Scuola, giudice del lavoro: "Illegittimi i contratti a termine per più di 36 mesi" | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Scuola, giudice del lavoro: “Illegittimi i contratti a termine per più di 36 mesi”

Sono illegittimi i contratti a termine della scuola quando superano complessivamente i 36 mesi. Lo ha stabilito il giudice del lavoro di Roma, Massimo Pagliarini, accogliendo 50 ricorsi di insegnanti precari della scuola, patrocinati dagli avvocati Michele Bonetti e Santi Delia per le associazioni ‘Adidà e ‘La Voce dei Giustì. Secondo quanto reso noto dagli stessi legali, il ministero dell’Istruzione è stato condannato a pagare ai ricorrenti 12 mensilità in via equitativa, a pagare tutti gli arretrati, ad adeguare lo stipendio per il futuro, rivedendo anche la situazione pensionistica. Per il giudice del lavoro, al settore della scuola deve essere applicata la normativa «che vieta la reiterazione dei contratti di lavoro a tempo determinato per più di 36 mesi». Tuttavia, l’inadempimento di tale divieto non è la conversione del contratto a tempo determinato, bensì solo «la possibilità di ottenere il risarcimento dei danni subiti», che ha ritenuto equo liquidare «nella misura massima di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto». Previsto anche il riconoscimento degli incrementi stipendiali previsti dalla contrattazione collettiva del comparto scuola, in quanto esistente anche una «perfetta analogia tra le condizioni di lavoro dei supplenti a tempo determinato e l’attività da essi espletata, rispetto a quelle proprie delle corrispondenti categorie di personal assunto a tempo indeterminato». Per gli avvocati Bonetti e Delia «si tratta di un’importante vittoria, poichè proviene da uno dei principali Tribunali del Lavoro nazionali che ha paragonato finalmente l’importanza del lavoro dei precari a quella di coloro che hanno un contratto di lavoro a tempo indeterminato; e si tratta di oltre centomila precari». L’auspicio è che «il Ministero decida di affrontare questa situazione, sanando almeno per questa volta la posizione di mille ricorrenti i cui ricorsi sono in via di definizione, senza ulteriori aggravi economici per lo Stato».

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