Liste d'attesa, commedia dell'assurdo - Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
Direttore responsabile Giovanni Tagliapietra

Liste d’attesa, commedia dell’assurdo

Il sistema fa acqua ma "si sta lavorando", un mantra che i dirigenti regionali ripetono in modo ossessivo per auto-assolversi. Adesso hanno scoperto che la chiave di tutto è la prevenzione, ci faranno sapere. Intanto i nove decimi di Asl e ospedali sono fuorilegge

regione lazioDisarmante. Un alto dirigente della sanità laziale che chiede l’anomimato per il ruolo che riveste nei piani alti del palazzone della Regione, su via Cristoforo Colombo, definisce così l’atteggiamento dei responsabili della cosiddetta “cabina di regia”. Il secondo aggettivo, “irresponsabile”, gli si smorza in gola. Tiene famiglia. Eppure si va avanti così, giorno dopo giorno, secondo una apparente programmazione, una finta regia. Fanno tutti finta di sapere quello che fanno, dice, i risultati si vedono. Su uno dei più autorevoli quotidiani della capitale (La Repubblica) c’è l’intervista a quella che in questi corridoi viene definita la “zarina”. Guai a contraddirla, comanda lei (per conto di chi non si sa); anche Zinga ha qualche problema a rapportarsi con lei e a contrastarla, lascia fare al capo di gabinetto Venafro, modi spicci ma capace di inpensabili mediazioni e a D’Amato, che sa come scansare le sberle (metaforiche). Nell’autunno scorso con toni enfatici erano state annunciate decise campagne invernali contro ciò che nel sistema faceva acqua, emergenza/pronto soccorso e liste d’attesa. Come corollario l’annuncio della apertura nel giro di pochi mesi di 48 case della salute. In realtà, inutile dirlo, il monitoraggio del Pronto soccorso, il decalogo per i responsabili del servizio, non hanno portato lontano e il nuovo direttore dell’Ares 118, la recalcitrante Corradi non ha combinato granchè. Ma la debacle è nella azione di contrasto alle liste d’attesa. E qui torniamo all’intervista dove la De Grassi riesce ad ammettere che ci sono dei ritardi (a gennaio doveva essere tutto risolto) ma che si sta lavorando “ sia sul versante dell’appropriatezza delle prestazioni, perché spesso molte sono superflue, sia su quello dell’informatizzazione delle ricette dei medici di famiglia e degli specialisti ambulatoriali “.  Se ne parla da mesi, da anni, sempre le stesse parole, sembrano slogan. Ma la De Grassi prova a spiegare che i dati sui tempi – terribili, messi in campo dai soliti CODICi, Cittadinanza attiva, etc – sono falsati. Insomma abbiamo scherzato: in lista ci sono pazienti che hanno effettivamente bisogno della prestazione prenotata e altri, che avendola già eseguita, prendono appuntamento per il controllo successivo, dice il direttore De Grassi. Che annuncia di aver trovato la chiave di volta del problema. “Abbiamo verificato che il 90 per cento delle donne in attesa di una mammografia erano nella fascia di età coperta dai controlli che si eseguono già per la diagnosi precoce dei tumori. Anche il grosso di quanti aspettavano le colonscopie rientravano nel percorso dello screening per il colon retto. Perciò abbiamo deciso di potenziare gli esami per la prevenzione, alleggerendo le liste di attesa e, soprattutto, dando a tutti la risposta adeguata. Abbiamo, insomma, individuato un modello che presto adotteremo per altre patologie, dal diabete alla bronco pneumopatia” Inutile dire che sarebbe bastato ragionare prima con un paio di addetti ai lavori, quelli che mandano relazioni su relazioni mai lette e prese sul serio. Abbiamo scoperto la prevenzione come soluzione di tutti i problemi, complimenti,  In settembre il governatore Zingaretti si era impegnato a far rispettare i tempi massimi di attesa prescritti dalla legge, a inserire i privati nelle agende del Recup…, incalza l’intervistastore: “ “Forse avevamo sottovalutato la mole dei problemi tecnici per allineare il sistema informatico dei privati a quello del Recup; ora il Gemelli è quasi pronto, per esempio. La Lait, società informatica della Regione, sta lavorando con gli altri centri per omologare le agende elettroniche di ciascuno con quelle del Recup. Infine vorrei annunciare che dalla fine dell’estate i referti dei cittadini saranno disponibili online, con codici di accesso personalizzati, nelle dodici Asl del Lazio”. Una rapida ricerca su Internet, una chiacchiera con i cervelli del Recup chiarirebbe che da anni si va avanti con questo discorso. C’è qualcosa (o qualcuno) che frena, e non è solo un fatto tecnico. Ma non si può dire. In attesa che la Regione si svegli ci teniamo i dati allucinanti sulle liste d’attesa. Ne buttiamo lì un paio, tanto per non perdere l’abitudine con le brutte notizie, In ospedale e negli ambulatori pubblici del Lazio si aspetta fino a un anno per una mammografia, una tac al torace, un ecocolordoppler alle carotidi o ai vasi periferici e per una colonscopia. E nei grandi ospedali, policlinici inclusi, non si prendono appuntamenti: agende chiuse per quasi tutti gli esami diagnostici. “È una pratica vietata. Ma se si mette mano al portafogli, con gli stessi medici in attività libero professionale, l’intramoenia, tempo qualche manciata di ore e si è serviti», scrive l’intervistatore di Repubblica. «Occorrerebbero 30 giorni al massimo per una visita, 60 per un esame diagnostico; 72 ore per le urgenze. Ma per una mammografia, per esempio, si aspetta fino a 355 giorni nella Asl di Latina e al San Camillo. Un po’ meno a Frosinone, 278 giorni, e a Rieti, 171”.  Praticamente i nove decimi delle Asl e degli ospedali del Lazio sono fuori legge. Superano i tempi prescritti dallo stesso decreto 437 firmato in autunno dal governatore Nicola Zingaretti come commissario di governo per la Sanità regionale, recependo il Piano nazionale 2010-2012, sulle liste di attesa. L’atto prevede anche l’inserimento dei privati nelle agende del Recup, il centro regionale per prenotare le prestazioni. Inutile insistere, c’è qualcosa che  non va. Non va per i 2 milioni e duecentomila pazienti che ogni anno passano per i Pronto Soccorso (oltre il 60% in condizioni non gravi) e per il milione e  duecentomila utenti che vengono ricoverati, dopo la canonica anticamera in barella nei corridoi delle emergenze. Con i pazienti aspettano anche le ambulanze che quei pazienti hanno soccorso e trasportato, una qualche statistica indica il 220mile le ore all’anno di sosta per riavere a bordo la lettiga sequestrata. Vecchi discorsi, aspettano tutti, come in una commedia del non sense, dell’assurdo. Aspettano Godot.

Giulio Terzi

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