L'altra faccia della medaglia con la solidarietà | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
Direttore responsabile Giovanni Tagliapietra

L’altra faccia della medaglia

caritas-ape10C’è una famosa canzone di Umberto Tozzi intitolata “Gli altri siamo noi” che, a parte essere ben musicata e con un testo tutt’altro che banale, inizia già dal titolo a farci riflettere su alcune situazioni che possono capitarci nella vita e che, a seconda di come siamo posizionati, possono apparirci positive o negative. Vorrei subito tranquillizzare gli amici lettori che quanto sto per raccontare in questo articolo non è in alcun modo finalizzato a lezioni di moralità o ad esami di coscienza e nemmeno un puntare l’indice contro qualcuno ma semplicemente è una riflessione che ho fatto dopo un’esperienza breve e al tempo stesso intensa legata alla solidarietà. La parrocchia di Sant’Ambrogio (della quale faccio parte), per conto della Caritas, ha chiesto l’aiuto di volontari per la “Raccolta di Solidarietà”. Attraverso la collaborazione di supermercati che aderiscono all’iniziativa, alcuni parrocchiani (tra cui il sottoscritto) si sono messi all’ingresso del negozio per sensibilizzare i clienti, chiedendo loro se potevano aggiungere al carrello della propria spesa anche qualche prodotto a lunga scadenza per darlo ai meno fortunati. Una volta giunti alla cassa e pagata la merce, il sacchetto contenente generi alimentari e non, veniva dato ai volontari che l’avrebbero poi portato in parrocchia. Ebbene, ciò che mi ha colpito e che mi ha fatto riflettere è stato il panorama che ho visto, stando per una volta dalla parte di chi chiede anziché da quella di chi è “intercettato”. Vi dirò che davanti a me si sono presentate le reazioni più diverse: la cortesia e la maleducazione, la diffidenza e la buona fede, la generosità e l’avidità e anche il tentativo di distogliere l’attenzione verso i potenziali benefattori da parte di una persona che ha incominciato a farmi domande personali affatto pertinenti al contesto in cui mi trovavo. Ma soprattutto un denominatore comune legato alla diffidenza. Eh già. Quante volte capita di leggere sui giornali o di vedere nei tg casi di cooperative che speculano sui poveri e su chi cerca di dare una mano in base a quello che può? Mi ha colpito molto la frase di un’anziana signora, la quale dopo aver contribuito a questa raccolta ci ha detto: “Speriamo veramente che questo cibo vada ai più bisognosi e non rimanga nei posti sbagliati. Se ne sentono tante!” E questo pensiero come gli atteggiamenti che ho “studiato” in quei 90 minuti di volontariato, mi hanno fatto riflettere su come anch’io, quando indosso i panni del cliente, possa rispondere sì con educazione ma anche con freddezza o comunque con risposte negative a certe iniziative e quello che invece si prova sul fronte opposto. Onestamente, come detto ad inizio articolo, puntare l’indice contro chi ci vedeva con diffidenza o scarso interesse non sarebbe giusto; viviamo una realtà sociale difficile dove i soldi sono pochi, le richieste di aiuto economico continue e, mi sia consentito dirlo, a volte anche esasperanti (giornali, tv, pubblicità, operatori telefonici ecc. ecc.) e dove la truffa è sempre dietro l’angolo. Quindi ho potuto comprendere ancor di più quello che prova la gente nel sentirsi braccata da richieste di questo genere essendo io, stavolta, il richiedente. Però, facendo un quadro della situazione a 360 gradi, posso anche dirvi che la gioia provata nel vedere la generosità delle persone e l’essere consapevole che dietro a tutto ciò non c’era nulla di poco chiaro ma la massima onestà e trasparenza mi ha ripagato dei “No” che mi sono stati detti. Con 18 scatole piene di ogni sorta di prodotti e con il nostro ruolo di volontari prima e clienti poi (è giusto che chi chiede dia l’esempio), posso dire di aver concluso la giornata con una crescita interiore che poche volte mi era capitato di provare.  Stefano Boeris

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