Mafia capitale: tutto iniziò nel 2011, 8 giorni fa il blitz | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Mafia capitale: tutto iniziò nel 2011, 8 giorni fa il blitz

Il blitz con gli arresti di 37 persone dell’inchiesta sulla mafia romana che sta terremotando la vita istituzionale della Capitale è avvenuto esattamente 8 giorni fa. Il primo ad essere bloccato nell’operazione «Mondo di mezzo» è stato quello che inquirenti ritengono essere il capo del Clan, Massimo Carminati. L’ex Nar e presunto appartenente alla Banda della Magliana è stato bloccato mentre a bordo di un’ auto si stava allontanano dalla sua villa a Sacrofano, a pochi chilometri da Roma. Con l’ex terrorista nero sono finiti in carcere anche ex amministratori locali, manager di municipalizzate e imprenditori. Per loro i pm di piazzale Clodio contestano il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso. Gli indagati per la procura di Roma sono circa un centinaio e tra l’oro l’ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno, e l’assessore alla casa della giunta Marino, Daniele Ozzimo e il presidente dell’assemblea capitolina Mirco Coratti, entrambi del Pd, che si sono già dimessi pur dichiarandosi «estranei». Indagato anche il responsabile della Direzione Trasparenza del Campidoglio, Italo Walter Politano così come l’imprenditore Gennaro Mokbel, già coinvolto nella maxitruffa Tis e Fastweb. Dietro le sbarre anche l’ex ad di Ente Eur Riccardo Mancini, l’ex vicecapo di gabinetto del Campidoglio Luca Odevaine, l’ex ad dell’Ama Franco Panzironi, l’ex dirigente del servizio giardini del Comune di Roma Claudio Turella e il dirigente dell’Ama Giovanni Fiscon. A Regina Coeli anche tutta la «cupola nera», quella rete di collaboratori e faccendiera che fa riferimento al «Re» Carminati come Riccardo Brugia, il manager Fabrizio Franco Testa, il presidente della cooperativa 29 Giugno, Salvatore Buzzi e Nadia Cerrito, la donna a cui l’organizzazione aveva affidato la gestione del «libro nero», una sorta di contabilità del sistema di tangenti con cui il clan mungeva la macchina amministrativa della Capitale. L’indagine della Procura di Roma ha radici lontane che risalgono al settembre del 2011 quando Roberto Grilli, skipper romano di 51 anni, fu fermato al largo di ad Alghero con 503 chili di cocaina a bordo della sua barca a vela «Kololo II»: a tradirlo un avaria. Grilli comincia a raccontare il «sistema Carminati» e a scoperchiare la pentola del malaffare, dei mille traffici illeciti del clan. Grilli collabora e diventa la «gola profonda» che ha chiarisce ruolo, struttura, affari dell’organizzazione e dei vari componenti. Riconosce e identifica tutti gli uomini di Carminati e disegna l’organigramma. Successive indagini (chiamate Catena e Catena II) tracciano il sistema illecito di Mafia Capitale e la sua capacità di penetrazione nella pubblica amministrazione. Dal business dei rifiuti a quello per l’accoglienza agli extracomunitari. E ancora: usura, gioco d’azzardo e appalti, tutto gestito da un comitato d’affari permanente che aveva interlocutori bipartisan pronti a scendere a patti con il clan. Sterminato il potere di penetrazione della cupola, a volte anche millantato: dagli enti locali al Viminale, dalla Prefettura al Vaticano tramite alcune congregazioni religiose. Gli uomini di Carminati si muovono a tutto campo. Gestiscono e controllano sia la malavita locale, in particolare quella di Roma Nord, in mano -secondo l’inchiesta- ad un ultrà della Lazio, Fabrizio Piscitelli detto «Diabolik», ma riescono ad accaparrarsi commesse e appalti importanti e milionari grazie ad agganci in «alto», avvicinando e corrompendo imprenditori e dirigenti di amministrazioni. Nella loro rete anche politici. Le indagini non si fermano. Sono cento i nomi su cui i magistrati stanno ancora indagando. Tutti iscritti nel registro degli indagati. La storia non finisce qui.

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