E Marino aspetta Renzi-Godot - Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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E Marino aspetta Renzi-Godot

marino_renziI “cento giorni”, la tradizionale “luna di miele” concessa agli eletti per in sintonia con i cittadini che li hanno scelti, si sono conclusi da tempo; e, appena finita la primavera che ormai si sente nell’aria, sarà già l’ora del bilancio del primo anno di “governo” della città. Eppure, come direbbero i francesi, i romani “restano sulla loro fame”, del tutto insoddisfatti. Di novità, il sindaco Ignazio Marino ha servito loro solo la, peraltro discussa, pedonalizzazione dei Fori. E il resto delle sue promesse elettorali? Ancora in alto mare, se mai finiranno per approdare nella Città Eterna. Per piste ciclabili, scomparsa delle buche, utilizzo con maggiore raziocinio del corpo dei vigili urbani, piano traffico, rilancio del “brand” della Capitale, spending review capitolina, cambiamenti ai vertici delle muncipalizzate per far dimenticare le varie “parentopoli” e la corruzione che le colpisce (ricordate lo scandalo dell’immondizia?) e per tante altre “piaghe” erano stati promessi provvedimenti urgenti. Che si debba chiedere lumi a Federica Sciarelli, la brava “sacerdotessa” di “Chi l’ha visto”?

Nonostante Marino, insomma, Roma continua a vivere (sempre peggio, a causa della crisi) come prima. E dire che tutti hanno cercato scuse a quella che finora non può essere definita altro su superficialità  o incapacità di capire e tentare di curare i mali della Capitale. Si è scoperto che Marino era un “marziano” e quindi da extraterrestre, per approfondire la conoscenza dei problemi aveva bisogno di tempo. Poi, davanti alla persistente assenza di iniziative capaci di far dire ai romani “finalmente una cosa giusta, adesso stiamo meglio”, si è trovata la spiegazione che dipendesse dai difficili rapporti del “primo cittadino” capitolino con il Pd romano. Discorso, va detto subito, non privo di verità. Il partito democratico romano è stato ed è ancora di “dipendenza veterocomunista”.  Proprio come i suoi iscritti, che nelle primarie per la segreteria nazionale vinte da Matteo Renzi, hanno plebiscitato Gianni Cuperlo (che fa riferimento a Massimo D’Alema e Pierluigi Bersani), insidiato soltanto (in un solo seggio) da Pippo Civati. Renzi? Sconfitto dappertutto. Anche se poi, quando l’ex sindaco di Firenze ha fatto rotta su Palazzo Chigi, tutti hanno cambiato maglia, al punto che proprio un“renziano” (della “seconda ora”) è stato eletto coordinatore regionale, Mauro Perilli.

A Roma, il “numero uno” è  Lionello Cosentino, moderato di suo anche senza essere “renziano”, che dall’inizio del suo mandato sta facendo il possibile per salvare capra e cavoli, da una parte garantire a Marino l’appoggio del partito e dall’altra fare in modo che il Sindaco non dimentichi ciò che deve al Pd in quanto partito di maggioranza relativa della coalizione che lo sostiene. Compito non facile, perché il Pd a Roma, oltre che partito politico, è anche un “potere economico” non indifferente, con interessi da difendere. Tra Cosentino e Marino, il vecchio Pd e il “marziano”, il dialogo non è ancora decollato. Il più di un’occasione, Marino ha dato anzi l’impressione di non volere affatto che il dialogo decolli. Per i “dietrologi” – ma, come diceva Giulio Andreotti non sempre a pensar male si sbaglia… – ci sarebbe una ragione precisa. Marino, che non è mai stato comunista e non nasconde a tratti una logica americana, ha capito benissimo che Roma non si può curare con l’aspirina, è consapevole che sono necessari interventi molto duri, anche chirurgici, che da solo non può fare.; gli stessi che Renzi dice di essere intenzionato a fare, a livello nazionale, per l’Italia intera.

Un esempio? Renzi ha chiamato in causa proprio Roma con un parallelo tra il teatro Valle della Capitale e il Teatro della Pergola, il più antico d’Europa, di Firenze. Tre anni fa i due teatri sono stati entrambi vittima della crisi. Ma mentre il teatro della Pergola è stato risanato e oggi funziona splendidamente, il Valle è ancora occupato da attori e maestranze che, guarda un po’, hanno il supporto dichiarato proprio del Pd romano. Come a dire che Marino non può certo contare su questo partito “riformare” Roma e mettere fine agli sprechi e alla corruzione indispensabili per risanare il bilancio capitolino. E la città. Stando così le cose, è sempre lo scenario delineato dai dietrologi, Marino avrebbe scelto di tirare i remi in barca, e non prenderebbe iniziative, perché sa che il Pd romano le boccerebbe. Meglio dunque aspettare il “botto”, probabilmente in occasione delle elezioni europee, e promuove poi – d’intesa con il segretario – una “rivoluzione romana” con le insegne renziane.

Anche l’ex sindaco di Firenze, infatti, ha bisogno che Roma finalmente “funzioni” su livelli europei: non potrebbe infatti continuare a definirsi l’artefice del “nuovo” se Roma invece di diventare realmente “europea” – come lo è per esempio Milano, e nel suo piccolo anche Firenze – continuerà ad essere una città mediterranea-mediorientale-da terzo mondo. I suoi ospiti ora che è a Palazzo Chigi, cioè i capi di governo stranieri in visita nella Capitale,  non faticherebbero a smascherare la “magagne” cittadine. I primi indizi della “Roma cialtrona” che tutti conoscono? I muri sporchi e pieni di scritte dei palazzi; le auto ovunque in seconda e terza fila  e, soprattutto, gli scossoni delle loro automobili  provocati dalle buche e dai crateri presenti su qualsiasi percorso. Anche, nonostante i rattoppi,  tra Palazzo Chigi e il Quirinale.

E allora? Venga presto, Renzi-Godot. E ci salvi dal “marziano”.

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