Orrore a San GIovanni: mamma uccide due figli, ferisce il terzo e si toglie la vita | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Choc a San Giovanni, litiga con il marito poi il raptus Mamma uccide due figli, ferisce il terzo e s’impicca

La bambina più piccola, 5 anni, è in fin di vita. L'uomo aveva lasciato la casa per farsi medicare, dopo essere stato accoltellato dalla moglie

La quotidianità di un palazzo occupato da dieci anni in una zona centrale di Roma, squassata da una strage familiare. Una donna marocchina che prima ferisce il marito con una coltellata in pancia e poi, mentre lui si trova in ospedale, uccide due dei tre figli piccoli con una mannaia, ferisce gravemente il terzo, infine si impicca. Sequenze dell’orrore all’alba in un appartamento al quarto piano di un edificio elegante di inizio ‘900 in via Carlo Felice, a San Giovanni, tra la Basilica di Santa Croce in Gerusalemme e la piazza dei cortei di sinistra. «Un mattatoio», così descrivono il luogo del crimine i poliziotti. Un palazzo occupato da decine di famiglie italiane e straniere, raccolte fuori dopo il massacro e scosse, timorose, poco loquaci. Al piano terra, al livello della strada, le serrande chiuse con i murales del centro sociale Sans Papiers (Senza documenti). Le impalcature messe intorno al palazzo dalla proprietà, la Banca d’Italia, dicono perchè cadevano calcinacci dai cornicioni consumati. Qui è esplosa la violenza. Khadija El Fatkhani, 42 anni, e Idris Jeddou, 43, marito e moglie, litigano di brutto, ha poi raccontato l’uomo in ospedale alla squadra mobile. Lei ferisce lui all’addome con un coltello, l’uomo va a farsi medicare al San Giovanni e viene operato. Sono passate le 4. Dice che hanno tentato di rapinarlo. Copre la moglie. Errore fatale. Khadija intanto sfoga la rabbia sui figli, con un coltello e una mannaia. Li colpisce in due stanze diverse. La figlia di 3 anni e il bambino di 9 muoiono sgozzati. La figlia di 5 anni non muore, ora in ospedale lotta per vivere. Poi la donna si impicca in bagno con una cinta, il corpo crolla nella vasca per il peso. Il marito a ora di pranzo chiama casa più volte, nessuno risponde. Chiede a un amico di andare a vedere e quest’ultimo trova i corpi. Questa la ricostruzione degli uomini di Renato Cortese. Il racconto di Jeddou è considerato attendibile anche dal pm. «Volevo proteggerla, non immaginavo questo», dice piangendo. La polizia scientifica e le autopsie chiariranno la dinamica dell’eccidio. Il marito dovrà riferire il motivo della lite, delineare un possibile movente. Perchè la casa di una famiglia descritta come tranquilla sia diventa «un mattatoio». «Ancora non credo a quel che è successo – dice Mataz, un elettrauto siriano con l’officina sul retro del palazzo -. Lui usciva presto la mattina, consegnava e montava mobili per ‘Mondo Convenienzà. Era in Italia da tanti anni. La moglie passava di qua con i bambini, a volte gli gonfiavo le gomme delle bici. A lui facevo piccole riparazioni sulla Ford Mondeo. Una famiglia non troppo religiosa, moderna come la mia». «Non ci risulta che lei avesse problemi psichici – dice una vicina dei marocchini -. Erano gentili». Nessuno nel palazzo sembra aver sentito nulla stanotte. O forse c’è troppa paura di parlare. Paura di venire sgomberati. E sul posto interviene una portavoce di Action, il movimento per la casa che ha compiuto l’occupazione nel 2003. «Non strumentalizzate quello che è successo, qui vivono oltre 35 famiglie normali che lavorano – dice Giovanna Cavallo -. La convivenza è sempre stata pacifica». Fino alla notte scorsa. È sotto shock Idris Jeddou. «Non immaginavo finisse cosi», ripete agli infermieri che si alternano al suo letto. Piange Idris e non ha pace. Non immaginava che la moglie Khadija dopo avere colpito lui al culmine di una lite si sfogasse anche con i tre figli di tre, cinque e nove anni uccidendone due per poi uccidere se stessa. Idris ha cercato di coprire la moglie fino alla fine. Arrivato nelle prime ore della mattina al San Giovanni con una profonda ferita all’addome ha detto agli infermieri e ai dottori: «mi hanno accoltellato sotto casa in un tentativo di rapina». In realtà la profonda ferita gliela aveva procurata la moglie, tanto profonda da non potere arrestare l’emorragia e da costringere Idris ad andare in ospedale dove è stato subito portato in sala operatoria. Solo dopo che è finito l’intervento, ovvero all’ora di pranzo, l’uomo ha cominciato a chiamare la moglie, tante telefonate senza risposta e allora ha temuto il peggio. Ha chiamato così un amico per dirgli di andare nell’appartamento di via Carlo Felice, nel palazzo che occupavano per vedere come stavano la moglie e i figli. L’amico è andato e ha trovato la casa trasformata in un mattatoio: ha subito allertato la polizia e il 118 e il suo intervento è riuscito almeno a salvare una figlia di Idris, la piccola di 5 anni che ancora respirava. E così Idris ha raccontato la verità agli agenti, la verità su quella ferita. «Ma non potevo sapere finisse così, come potevo immaginare?», ripete ora distrutto, lo ripete agli infermieri e agli agenti che brevemente lo hanno ascoltato. «Litigavamo, lei mi ha colpito. Ho detto la storia della rapina per non metterla nei guai, la ferita sanguinava, il sangue non si fermava e allora sono venuto qui ma se avessi saputo…», dice Idris distrutto. La figlia sopravissuta è in sala operatoria nello steso ospedale. È grave, dicono i medici.

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