Omicidio a Tor Bella Monaca, il mandante Crescenzi a processo per l'assassinio di Cordaro | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Omicidio a Tor Bella Monaca, il mandante Crescenzi a processo per l’assassinio di Cordaro

Incompatibile con il regime carcerario, ma capace di stare in giudizio. È l’esito della perizia preliminare disposta dalla I Corte d’assise di Roma per valutare la posizione di Stefano Crescenzi, sotto processo perchè accusato di essere il mandante dell’omicidio di Serafino Maurizio Cordaro, bar ucciso a Roma nel marzo 2013. Il processo, quindi, si farà; a metà novembre l’inizio delle prove testimoniali. Era il 30 marzo 2013 quando, intorno alle 21, ci fu l’agguato a Cordaro, che lavorava in un bar nel quartiere Casilino. Fu raggiunto da tre colpi di pistola alla testa e al torace, esplosi da un uomo che, secondo quanto al tempo si apprese, si curò di far uscire tutti gli avventori, prima di sparare. L’aggressore indossava un casco da moto e fuggì su uno scooter. Il barista morì il giorno successivo; si disse che diversi anni prima era stato coinvolto nelle vicende della ‘Banda della Marranellà, che negli anni ’90 s’impose nella Capitale per traffico di droga, gioco d’azzardo e riciclaggio. Gli investigatori legarono da subito l’episodio a un contrasto per il traffico di droga nel quartiere romano di Tor Bella Monaca. Un anno dopo dall’omicidio, la Squadra mobile arrestò Stefano Crescenzi, oggi sotto processo (considerato dagli inquirenti il mandante dell’omicidio) e Giuseppe Pandolfo (considerato l’autore materiale, e nei confronti del quale prossimamente inizierà il processo col rito abbreviato). Preliminarmente all’inizio del processo a Crescenzi, la Corte ha deciso di affidare una perizia psichiatrica, i cui esiti sono stati illustrati oggi in udienza dal dott. Giovanni Lelli Chiesa. L’esperto ha definito, tra l’altro, l’imputato come una persona con disturbo della personalità, impulsivo, depresso e con un disturbo di adattamento alla custodia carceraria. La conclusione è stata il ritenere l’imputato incompatibile con il regime carcerario, ma capace di stare in giudizio. Preso atto della relazione, la Corte ha dato avvio al processo con le richieste di prova, e il rinvio a metà novembre per sentire i primi testimoni.

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