Per il raggiro alla sorella di Alberto Sordi in 10 rischiano processo | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Per il raggiro alla sorella di Alberto Sordi in 10 rischiano il processo

sorella sordiPer la Procura di Roma Aurelia Sordi, la novantacinquenne sorella del grande attore, è stata vittima di un raggiro ed ora dieci persone rischiano di finire sotto processo. Le stesse persone che circondavano l’anziana donna e che per lei, a vario titolo, lavoravano. Un piccolo mondo fatto di badante, cuoca, giardiniere, avvocato, notaio, autista e camerieri. Il pm Eugenio Albamonte, titolare dell’inchiesta sulla circonvenzione di incapace dell’anziana donna e la ricettazione dei suoi beni per circa 2,5 milioni di euro, ha chiesto il rinvio a giudizio degli indagati. I principali sono Arturo Artadi, autista dell’«Albertone nazionale» e factotum della famiglia, gli avvocati Francesca Piccolella e Carlo Farina ed il notaio Gabriele Sciumbata, tutti imputati per circonvenzione di persona incapace in relazione alla delega firmata dall’anziana donna ad Artadi per l’amministrazione di tutti i suoi conti correnti. Altri sei dipendenti della famiglia Sordi, una badante, una cuoca, un giardiniere, due camerieri ed una governante destinatari di donazioni provenienti dal patrimonio di Alberto Sordi, per un valore che va dai 150 mila ai 400 mila euro, ossia due milioni e mezzo di euro equivalenti a circa il 20% del patrimonio che Aurelia ha ereditato dal fratello, sono accusati di ricettazione. Per queste donazioni il pm Albamonte contesta, anche, all’avvocato Piccolella il patrocinio infedele in relazione ai 18mila euro ricevuti per gli atti eseguiti, ed al notaio il falso in atto pubblico per i documenti da lui redatti e per i quali ha ottenuto un compenso, secondo l’accusa, di 15mila euro. Il convincimento che Aurelia Sordi sia stata vittima di un raggiro, per la Procura, scaturisce, tra l’altro, da una perizia secondo la quale l’anziana donna è incapace di intendere e di volere. L’inchiesta della Procura di Roma partì circa un anno fa sulla base di segnalazioni di due istituti di credito relative alla verifica della procura generale con la quale Artadi veniva autorizzato ad operare su tutti i conti correnti, e non più sull’unico del quale aveva la co-delega insieme con un amico della famiglia Sordi. Dopo l’apertura del fascicolo processuale non furono più effettuate operazioni bancarie ed Artadi, raggiunto da un avviso di garanzia, rivendicò davanti al pm Albamonte di aver agito in buona fede e nell’interesse di Aurelia.

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