si tratta di capire cosa si vuol fare di questa pur importante ed unica struttura.

A nostro avviso la Casa del Jazz soffre di un malessere che l’ha attanagliata sin dall’inizio, vale a dire la difficoltà di individuarne esattamente i “compiti” in una metropoli come Roma. Ora è chiaro che data la ridotta dimensione della sala (circa 150 posti) la mission non può essere quella di organizzare concerti, demandando tale funzione, caso mai,  al periodo estivo quando si può usufruire di un magnifico parco.

E allora? Allora a nostro avviso la “mission” può essere dedotta dal nome stesso: la Casa del Jazz e quindi la casa di questo genere musicale nelle sue molteplici espressioni che non riguardano solo i concerti ma ad esempio la strutturazione di un centro studi, l’organizzazione di sempre più numerosi eventi di divulgazione, l’apertura delle sue porte ai giovani emergenti per la presentazione delle loro “opere prime”, l’impiego dei locali come sala prova (magari attraverso il pagamento di un modesto canone), la concessione dello spazio ai musicisti per incontrarsi, conoscersi e magari sperimentare ciò che vogliono. Insomma uno spazio dedicato in primo luogo ai jazzisti che potrebbero e dovrebbero trovare nella Casa una struttura pronta ad ospitarli  senza necessariamente essere grandi e famosi. Ma per raggiungere questi obiettivi risulta prioritario che il Comune se ne assuma la responsabilità e faccia uscire la Casa del Jazz da quella contraddizione cui facevamo riferimento per rispondere davvero alle aspettative di tanti appassionati e di un numero crescente di bravi musicisti.

Gerlando Gatto

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