Opera, orchestrali e coristi pronti a ricorsi immediati. Cgil: "Corpo di ballo" | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Opera, orchestrali e coristi pronti a ricorsi immediati. Cgil: “Corpo di ballo non esiste più”

Dopo lo choc di ieri, con la notizia del licenziamento collettivo, i dipendenti provano a reagire alla decisione di Marino

– Tra i quadri e gli iscritti della Slc-Cgil si valuta invece l’ipotesi di un’assemblea all’interno del Teatro e di un presidio in Campidoglio. «Auspichiamo iniziative unitarie», dice il segretario generale Roma e Lazio della Slc-Cgil Alberto Manzini. Ma tra Cisl e Uil – che avevano avallato il piano del sovrintendente Carlo Fuortes e votato sì nel referendum poi vinto tra i lavoratori – e Cgil e Fials-Cisal i rapporti restano tesi. La Fondazione Teatro dell’Opera di Roma è stata condannata per condotta antisindacale per aver usato musica preregistrata alla ‘primà di un balletto in occasione di uno sciopero proclamato dall’orchestra. Il giudice del Lavoro di Roma ha pronunciato la sentenza due giorni fa, accogliendo il ricorso della Slc-Cgil. L’uso di bande magnetiche in occasione della rappresentazione del ‘Lago dei cignì il 21 dicembre scorso non è prevista dal contratto collettivo – ha deciso il giudice – «e costituisce condotta antisindacale». Il licenziamento collettivo deciso ieri dal Cda del Teatro dell’Opera di Roma riguarda orchestra e coro in blocco ma non il corpo di ballo. «Di fatto il balletto non esiste già più all’Opera – dice Alberto Manzini, segretario generale della Slc-Cgil, sindacato che ha avversato la gestione del sovrintendente Carlo Fuortes – Stanno mandando le ultime lettere di pensionamento e da gennaio faranno venire i ballerini da fuori per ogni singolo spettacolo. È la precarizzazione della cultura e del melodramma in Italia». Dunque per questo non «li avrebbero toccati». Secondo Nadia Stefanelli (Slc-Cgil), «sono rimasti solo 15 ballerini a tempo indeterminato, mentre in un balletto di questo livello normalmente ce ne vorrebbero una settantina». Asilo culturale» è stato offerto da Luigi de Magistris sindaco di Napoli, da ieri sospeso dalle funzioni, ai lavoratori del coro e dell’orchestra dell’Opera di Roma che sono stati licenziati. «Quando a breve tornerò a essere presidente del San Carlo – ha detto de Magistris – potremo formare un’orchestra, un ensemble misto». De Magistris, sottolineando di non conoscere «nel dettaglio la situazione» dell’Opera di Roma. «Non voglio fare alcuna polemica con Marino – ha evidenziato – che è un amico e che è uno dei pochi che non si è unito al coro di accanimento istituzionale e politico nei miei confronti» e ha ricordato la sua opposizione al decreto Cultura e la sua «strenua difesa dei lavoratori che ha poi portato al commissariamento del Massimo partenopeo». Durante il periodo che vide le agitazioni dei lavoratori del San Carlo e dell’Opera di Roma, questi ultimi ‘nominaronò de Magistris presidente onorario del teatro romano quale segno di apprezzamento del suo impegno a difesa delle maestranze. «Il rischio ravvicinato era quello della chiusura integrale, del licenziamento di tutti, della rinuncia ad avere un’Opera a Roma. La strada scelta è certamente difficile ma è l’unica che possa far superare questi scogli e l’unica capace di mostrare una via di rilancio per il teatro. Questo ha animato le decisioni del Cda e, con lui, l’amministrazione di Roma Capitale, la Regione Lazio e il Mibact». Queste le parole dell’assessore alla Cultura di Roma, Giovanna Marinelli, sulla delicata situazione del Teatro dell’Opera capitolino. «Gli sforzi compiuti nel corso di quest’anno per il risanamento dei conti e per il rilancio (si partiva da un buco di 12 milioni) – spiega – rischiavano di essere compromessi da una situazione di conflittualità e instabilità che è arrivata a determinare la rinuncia del maestro Muti alla direzione di due allestimenti chiave per la stagione 2014-15, e ai danni gravissimi (economici e di immagine) che questa situazione ha provocato». «Credo che la città, chi ama davvero l’Opera di Roma questo lo abbiano capito – conclude l’assessore -. È la voglia di ripartire (anche con questi orchestrali se riorganizzati e con un diverso modello contrattuale) e non qualche assurda voglia punitiva che ci ha mosso. Altre soluzioni le avremmo pagate, magari tra qualche mese, con la bancarotta del teatro, l’impossibilità di accedere alla legge Bray, una ben più drammatica chiusura che avrebbe segnato la fine della lirica nella nostra città».

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