Sanità, il disavanzo scende a 284 milioni. Zingaretti: "Miglior risultato da 6 anni" | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Sanità, il disavanzo scende a 284 milioni. Zingaretti: “Miglior risultato da 6 anni”

Il governatore: "È credibile che al 31 dicembre di quest'anno avremo un risultato migliore, attorno ai 200 milioni a fine anno"

«Nel secondo trimestre 2014 il disavanzo si chiuderà a 284 milioni, è il miglior dato da quando la Regione è in commissariamento, è molto meno della metà di quello del 2013. È credibile che al 31 dicembre di quest’anno avremo un risultato migliore, attorno ai 200 milioni a fine anno». Lo hanno spiegato il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti con il coordinatore della cabina di regia della sanità Alessio D’Amato, nel corso di una conferenza stampa sulla sanità. «Il punto è – hanno aggiunto – che per un biennio dobbiamo stare sotto il 5 per cento, sotto il livello di commissariamento. Per questo in Conferenza delle Regioni con il presidente Chiamparino mi sono fatto sentire, chiedendo che non vengano toccati i fondi per la sanità. Abbiamo davanti dodici mesi delicatissimi – hanno concluso – Dobbiamo puntare all’obiettivo del disavanzo zero a dicembre 2015. Ma la quantità del disavanzo non è più un totem, stiamo accompagnando la diminuzione del disavanzo con politiche di investimento propedeutiche alla razionalizzazione della spesa». – «Voglio dire ai cittadini del Lazio che certamente i problemi non sono stati tutti risolti, ma oggi possiamo dire che sta migliorando la qualità delle cure. Sono i risultati migliori da sei anni a questa parte». Lo ha detto il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, nel corso della presentazione di alcuni dati sugli esiti sanitari. «Migliorano le prestazioni sul femore, sugli infarti, sulla degenza per alcuni interventi – ha spiegato – e migliorano perchè abbiamo inserito questi obiettivi nei criteri di valutazione dei direttori generali. Questo è un doppio successo: si abbassa la spesa sanitaria e diminuisce il disavanzo, ma senza che ciò significhi cure peggiori, anzi: gli esiti delle cure stanno migliorando e stanno diventando un obiettivo che si avvicina ai parametri internazionali. Inoltre questi dati e tutti gli studi scientifici dicono che c’è un rapporto diretto tra quanti casi si curano e la qualità delle cure – ha sottolineato poi il governatore – È pericoloso ad esempio operarsi al cuore in reparti che ogni anno fanno solo pochi casi. È più pericoloso partorire in reparti di ostetricia che fanno meno di 500 parti l’anno, tanto è vero che in questi casi aumenta molto il numero di parti cesarei. Noi dobbiamo fare in modo che quando un paziente entra in sala operatoria lo faccia sempre con sicurezza maggiore. In caso contrario si verifica la famosa malasanità, e poi ci si chiede come certe cose possano essere potute accadere. Le cose – ha concluso – accadono quando pigrizia e conservatorismo non ci fanno innovare. Quindi nessun allarmismo: stiamo andando nella direzione giusta». I reparti sanitari che si occupano di pochi casi l’anno sono «pericolosi per la vita delle persone», e in particolare le Ginecologie che contano meno di 500 parti l’anno sono un rischio per la donna e per il loro bambino: «dobbiamo affrontare questo problema, non perchè vogliamo chiudere ma perchè dobbiamo ricostruire le reti». Lo ha detto il governatore del Lazio Nicola Zingaretti presentando alcuni dati sulle cure sanitarie della Regione. Stando infatti a una analisi condotta da Agenas in collaborazione con il dipartimento di Epidemiologia del Lazio e il network Cochrane Italiano, emerge che ciò non riguarda solo i piccoli ospedali, ma anche la frammentazione dei grandi ospedali in piccoli reparti. Ciò vale, stando ai dati presentati oggi in Regione, per diverse patologie. La mortalità a 30 giorni dell’infarto miocardico acuto, infatti, diminuisce tanti più casi simili vengono trattati dallo stesso reparto (100-150 casi l’anno). A riprova, nel Lazio la mortalità a 30 giorni nei reparti che trattano meno di 2 infarti al giorno (100 l’anno) si stima sia 5 volte più alta di quella che si osserva nei reparti che trattano più di 100 casi. Simili risultati dà lo studio sulla mortalità a 30 giorni dopo l’intervento per carcinoma allo stomaco, che «diminuisce fortemente all’aumentare dei casi operati»: si va da oltre il 20% nei bassi volumi, a sotto il 5% per le strutture che stanno nei parametri, minimo 20 interventi l’anno per singolo chirurgo. Riguardo invece al tumore alla mammella, le linee guida internazionali fissano la soglia minima a 150 interventi l’anno. Nel Lazio su 86 strutture che operano la mammella solo 11 sono entro questi parametri. Infine i parti: la soglia di sicurezza per i reparti di maternità è di mille parti l’anno. Con volumi troppo bassi, sotto i 500, secondo gli esperti aumenta il rischio sia per la mamma che per il bambino, oltre ad aumentare l’incidenza dei cesarei. Nel Lazio, ha spiegato Zingaretti, sono 9 i reparti di maternità sotto quota 500: «Ora si tratta di intervenire con un piano di accorpamento dei reparti in linea con quanto già fatto», così come auspicano le associazioni dei ginecologi e delle ostetriche. Inoltre, ha concluso il governatore, ci sono piccole realtà sanitarie che fanno circa 100 parti l’anno con un 60-70 per cento di cesarei: «Ora, dallo studio dei dati, dobbiamo entrare nel merito struttura per struttura». – Nel dettaglio, riguardo alle fratture al femore operate entro due giorni, una pratica che riduce di un quarto la mortalità e di gran lunga le onerose complicanze, si è passato dal 40,4% del 2013 al 48,5% (+8%). «Neanche un cittadino su tre nella RmF veniva operato entro due giorni nel 2012 – ha spiegato Davoli – mentre oggi ne viene operato uno su due». A Viterbo si è passati addirittura dal 20% a sopra il 60%. Si mantengono e migliorano ulteriormente i risultati per la popolazione residente nelle Asl Rm A e C (con il S. Eugenio che ha il primato degli interventi al femore entro i tempi indicati), poi la D, E e la Asl di Latina. Un incremento del 6% si è invece registrato negli interventi di angioplastica primaria negli infarti acuti del miocardio: dal 35,5% al 41,4%. Il dato medio regionale nasconde però «una elevata eterogeneità per struttura ospedaliera: si passa da un massimo del 77% a un minimo dell’8%». In merito poi alla degenza post-operatoria per la colecistectomia laparoscopica, gli standard prevedono tre giorni di ricovero. Nel Lazio la proporzione di ricoveri sotto i tre giorni è passata dal 61% del 2013 al 66% del giugno 2014, ma ci sono picchi del 93% e del 5%. Infine riguardo ai parti cesarei primari (cioè quelli delle donne al primo parto, che nella stragrande maggioranza dei casi dovranno ricorrere al cesareo anche nei parti successivi) «i passi avanti sono stati limitati perchè permangono ancora attive una serie di piccole strutture dove il ricorso al cesareo è molto elevato – ha spiegato la dirigente sanitaria – ma ciò accade anche al Policlinico Umberto I. Si è osservata negli anni una diminuzione limitata passando dal 33% nel 2008 al 31%».

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