Medici e insegnanti: tutti in piazza contro la legge di stabilità. Ipotesi sciopero generale | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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In centomila in piazza contro la legge di stabilità e il blocco dei contratti: “Il pubblico sei”

La Camusso con una nuova maglia: "Arrogance, profumo di premier". Lo slogan: "Dignità e lavoro"

– I sindacati del pubblico impiego si preparano allo sciopero generale a dicembre: dicono basta al blocco dei contratti, che sono già fermi dal 2010, e chiedono che la legge di stabilità destini le risorse necessarie al loro rinnovo, oltre a reclamare una «vera» riforma della Pa. Sono scesi in piazza, a Roma, in centomila, secondo gli stessi organizzatori, per la manifestazione nazionale unitaria dei servizi pubblici, promossa da dodici categorie di Cgil, Cisl e Uil: per le strade sfilano gli statali e non solo (oltre ai travet, ci sono i lavoratori della scuola, della sanità, della ricerca e dell’università, della sicurezza e soccorso, del privato sociale e con loro i precari). Al corteo prima e dal palco poi parlano anche i leader confederali e per la prima volta nella storia sindacale sono due segretari generali donna, Susanna Camusso e Annamaria Furlan, insieme ad un comizio in una manifestazione unitaria. «Non va bene una legge di stabilità che taglia i lavoratori pubblici e i servizi», bisogna invece «ripartire dal rinnovo del contratto nazionale, bloccato da sei anni», dice il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, questa volta scesa in piazza (dopo la t-shirt ‘Io sono Martà indossata per la manifestazione della Cgil del 25 ottobre) indossando una maglietta rossa con l’immagine di una boccetta di profumo e la scritta ‘Arrogance, profumo di premier’. Camusso attacca il governo e lo avverte: «Basta fare i dilettanti allo sbaraglio. Basta promesse e annunci». E «sappia che se non ci saranno risposte ora» si andrà avanti «con lo sciopero della categoria» e non solo, «chiameremo tutti i lavoratori». Il segretario generale aggiunto della Uil, Carmelo Barbagallo, definisce il governo «il peggior datore di lavoro del Paese» e anche lui parla chiaro: «Siamo stanchi di aspettare. Se non si siede» al tavolo «faremo lo sciopero generale dei lavoratori pubblici». Il numero uno della Cisl, Annamaria Furlan, ritiene «inaccettabile» l’ulteriore blocco previsto dalla legge di stabilità anche per il 2015: «Noi non lo accettiamo e non lo accetteremo. Fino ad oggi il governo è stato sordo, speriamo che questa piazza gli sturi le orecchie, perchè noi andiamo avanti con tutti gli strumenti della lotta» a disposizione del sindacato. Anche se continua a frenare sulla possibilità di uno sciopero generale di tutti i lavoratori, tutt’altro che escluso invece da Cgil e Uil. «Ora la palla è al governo», a cui Cgil, Cisl e Uil lanciano un ultimatum: adesso «vogliamo le risposte». I dipendenti pubblici hanno già perso 4.200 euro a testa dal 2010, perdita che salirebbero a 4.800 euro con un altro anno di blocco, nel 2015, secondo i calcoli della Cgil. «È una vergogna», dice il segretario generale della Fp-Cgil, Rossana Dettori, che dalla piazza, «visto che il governo non ci ascolta nei luoghi deputati», ribadisce le richieste al premier Matteo Renzi e al ministro della Pa, Marianna Madia. «Basta con le bugie», ammonisce il segretario generale della Cisl-Fp, Giovanni Faverin, sostenendo che «non è vero che non ci sono i due miliardi che servirebbero per il rinnovo del contratto nel 2015. Se il governo non metterà le risorse necessarie nella legge di stabilità, a dicembre faremo lo sciopero generale di tutti i lavoratori pubblici e della scuola». Uno sciopero «senza se e senza ma», aggiunge Dettori. A questo si somma la questione dei precari ma anche dei lavoratori delle province, perchè con il loro superamento previsto dalla legge Delrio, ci sono «64mila dipendenti a rischio», afferma sempre Dettori, per non parlare del «bluff» della staffetta generazionale. Alla manifestazione partecipano, tra gli altri, il leader della Fiom, Maurizio Landini, che come Camusso sostiene la linea delle modifiche al Jobs act e la necessità di discutere la riforma con i lavoratori. Con loro anche il deputato della minoranza Pd Stefano Fassina. Per le strade di Roma, nel corteo e in piazza del Popolo (dove è allestito il palco) tanti gli slogan e gli striscioni (‘Pubblico sei tù è quello che apre il corteo), i palloncini colorati delle tre sigle sindacali (rossi, verdi e blu) ma anche quelli con il volto del premier Renzi ‘Pinocchiò. E tanta ironia: nel look di Camusso spunta anche una nuova spilla con il simbolo della Cgil, il quadrato rosso, su un vecchio gettone telefonico (quel «gettone nell’Iphone» che il premier aveva utilizzato a metafora dell’articolo 18). Diventerà un nuovo gadget del sindacato.

Palloncini colorati e con il volto di ‘Renzi-Pinocchiò, striscioni, fischietti, musica, ma anche fantasmi di pezza, lapidi finte e una bara vera. In piazza oggi a Roma è sceso il popolo dei lavoratori del pubblico impiego: dagli insegnanti agli infermieri, dai vigili del fuoco ai medici, dai precari della giustizia agli agenti della polizia municipale. Un corteo colorato che ha ‘invasò le strade del centro storico della Capitale, sfilando da piazza della Repubblica a piazza del Popolo, attraverso via Sistina e Trinità dei Monti. In testa un grosso striscione con scritto «Servizi pubblici perchè servono, perchè di tutti. Pubblico 6 tu.». «Basta tagli» e «diritti per i lavoratori» hanno intonato in coro i lavoratori durante il percorso. E non sono mancati gli «sfottò» al premier Matteo Renzi, trasformato in Pinocchio su decine di palloncini e, assieme a ministro Stefania Giannini, in scolaretto su alcune sagome con grembiule blu e fiocco bianco esposte da alcuni insegnanti. Dedicata al presidente del Consiglio anche una t-shirt della funzione pubblica della Cgil di Bologna, indossata anche dalla leader del sindacato Susanna Camusso, con la scritta «Arrogance profumo di premier» e il disegno di una boccetta. Tra slogan, fischietti, e musica è spuntata anche una bara di legno con sopra due mazzi di fiori. A portarla a spalla alcuni lavoratori napoletani. «L’abbiamo affittata stamattina a Napoli e dobbiamo riportarla integra – hanno detto sorridendo -, ci è sembrata l’idea giusta per spiegare che i servizi pubblici sono morti e li ha uccisi di Matteo Renzi». Si sono affidate, invece, a una riproduzione alcune maestre romane che hanno portato alla manifestazione una finta lapide con la scritta «la scuola è morta». E non sono mancati neanche striscioni sul sindaco di Roma. «Renzi ordina. Marino obbedisce. Il popolo patisce. Ma quando finisce?» recitava un cartello esposto da alcuni agenti della polizia municipale della Capitale. «Marino taglia gli stipendi dei lavoratori del Comune di Roma – ha spiegato Luca, un agente – non ne possiamo più che a fronte di uno stipendio minore ci chiedano sempre più prestazioni». A sfilare tra le varie delegazioni di lavoratori anche una di studenti provenienti da tutta Italia. «Senza pubblico nessun futuro» lo slogan scelto dai ragazzi.

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