Cucchi, dopo 5 anni di perizie per la morte del geometra nessun colpevole. L'urlo di Ilaria dopo la sentenza | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Cucchi, dopo 5 anni di perizie per la morte del geometra nessun colpevole. L’urlo di Ilaria dopo la sentenza

Non ci sono colpevoli per la morte di Stefano Cucchi. Non lo sono i sei medici condannati in primo grado per omicidio colposo e oggi assolti in appello. Nè i tre infermieri e i tre poliziotti che già erano stati prosciolti nel processo in Corte d’Assise. «Perchè il fatto non sussiste», hanno stabilito i giudici della II sezione di Roma. La vecchia insufficienza di prove. Il calvario del giovane romano, morto nel 2009 una settimana dopo l’arresto per droga, con i segni di traumi violenti e denutrizione, non ha dei responsabili. La famiglia di Cucchi è indignata, soddisfatti invece i legali dei medici e agenti della penitenziaria. Il caso non è chiuso, annuncia subito il legale dei Cucchi, che ricorrerà in Cassazione. «Una sentenza assurda. Mio figlio è morto ancora una volta», dice la madre Rita Calore. La sorella del giovane geometra, Ilaria, sempre in prima linea nella vicenda, scoppia a piangere. Poi attacca: «Una giustizia malata ha ucciso Stefano. Mio fratello è morto in questo palazzo cinque anni fa, quando ci fu l’udienza di convalida del suo arresto per droga, e il giudice non vide che era stato massacrato. Continueremo la nostra battaglia finchè non avremo giustizia – promettono la madre e il padre di Stefano, Giovanni -. Non si può accettare che lo Stato sia incapace di trovare i colpevoli. Noi vogliamo sapere chi siano i responsabili». «Era quello che temevo – dice Fabio Anselmo, legale dei Cucchi -. Vedremo le motivazioni e poi faremo ricorso». È stato proprio lui a mostrare nelle udienze le foto del corpo di Stefano. All’opposto, i legali degli imputati, sei medici, tre infermieri e tre agenti della polizia penitenziaria. Per tutti l’accusa aveva chiesto la condanna. «Era quello che ci aspettavamo come risultato minimo. Siamo molto soddisfatti», dice Gaetano Scalise, difensore del professor Aldo Fierro, primario del reparto detenuti dell’ospedale Pertini. «Il punto nodale – aggiunge – è che esistono dubbi sulla causa di morte di Cucchi, e questo esclude la responsabilità del medici». «Una sentenza assolutamente equilibrata perchè dà atto dei dubbi che la perizia non era riuscita a risolvere», affermano i legali di Luigi De Marchis Preite, altro medico imputato. «L’effetto mediatico che qualcuno ha voluto portare alla ribalta non ha sortito alcun effetto, malgrado il grande impegno della parte civile – dice Corrado Oliviero, legale di uno degli agenti -. Se avessero avuto più coraggio i primi giudici avrebbero loro emesso questa sentenza». «Sono veramente felice di questa sentenza», dice Giuseppe Flauto, uno degli infermieri assolti anche in secondo grado. In primo grado i sei medici erano stati condannati per omicidio colposo. L’inchiesta e il processo per la morte di Cucchi hanno creato in questi anni anche degli schieramenti. «Per gli agenti di custodia non poteva che esserci l’assoluzione, non essendoci stato il pestaggio – dice il senatore Ncd Carlo Giovanardi -. Per i medici ribadisco quanto detto dall’inizio: Cucchi doveva essere curato e alimentato anche coattivamente. C’è una responsabilità morale di averlo fatto morire di fame e di sete». «L’omicidio di Stefano Cucchi rimane una ferita aperta di fronte al bisogno di verità e giustizia – scrive il leader di Sel Nichi Vendola su Twitter -. Una ferita insopportabile». «È un dolore molto grande, che si somma a tutti gli altri», commenta Patrizia Moretti, madre di Federico Aldrovandi, 18/enne morto a Bologna nel 2005 mentre veniva arrestato. Nel suo caso 4 poliziotti sono stati condannati in via definitiva. Soddisfatto invece il sindacato di polizia Sap. «Tutti assolti, come è giusto che sia», dice il segretario Gianni Tonelli, che chiede al Comune di Roma di non intitolare una piazza a Cucchi. E proprio il sindaco della capitale, Ignazio Marino, si dice «senza parole». Il rispetto per i giudici «è massimo -aggiunge- ma questa sentenza è dissonante rispetto alle conclusioni formulate dalla Commissione d’inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale del Senato». Per Amnesty International «verità e giustizia sono ancora più lontane».  – «La giustizia ha ucciso Stefano. È una giustizia malata. Mio fratello è morto in questo palazzo cinque anni fa, massacrato». ‘Tuonà così la sua rabbia Ilaria Cucchi, in lacrime dopo aver visto finire nel nulla un processo nel quale lei e la sua famiglia hanno creduto: quello per la morte del fratello Stefano, morto il 22 ottobre di cinque anni fa dopo una settimana di ricovero in ospedale. Lui, che il 15 di quel mese era stato arrestato nel cuore della notte per possesso di droga. «Mio fratello è morto nel Palazzo di giustizia di Roma cinque anni fa, quando ci fu l’udienza di convalida del suo arresto per droga e in quel caso il giudice non vide che era stato massacrato. Stefano si è spento da solo, tra dolori atroci», ricorda tra i singhiozzi Ilaria, dopo che la corte ha lasciato l’aula. L’attesa di questa donna minuta e agguerrita adesso è per le motivazioni della sentenza assolutoria che ha accomunato dietro la formula ‘perchè il fatto non sussistè tutti gli imputati: medici, infermieri e agenti della polizia penitenziaria. «Attenderemo le motivazioni dei giudici – ha aggiunto Ilaria Cucchi – Di sicuro andrò avanti e non mi farò frenare perchè pretendo giustizia. Chi come mio fratello ha commesso un errore deve pagare, ma non con la vita». Anche la mamma di Stefano, Rita Calore – solitamente restia a parlare – ha affidato a poche frasi la sua delusione: «Una sentenza assurda. Mio figlio è morto ancora una volta». E, insieme con il marito Giovanni, offrono una certezza: «Continueremo la nostra battaglia finchè non avremo giustizia. Non si può accettare che lo Stato sia incapace di trovare i colpevoli. Noi vogliamo sapere esattamente chi siano i responsabili». La loro emozione, mista a rabbia, è stata visibile da subito, fin da quando oggi hanno atteso la lettura del dispositivo della sentenza appoggiati al primo banco dell’aula d’udienza, quello riservato al rappresentante della Procura generale. Le prime parole di Giovanni Cucchi sono state chiare: «Stefano è stato ucciso tre volte». E la moglie Rita: «Lo Stato si è auto-assolto. Per lo Stato l’unico colpevole sono quattro mura». La sentenza con la quale oggi i giudici d’appello hanno ‘certificatò l’assoluzione di chi era stato accusato di avere una responsabilità nella morte di Stefano Cucchi, costituisce l’ultimo tassello di una storia iniziata nel 2009, quando il giovane geometra romano fu arrestato per droga. Una storia giunta oggi ad un’assoluzione in appello che ha ribaltato il giudizio di primo grado che aveva registrato la condanna di sei medici. Era la notte del 15 ottobre 2009, quando Stefano Cucchi fu arrestato dai carabinieri perchè trovato in possesso di sostanza stupefacente. Già nel cuore di quella notte si sentì male mentre era in caserma; tant’è che fu chiamata l’ambulanza, ma lui rifiutò di essere curato. Il giorno dopo fu portato in udienza, nel tribunale di Roma, per la convalida del suo arresto. Le sue condizioni portarono in tempi brevi a una peggioramento che lo fece finire al reparto detenuti dell’ospedale ‘Pertinì di Roma. Lì, una settimana dopo, all’alba del 22 ottobre, morì. La storia processuale vide l’iscrizione nel registro degli indagati di dodici persone: sei medici, tre infermieri e tre agenti della penitenziaria. Terribili le accuse mosse dalla procura capitolina: a vario titolo e secondo le specifiche posizioni, abbandono di incapace, abuso d’ufficio, favoreggiamento, falsità ideologica, lesioni ed abuso di autorità. Terribile la tesi accusatoria iniziale: per la procura, infatti, Cucchi era stato ‘pestatò nelle celle del tribunale, in ospedale erano state ignorate le sue richieste e addirittura era stato abbandonato e lasciato morire di fame e sete. È stato un processo impegnativo quello istruito davanti alla III Corte d’assise di Roma; un processo nel quale ci sono state decine di consulenze, una maxi-perizia, le dichiarazioni di quasi 150 testimoni. Due anni di lavoro al termine dei quali i giudici arrivarono a una conclusione diversa da quella prospettata dai pm. Per la III Corte d’assise, in sostanza, Cucchi non fu ‘pestatò nelle celle, ma morì in ospedale per malnutrizione e l’attività dei medici fu segnata da trascuratezza e sciatteria. Ecco perchè decisero che gli unici colpevoli di omicidio colposo fossero i medici e mandarono assolti infermieri e agenti penitenziari. In attesa del processo d’appello, la novità fu un maxi-risarcimento accordato alla famiglia dall’ospedale. A fine settembre, l’apertura del dibattimento durato ben sette udienze. Le novità non sono mancate. Una fra tutte: il Pg Mario Remus ha chiesto il ribaltamento della sentenza di primo grado, aggiungendo alla condanna dei medici anche quella di infermieri e agenti. Per il Pg, in una frase, il ‘pestaggiò Cucchi lo subì, ma dopo e non prima l’udienza di convalida del suo arresto; e poi, tutti ebbero una responsabilità nella morte, e andavano condannati. E la difesa? Tutti a sollecitare l’assoluzione dei propri assistiti, con un di più: la richiesta di nullità della sentenza di primo grado che ha cambiato l’imputazione con la restituzione degli atti al pm per riformularla. Oggi la Corte d’assise d’appello, dopo tre ore di camera di consiglio, ha emesso la ‘suà verità: tutti gli imputati assolti, indistintamente, ‘perchè il fatto non sussistè. La formula? Quella che richiama la vecchia insufficienza di prove. Novanta giorni, e le motivazioni della sentenza saranno a disposizione.

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