Match tra Marino e Bindi: "La sua giunta aveva rapporti con la mafia" | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Match tra Marino e Bindi: “La sua giunta aveva rapporti con la mafia”

«Il malaffare in Campidoglio si è fermato al mio arrivo». Il ‘marzianò Ignazio Marino difende a spada tratta la sua amministrazione. Ma Rosy Bindi lancia il suo j’accuse al primo cittadino della Capitale: «La mafia è innegabile che ha avuto rapporti politici anche con la sua giunta». Oltre due ore di audizione in commissione parlamentare anti-mafia per il sindaco di Roma. Con tanto di serrati botta e risposta. Il chirurgo dem parla di un anno e mezzo di governo all’insegna della legalità dove la Cupola nera di Carminati&Co ha «solo tentato» di infiltrare la sua longa manus criminale nell’amministrazione. Vuole allontanare a tutti costi quell’idea di essere il primo cittadino di una città mafiosa: «Roma non è malata. Ci sono solo state mele marce» dice. Ma la presidente della commissione antimafia Rosy Bindi lo incalza: «La mafia si è insediata e ha fatto il salto di qualità con Alemanno ma è innegabile che ha avuto rapporti politici anche con la sua giunta». «Non c’è nessuno nella mia amministrazione indagato per associazione mafiosa» replica Marino ricordando che il suo ex assessore alla Casa Daniele Ozzimo, come anche l’ex presidente dell’assemblea capitolina Mirko Coratti, sono indagati per corruzione. «Chi è indagato per corruzione in un’indagine per mafia – ribatte Bindi – è comunque un interlocutore e forse il terminale o l’arma impropria che viene utilizzata». Botta e risposta tra i due anche su Salvatore Buzzi, figura chiave nell’inchiesta ‘Mafia Capitalè, e sui mancati controlli sulla gestione dei campi rom delle cooperative. «Lei esclude che Buzzi abbia finanziato la sua campagna elettorale?» chiede il presidente della commissione Bindi al primo cittadino che risponde: «Assolutamente no. Lei non me l’ha chiesto e io non lo ho escluso e anzi lo affermo: Buzzi ha finanziato la campagna elettorale e quei soldi sono soldi regolarmente denunciati alla Corte dei Conti». «Il guadagno che veniva fuori dalle cooperative – continua Bindi – e che poi finiva in tangenti, questo denaro pubblico in gran parte è sotto il controllo dell’amministrazione comunale. La domanda è semplice: chi doveva controllare?». E Marino: «Noi abbiamo cercato di imporre all’interno dei campi la legalità con gli strumenti di cui disponevamo». Alla fine Bindi chiosa: «Lei alla domanda ‘perchè non avevate controllato le cooperative di Buzzì non mi ha risposto». Marino però rivendica il suo operato all’insegna della legalità: «Io mi ero accorto che molte cose non andavano bene, tanto è vero che il primo atto che ho fatto è stato scrivere al ministro dell’Economia per chiedere di mandare la Gdf, gli ispettori, per controllare tutti i contratti e tutti i libri del Campidoglio». Intanto oggi il sindaco si è recato all’Autorità dell’Anticorruzione per consegnare a Raffaele Cantone il dossier appalti ‘opachì su cui il Campidoglio nutre «forte preoccupazioni». Sono circa 120 i casi ‘sospettì finiti nel dossier. Secondo quanto si apprende, i settori sotto la lente d’ingrandimento del Campidoglio sono il sociale, l’emergenza abitativa e la gestione del verde pubblico. «Nel sociale – denuncia Marino – noi ci siamo resi conto che nel periodo 2007-2013 c’è stato un aumento statisticamente significativo delle procedure condotte su base negoziale e con affidamenti diretti invece che con bandi di gara pubblici». E proprio oggi è emerso dalle carte dell’inchiesta della Procura di Roma, e in particolare da una informativa del Ros, che la Cooperativa 29 giugno, presieduta da Salvatore Buzzi, ha ottenuto appalti con il Campidoglio a partire dall’11 maggio del 1994 al 2013. E quindi non solo sotto la consiliatura Alemanno ma anche degli ex sindaci Francesco Rutelli e Walter Veltroni.

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