Omicidio Eur, donna decapitata dopo la morte. Killer: "Sono il messia" | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Omicidio all’Eur, Oxana decapitata dopo una lotta disperata. Leonelli: “Io il messia, devo entrare in Israele”

Quaranta le coltellate sulla colf ucraina. L'assassino, respinto a Tel Aviv, protestò con l'ambasciata italiana

via birmaniaUn disperato corpo a corpo. Un tentativo estremo di fermare e arginare quella furia omicida. Ma prima di quella lotta, il killer si considerava il messia e provò a spiegarlo all’ambasciata israeliana in Italia, dopo essere stato respinto all’aeroporto di Tel Aviv.

Invece è tornato e si è accanito su Oksana. Che è morta dando fondo a tutte le sue forze, per difendersi, la colf ucraina barbaramente assassinata domenica in una villa all’Eur. L’autopsia svolta oggi ha raccontato, più di qualsiasi altra ricostruzione, cosa sia avvenuto in via Birmania. Sono oltre quaranta i fendenti che hanno raggiunto il corpo della 38enne. In pochi secondi, come una macchina di morte, Federico Leonelli ha scaraventato sulla donna la sua rabbia omicida utilizzando due coltelli, uno grande, una sorta di mannaia, e uno piccolo, e colpendola mortalmente al cuore. Dopo averla ammazzata Leonelli, forse anche in preda ad allucinazioni frutto degli psicofarmaci che utilizzava, ha portato avanti il suo folle piano di morte infierendo ulteriormente sul corpo, con l’intento di farlo a pezzi e occultare il cadavere. Si è procurato per questo dei grandi sacchi di plastica e ha decapitato la donna proprio con la mannaia che pochi minuti dopo ha brandito in direzione dei vigili del fuoco e dei quattro agenti di polizia, minacciando chiunque si avvicinasse. Al momento, anche se verranno fatti esami più approfonditi, non emergono dall’autopsia segni di un tentativo di violenza carnale. Il movente resta strettamente legato a quella insana passione verso i coltelli che Leonelli coltivava e che Oksana aveva scoperto. I modi di quel ragazzo, ospitato da qualche settimana nella villa, le apparivano bizzarri. Comportamenti forse alterati dall’abuso di psicofarmaci. Le indagini, infatti, stanno portando alla luce la tormentata esistenza del killer alle prese da anni con una forma di schizofrenia, diagnosticatagli fin da bambino. Nel passato di Leonelli ci sarebbero ricoveri in strutture specializzate e un lungo percorso farmacologico. Un protocollo che Leonelli non seguiva più con un dosaggio sempre più alto, al punto che gli psichiatri che lo seguivano lo avevano messo in guardia. «Quei farmaci ti possono procurare allucinazioni», un ammonimento che però il killer ha ignorato continuando ad assumere le sostanze per lui a rischio, in particolare il Provigil, uno stimolante che acquistava senza prescrizione medica e su internet. Ed è proprio per questo che nei giorni scorsi la sorella dell’uomo ha chiesto che venisse effettuati, in ambito di autopsia, i prelievi per l’esame tossicologico. Anche per questo oggi la donna, accompagnata dal suo legale, l’avvocato Pina Tenga ha consegnato al pm Luigi Fede un vero e proprio dossier che ricostruisce tutto il percorso clinico del fratello. Un raptus di follia bloccato dall’intervento degli agenti che lo hanno ucciso centrandolo al torace con due colpi di pistola mentre tentava una fuga disperata. La posizione dei due agenti resta al vaglio degli inquirenti anche se oggi il legale della famiglia Leonelli si domanda come mai non siano ancora iscritti nel registro degli indagati. «Non capisco questo attendere da parte degli inquirenti – afferma la penalista -. Non c’era modo diverso per fermare quel ragazzo che aveva appena compiuto un gesto così terribile?».

Ma prima quel ragazzo era  stato respinto all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv per motivi di sicurezza. Voleva arrivare a Gaza per combattere contro Hamas. Federico Leonelli, dopo quell’episodio, tornò in Italia e andò all’ambasciata israeliana a protestare. «Sono il nuovo messia, perché non mi avete fatto entrare in Israele?», avrebbe detto, secondo quanto accertato nelle indagini, il giovane che tre giorni fa ha massacrato una colf ucraina a Roma. L’uomo sarebbe apparso in condizioni psichiche precarie già all’aeroporto di Tel Aviv. Aveva un biglietto di sola andata, non seppe indicare una residenza in Israele e per queste ed altre ragioni gli venne negato l’ingresso nel Paese. Quando andò all’ambasciata israeliana a Roma era ormai già fuori di sé e straparlava, secondo quanto riferito. Forse poteva essere fermato prima di quella domenica mattina nella villetta dell’orrore all’Eur.

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