Villa Livia, le stanze dove l'imperatore Augusto decise il destino di Roma | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Villa Livia, le stanze dove l’imperatore Augusto decise il destino di Roma

villa livia giardinoL’emozione è quella di attraversare le stanze private dove moglie e marito decisero, amandosi, il destino di Roma. Di calpestare i mosaici, che portavano al loro luogo di ristoro, il calidarium. O di sorprendersi davanti alla ritrovata bellezza delle coloratissime pitture murarie nelle stanze presumibilmente riservate agli ospiti. La Villa di Livia, terza e strategicamente fondamentale moglie di Augusto, torna a splendere alle porte di Roma, restaurata e resa accessibile (con ingresso gratuito o visite guidate a pagamento) in occasione dei festeggiamenti per il bimillenario della morte dell’imperatore (63 d.C – 14 a.C). Ritrovata a Prima Porta nel 1863 e acquisita nel 1982, più volte depredata, la villa «era la residenza di riposo e otium della famiglia imperiale», racconta la Soprintendente per i beni archeologici di Roma, Mariarosaria Barbera, e negli anni ha restituito anche la colossale statua dell’imperatore conservata ai Musei Vaticani e la spettacolare pittura romana dell’Ipogeo, esposta al Museo Nazionale di Palazzo Massimo. Livia aveva fatto di questo luogo il suo regno e Augusto veniva molto spesso, a trovare la consorte e a sperimentare quel mix tra architettura e aree coltivate, spazi aperti e chiusi, che sarà modello della villa rinascimentale e dal quale è partito oggi tutto il lavoro di recupero della Soprintendenza. Sulla grande terrazza che domina Roma all’orizzonte, è infatti tornato a crescere il lauretum, con 90 piante di quell’alloro con cui usavano cingere le teste della famiglia Giulio-Claudia (rigorosamente in vaso per consentire futuri scavi). Sotto una copertura azzurro-cielo come la pittura originale, ecco alternarsi i cubicula con le camere da letto di Livia e il giardino interno dove coltivava margherite gialle, liviana (un tipo di fico da lei creato) ed erbe per i decotti del marito. E poi l’impianto termale, la natatio di età flavia (dove un mosaico coperto attende fondi per restauro), i corridoi dai mosaici geometrici in bianco e nero e gli ambienti in opus sectile, fino alle stanze per ospiti dove brilla di nuovo il rosso pompeiano delle decorazioni murarie. «Qui era il trionfo della pittura muraria», racconta la direttrice della villa, Marina Piranomonte. A ricordarlo, i reperti conservati nell’Antiquarium, ma soprattutto un gioco di veli e luci che come una scenografia riporta nell’Ipogeo i disegni sul tema del giardino della pittura mancante, al tempo la zona più rappresentativa della residenza. «Almeno un terzo della villa è ancora sommerso», aggiunge la Piranomonte. I fondi però non sono sufficienti. «Miriamo soprattutto a conservare quel che abbiamo – spiega la Barbera – ma sarebbe bello fare almeno un pò di ricerca». Intanto, però, «è boom di crescita» per il polo archeologico di Roma. «Negli ultimi 12 mesi – dice – le Terme di Diocleziano hanno avuto un incremento di visitatori del 78%. Sono cresciuti anche Palazzo Massimo, Caracalla, Ostia. Il Colosseo poi ha 5 milioni e 200 mila visitatori che una volta usciti si riversano al Palatino. In tutto il polo – conclude – arriviamo a 6 milioni e 3-400 mila visitatori. Si dice tanto che nessun museo in Italia fa quanto il Louvre. Forse invece ora si può fare questo confronto, non con un museo, ma con un complesso monumentale archeologico come quello di Roma».

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