Amatrice, braccio di ferro sulla secessione. Opposizione: voto non valido | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Amatrice, giallo sul referendum per la secessione: per il centrosinistra voto irregolare. Il sindaco: “Vado avanti”

AmatriceIl Consiglio comunale di Amatrice potrebbe dover tornare a riunirsi per votare il via libera al referendum per la secessione dal Lazio, voluto per contestare il rischio di chiusura dell’ospedale del paese reatino, dopo che la seduta di mercoledì scorso aveva già, di fatto, dato il via libera. Di fatto, appunto, ma non di diritto, sostiene l’opposizione di centrosinistra, perchè il voto vero e proprio, quello in cui si alza la mano e si contano i favorevoli e i contrari, in effetti non c’è mai stato, come ha potuto vedere anche chi non era presente in Aula seguendo la seduta in streaming. Prima della chiusura della riunione c’erano state «solo le dichiarazioni di voto dei capigruppo consiliari», ricorda l’opposizione. Dichiarazioni che, senza sorprese, vedevano la maggioranza di centrodestra favorevole e gli altri contrari alla consultazione per la secessione. Dunque «si invita la maggioranza a prendere atto del grave errore e a fare corretta informazione, non sbandierando a livello nazionale approvazioni che di fatto non ci sono mai state». Ma il primo a minimizzare è lo stesso sindaco Sergio Pirozzi, il più convinto dei referendari, lanciato nella battaglia contro il declassamento dell’ospedale da parte della Regione: «Penso che il voto sia regolare, ma farò comunque delle verifiche. Presentino una nota ufficiale in Comune. Se ci fosse anche solo il minimo dubbio che una questione formale di questo tipo possa invalidare una decisione così importante del Consiglio, ci metto tre giorni a riconvocare la seduta e a mettere all’ordine del giorno di nuovo la votazione». Del resto, visti i rapporti di forze numerici nell’Aula consiliare del piccolo paese montano ai margini della provincia di Rieti, è difficile immaginare capovolgimenti di fronte o franchi tiratori: il sindaco, uomo di centrodestra, può contare lui compreso su otto voti. L’opposizione di Francesco Di Marco (Pd) ne ha tre. Ecco dunque che la questione si sposta tutta sul piano politico: «Questo errore – punzecchia l’opposizione – poteva essere commesso da noi che da sempre ci etichetta come ‘regazzì, ma non da lei che occupa da circa vent’anni le stanze del potere locale». «Hanno perso una occasione – la replica del sindaco – una questione di lana caprina che non cambia la sostanza. Se poi tutto viene invalidato perchè manca una alzata di mano dopo le dichiarazioni di voto dei capigruppo, riconvoco il Consiglio». La questione del voto finale, in effetti, era già emersa pochi istanti dopo la chiusura della seduta del Consiglio del 20 agosto. Potrebbe essere un primo inciampo a un iter per niente semplice: secondo la Costituzione, infatti, un Comune per staccarsi da una Regione e aderire a un’altra (in questo caso l’Abruzzo o le Marche) ha bisogno di un referendum con esito positivo, di una legge nazionale e di un passaggio dai due Consigli regionali, quello di partenza e quello di arrivo.

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