Beni culturali, i lavoratori del Mibact in piazza: "Mai più gratis" | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Beni culturali, i lavoratori del Mibact in piazza: “Mai più gratis”

«La bellezza salverà il mondo. Ma basta gratis!». E ancora: «La cultura è lavoro e il lavoro si paga». Lo dicono a gran voce archeologi, archivisti, bibliotecari, restauratori, storici dell’arte e professionisti dei beni culturali che oggi, per la seconda volta in un anno, sono scesi in piazza per ribadire «un secco no alle politiche occupazionali nella cultura del governo Renzi» e denunciare la politica «scellerata» che sta colpendo il loro settore. Per sottolinearlo «occupano» anche il Pantheon, con un pacifico flash mob, tra gli applausi di qualche passante, «pronti però a riprenderci tutti monumenti se non ci ascolteranno». «Così come siamo abituati a pagare il medico o l’avvocato perchè non dobbiamo pagare archeologi e restauratori?», spiega all’ANSA Angelo Deiana, presidente di Confassociazioni, che da sola raccoglie 160 associazioni e 275 mila professionisti, puntando subito il dito su una delle piaghe che sta colpendo il settore. «Tanto più che uno dei più grandi proprietari di beni culturali in Italia è lo Stato – dice Deiana – dovrebbe essere lui il primo a tutelarli con professionalità altissime e adeguate». E invece, aggiunge Salvo Barrano, presidente dell’Associazione Nazionale Archeologi, «stiamo assistendo a una progressiva tendenza ad assegnare il patrimonio culturale a una logica di volontariato e dilettantismo, che ha il nostro rispetto, ma che non può sostituire le nostre competenze. Gli ultimi casi, Villa Massenzio e il Museo Barracco, che un bando assegnerà ad associazioni di volontari. Ma anche il reclutamento di 2 mila volontari tra ministero dei Beni culturali e dell’Economia che andranno a fare il nostro lavoro, gratis, drogando il mercato». Il ministro Franceschini, incalza Deiana, «promette 100 milioni di euro per i professionisti dei beni culturali, ma dal 2016, quindi tutti da confermare. Ci sembra solo uno specchio per le allodole». Ma i problemi in piazza sono anche il precariato continuo, le gare al ribasso nei bandi per i restauri a discapito della tutela dei lavoratori e l’invio per studio «di numerosi reperti archeologici dei Musei Capitolini negli Stati Uniti». «Il New York Times, al contrario del sindaco Marino – spiega Barrano – dice che il trasporto di quei materiali verranno pagati da Enel Greenpower 100 mila euro. Sono 5-6 progetti, per 500-600 mila euro. Non era meglio impiegarli qui quei soldi, quando abbiamo migliaia di disoccupati? O fare un vero scambio, unendo le forze tra i nostri e i loro studiosi?». Protesta ma anche proposta, con un manifesto aperto che va dalla riforma della normativa sugli appalti pubblici a un nuovo concorso per i professionisti al Mibact, dal rilancio dei servizi nei musei a nuove politiche occupazionali. «Si parla tanto della cultura come volano per l’economia italiana – aggiunge Andrea Cipriani, presidente de La Ragione del restauro – ma se poi non si investe, che significa? Io dico anche basta illudere le nuove generazioni con scuole che sfornano diplomi. Qui chiudono aziende ogni mese e ho centinaia di colleghi disoccupati». Intanto sul palco sale Camilla, 21 anni appena, la laurea all’orizzonte e un diritto che oggi diventa quasi un sogno: «Io vorrei solo un lavoro, pagato e non sfruttato».

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