No alla privatizzazione, no alla smilitarizzazione, nella Cri è rivolta aperta - Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
Direttore responsabile Giovanni Tagliapietra

No alla privatizzazione, no alla smilitarizzazione, nella Cri è rivolta aperta

Dipendenti sui tetti, dal Senato parte una mozione che impegna ilgoverno a stoppare la riforma

cemLa Croce Rossa sta per cambiare pelle, i dipendenti sono in rivolta. Una quarantina di loro sono stati a lungo sul tetto della sede di via Pacinotti , a Roma, per protestare contro la privatizzazione dell’Ente, una protesta simile era stata messa in pratica ad un paio di chilometri di distanza dai lavoratori del Cem (Centro educazione motoria), legati a filo doppio alla sorte della Cri, l’Usb scende in piazza a Roma e promette di portare la reazione in ogni parte d’Italia.Siamo insomma ad uno scontro aperto e il management dell’Ente è tra l’incudine e il martello, deve pilotare il traghettamento sull’altra sponda ma senza eccessivi entusiasmi. Certo, e’ troppo tardi per lanciarsi all’attacco scandendo slogan del tipo “Questa riforma non s’ha da fare, giù le mani dalla Croce Rossa, la Croce Rossa non si tocca”, ma forse si è ancora in tempo per limitare i danni, per condizionare il processo di privatizzazione, per stoppare la demilitarizzazione del Corpo. La politica sta a guardare, ci capisce poco o forse vi capisce troppo e si aspetta di trarre qualche beneficio dallo stravolgimento di una delle glorie nazionali. Un gruppo di dieci senatori ( Di Biagio , Merloni , Albertini , Zin , Micheloni , Turano , Razzi ,Aiello , Fazzone , Mauro Giovanni, muovendosi in certo qual modo controcorrente, ha presentato una mozione che investe direttamente il governo e lo impegna in una serie importante di punti;
1) ad attivarsi al fine di rivedere il decreto legislativo n. 178 del 2012 per le gravi carenze riscontrate, provvedendo al “congelamento” di una riforma che si presenta parossistica in quanto il risparmio a carico dello Stato, valutato in 42 milioni di euro in fase preventiva di emanazione del decreto, che sarebbe superato dagli enormi danni economici e occupazionali, cagionando un deficit per le casse dello Stato valutabile in 350-400 milioni di euro e con oltre 4.000 lavoratori (tra persone civile personale militare della CRI) che al termine della mobilità di due anni sarebbero licenziati, con relativa tragedia per le relative famiglie;

2) a bloccare immediatamente l’emanazione del relativo decreto a firma del Ministro della salute, per i gravissimi danni occupazionali e per i conseguenti riflessi di natura erariale, viste anche le critiche e le riserve espresse nella relazione della Corte dei conti relativa alla legiferazione dell’ultimo quadrimestre del 2012;
3) a provvedere alla creazione di un “ruolo ad esaurimento” che consentirebbe al personale militare di permanere nello status rivestito per scelta di vita e contestualmente di garantire alla collettività una serie di servizi essenziali in caso di calamità o di gravi emergenze, anche di tipo sanitario, in Italia e all’estero;
4) a rivedere l’applicabilità al personale militare della CRI dell’estensione del trattamento pensionistico previsto per il personale appartenente al comparto sicurezza, difesa, vigili del fuoco e soccorso pubblico, che comporterebbe anche la possibilità per il personale di fruire dell’accesso alla pensione come tutti gli altri militari, con una mobilità a regime prevista dal 2024;
5) a salvaguardare di tutti i livelli occupazionali dei lavoratori della CRI, che non hanno alcuna colpa in questo provvedimento crudele, iniquo e beffardo.

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