Assemblea al Fatebenefratelli: "No a una ristrutturazione di tagli" | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Fatebenefratelli, i lavoratori si mobilitano: “Rivedere accordo o sarà battaglia”

fatebenefratelliTra le esigenze maggiormente sentite dai lavoratori riuniti oggi nella sala Assunta del Fatebenefratelli, c’è quella di far chiarezza sulle cause che hanno provocato il debito che, secondo i sindacati, si aggira intorno ai 270 milioni di euro: «È emerso dall’assemblea che, oltre a chiedere enormi sacrifici ai lavoratori, l’azienda elargirebbe compensi aggiuntivi in via discrezionale ad alcuni dipendenti – ha spiegato Di Cola – Chiediamo alla proprietà di chiarire questa questione, perché la mancanza di trasparenza nella gestione dei soldi pubblici è stata la causa della crisi». Infine, in merito alla chiusura del Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (SPDC), «chiediamo al sindaco Marino, al presidente della Regione Zingaretti e al presidente del municipio di intervenire per evitare che venga a mancare un presidio fondamentale per la città». I lavoratori sono sul piede di guerra. Dietro la rabbia, però, confessa Valentina, c’è «l’amara delusione nello scoprire di aver lavorato per 15 anni in un ospedale da cui il paziente usciva con il sorriso per aver ricevuto non solo la cura giusta, ma l’assistenza che meritava ed ora, invece, mette a rischio, con questo piano di tagli, la qualità dell’assistenza che da sempre è stato il principio cardine dell’attività del Fatebenefratelli. Almeno così ci raccontavano… O erano solo bugie per farci lavorare e fare sacrifici? Noi abbiamo sempre avuto un rapporto diretto con la proprietà. Ora, invece, nel momento della difficoltà, hanno alzato un muro». «Io voglio che questo ospedale fallisca per essere poi ricomprato da qualcun altro in grado di ridargli la dignità – ha tuonato al microfono un infermiere della rianimazione, provocando uno scroscio di applausi – Sono dieci anni che c’è una gestione scellerata di questo ospedale. Se continuiamo ad elaborare piani tappabuchi, tra due o tre anni ci troveremo in una condizione peggiore di questa. Qui va cambiata la ‘capoccià dell’ospedale, che evidentemente non ha funzionato, e i quasi 300 milioni di euro di debito ne sono la riprova». «La vera preoccupazione per noi, però, non è il fallimento dell’ospedale – ha concluso Di Cola – ma che non vengano pagati gli stipendi ai dipendenti».

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