Venditti: "Roma spenta, illuminato solo San Pietro" | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Venditti: “Roma spenta, illuminato solo San Pietro”

– «’Nella camera buia che luce che c’e». È la frase chiave dell’album, è al tempo stesso un prologo e un epilogo, un ritratto dell’età dell’innocenza e, insieme, una dissociazione del presente«. Nel suo studio di registrazione alle porte di Roma Antonello Venditti parla con entusiasmo di »Tortuga«, il suo nuovo album. Riascolta a volume sparato i nove brani e tra una canzone e l’altra racconta la genesi di ogni canzone e finisce inevitabilmente per tracciare un percorso esistenziale, fatto di musica, ricordi, riflessioni sulla politica, di bilanci sentimentali e anche di dolore. Non è un caso che la frase chiave sia di »Tortuga«, la title track: Tortuga è un’isola, ma è anche il nome del bar di fronte al Giulio Cesare, il liceo romano, dove per altro insegnava sua madre, che è un punto essenziale nella geografia emotiva di Venditti e dei suoi fan. »Il Tortuga era un incrocio di esistenze, ai miei tempi c’erano quelli come me che si vedevano per poi andare al Piper (il mio gruppo preferito erano I Naufraghi) al Titan o al Folkstudio e c’era anche gente come Fioravanti, la Mambro, Ghira. Al di là delle sue connotazioni romane, rappresenta anche un modo di intendere il bar come teatro di una socialità che sta scomparendo« spiega. E questo rimane il nucleo che ha ispirato due brani, la già citata title track e »I ragazzi del Tortuga«, »una sorta di festosa ‘Bomba o non bombà dedicata a Roma, una città ormai spenta, travolta da vicende come Mafia Capitale e soffocata da gente che ci sta rovinando moralmente. L’unico luogo illuminato è San Pietro, grazie a un personaggio che ha dimostrato di avere due attributi incredibili. Mi piacerebbe suonare questa canzone come una street parade, magari seguendo l’itinerario descritto nel testo«. L’album è il frutto di un’ispirazione felice, »un disco molto suonato e pensato per il mondo digitale ma realizzato in modo analogico perchè è lì che affondano le nostre radici. Solo dopo è stato digitalizzato« spiega Venditti che ha trovato in Alessandro Canini, produttore e multi strumentista, il partner capace di assecondare con freschezza le sue idee (»ma il capo resto io«, sottolinea ridendo). »Abbiamo pensato un’idea di suono, sia dal punto di vista della voce, (che nonostante le sigarette fumate senza sosta, resta limpida e potente) che degli arrangiamenti, che sono complessi. Il canto è nato all’istante, quando mi sentivo pronto registravo. Anche i testi sono quasi tutti ‘instant’: l’unico già pronto era ‘I ragazzi del Tortugà, dove c’è tutto quello che musicalmente parlando conosco nella vita, a cominciare dal rhythm and blues. Cos’è oggi il cantautore? Non lo so. Per quanto mi riguarda raccolgo spunti diversi, come una linea di basso del mio amico Vicio, il bassista dei Subsonica, in ‘Attento a leì: utilizzo anche contributi esterni e lo scrivo nel disco, per riconoscere il lavoro fatto da altri«. »Cosa avevi in mente«, il primo singolo, è già in rotazione alla radio: a partire dal 20 aprile a Roma il cantautore romano presenterà l’album negli store Feltrinelli: il 23 sarà a Bologna, il 24 a Milano, il 29 a Bari e il 30 a Napoli. Il tutto in attesa del grande concerto in programma il 5 settembre allo Stadio Olimpico di Roma. Non potevano mancare canzoni d’amore. »Scrivo tante storie d’amore finite male perchè per me nella vita vince sempre la parte della musica: il cantante finisce per dare al pubblico più di quanto dà alla famiglia e io tra l’altro ormai devo giocare diversi ruoli, il padre, il nonno e il compagno, che non è semplice. Perchè se come succede vince la musica alla fine ti resta la solitudine«. Il percorso che ha portato alla realizzazione di »Tortuga« è segnato anche dal dolore: l’album è l’ultimo lavoro portato a termine da Alessandro Centofanti, tastierista tra i più importanti della musica italiana, storico compagno di musica e vita di Venditti. I due erano praticamente fratelli. »A novembre se n’è andato Alessandro, a gennaio Pino Daniele, che era un mio amico vero. Due assenze sconvolgenti. Ora bisognerà rimettere insieme la banda e senza Alessandro non sarà facile« racconta mentre fatica a trattenere le lacrime quando dalle casse escono le note di »Non so dirti quando« con un pedale di pianoforte suonato da Centofanti. »C’è tanta mia roba personale qua dentro, sussurra, si può parlare d’amore e anche di amicizia. Che poi non c’è tanta differenza«.

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