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Al San Camillo la paradossale vicenda dell’Unità di cure residenziali intensive e dei suoi otto pazienti

Voluta dalla Polverini non ha poi avuto i finanziamenti previsti: la struttura cade a pezzi, per l’ospedale quei malati sono un peso. Ma altrove per loro non ci sono soluzioni percorribili

cure e anzianiTra pochi giorni (il 2 marzo prossimo, ndr) l’Unità di Cure Residenziali Intensive (Ucri), allestita presso l’ospedale San Camillo-Forlanini, festeggerà il suo terzo compleanno, anche se del finanziamento regionale 2011-2012, pari a 1 milione e 600 mila euro, confermato dalla cabina di regia della Regione Lazio, non c’è ancora traccia. La struttura, a tutti gli effetti residenza sanitaria assistita (Rsa), ha rischiato, lo scorso anno, l’accorpamento con il reparto di geriatria, ciò che ne avrebbe comportato la scomparsa sia a livello progettuale che operativo. Presente gramo, futuro incerto. Ogni tanto qualcuno si attacca a un campanello e suona l’allarme, ma la luce dei riflettori si spegne in fretta. Manca il personale, la struttura cade a pezzi, ora piove addirittura dal soffitto sui malati. Si va avanti a forza di buona volontà. Ma fino a quando? L’Ucri, ad oggi, ospita 8 pazienti e conta dieci posti letto, mentre a regime era nata per 30 posti che però non sono mai stati attivati. Tutti i degenti, molti dei quali in stato vegetativo, di minima coscienza e con gravi cerebrolesioni, sono sotto la responsabilità dei familiari, nominati amministratori di sostegno riuniti nel comitato Ridivita,  e anche del giudice tutelare. «Abbiamo in ospedale pazienti ad alto livello assistenziale – dice Caterina Elisabetta Amoddeo, direttore sanitario facente funzioni del San Camillo-Forlanini – al momento stiamo pensando di trasferire una malata che abbiamo qui in ospedale e arriveremmo a nove. Queste strutture teoricamente dovrebbero essere stanziate sul territorio. Noi siamo un ospedale per acuti, (mentre queste persone sono pazienti cronici e hanno bisogno di assistenza continua, ndr), quindi qui sono un’anomalia. Anche gli infermieri hanno delle difficoltà».

L’Unita’ di cure residenziali intensive inaugurata il 2 marzo 2011  fu fortemente voluta anche dall’allora presidente del Lazio, Renata Polverini, in risposta alle istanze dei familiari dei pazienti, precedentemente in cura presso la Clinica San Giuseppe Segesta. Ora i malati sono in un reparto sanitario residenziale strutturato presso il San Camillo Forlanini, ma non si capisce che fine abbia fatto il finanziamento che la Regione avrebbe dovuto erogare. Una beffa, una svista, un errore di valutazione? «Se la Regione è partita con un’aggiunta di posti letto per questa Rsa fino a 30 e alla fine c’ha ripensato – continua la Amoddeo – io direi che potrebbe avere anche ragione. Anche se, indipendentemente dal luogo, la cosa importante è che ci sia un numero (di posti letto, ndr) adeguato alle esigenze del territorio». La vicenda si colora di giallo e, mentre si cercano delle risposte, dal San Camillo-Forlanini arriva la conferma che l’aumento dei posti letto per l’Ucri non è nei progetti della struttura, che anzi è vista come una fastidiosa ed eccentrica escrescenza. «In questo momento – conclude il direttore sanitario – non ho il problema di ampliare il numero dei posti letto dell’unità operativa. Le emergenze sono altre, non abbiamo personale per operare nel reparto cardio-chirurgico. Purtroppo siamo da sette anni  in Piano di rientro, che ci sta bloccando qualsiasi tipo di assunzione. Siamo in una situazione drammatica.»  Ma non interessa a nessuno.  E, parliamoci chiaro, quei pazienti sono impegnativi, costano moltissimo, non li vuole nessuno. E i familiari non sanno che fare.

 ( Continua – 1)

 Alessandra De Gaetano

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