Mafia capitale, assedio a Marino: la lista Marchini si autosospende. Il futuro di Roma nelle mani di Gabrielli: 45 giorni per decidere | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Mafia capitale, assedio a Marino: la lista Marchini si autosospende. Il futuro di Roma e il prefetto Gabrielli: 45 giorni per decidere

I mugugni nella maggioranza: Sel doveva riunirsi "per capire come andare avanti, dopo la seconda ondata di arresti". Tutto rinviato

Un pezzo di opposizione, quella di Alfio Marchini, lascia il colle del Campidoglio per l’Aventino, per poi contestarlo ai piedi del Marc’Aurelio insieme al Movimento Cinque Stelle. Intanto, una delle ‘gambè della maggioranza, Sel, gli morde i garretti e si chiede come – o forse se – si possa andare avanti. Non c’è pace per il sindaco di Roma Ignazio Marino, da settimane sotto un pressing costante che ne chiede le dimissioni dopo il terremoto dell’inchiesta Mafia Capitale. L’ex chirurgo, certo, gode della piena copertura politica dei vertici del suo partito, in testa il commissario romano e presidente Matteo Orfini. Per questo ha quasi un sapore di beffa che venga proprio da casa Pd cada l’ultima tegola, quella della consigliera Daniela Tiburzi e le sue dichiarazioni contro il Gay Pride. Dove Marino aveva sfilato da eroe solo 48 ore fa. Ma oggi il primo attacco è arrivato da Alfio Marchini: «Non siamo stati eletti per scaldare poltrone – ha detto l’imprenditore che lo sfidò alle comunali – per cui noi della lista Marchini (lui e il capogruppo Alessandro Onorato, ndr) ci autosospendiamo fin quando il sindaco, con un sussulto di dignità, annuncerà le sue dimissioni. Manca l’agibilità politica per continuare a fare il nostro lavoro in un Consiglio comunale fantasma». E poi ci sono i mugugni, nella migliore delle ipotesi, della sua maggioranza: oggi Sel doveva riunirsi «per decidere come andare avanti» dopo la seconda ondata di arresti di Mafia Capitale. Si vedranno invece mercoledì pomeriggio, e sarà «una riflessione aperta per l’avvio di un percorso di ascolto della città e del popolo di sinistra». Sel, che esprime il vicesindaco Luigi Nieri, si è detta già nei giorni scorsi «insoddisfatta» della situazione in Campidoglio, e la consigliera Imma Battaglia non ha affatto escluso di uscire di maggioranza. Chissà se l’abbraccio caloroso tra Vendola e il sindaco, sabato al Roma Pride, non sia di buon auspicio per la tenuta della coalizione. Le opposizioni, da parte loro, continuano con lo stillicidio quotidiano: al grido di ‘dimissioni, dimissionì decine di militanti del M5S hanno contestato ‘Ignaro Marinò sulla piazza del Campidoglio. «Sono inadeguati – ha affermato il capogruppo capitolino Marcello De Vito – Serve una amministrazione onesta che sappia quello che deve fare: noi siamo pronti». Magari candidando il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio? «Decideranno gli iscritti», ha tagliato corto il diretto interessato, arrivato in Campidoglio. I M5s hanno esposto un grande striscione ‘Onesta«, mentre ‘Dignita» chiede l’altro cartello, quello dei marchiniani: «Chiediamo le dimissioni del sindaco – ha spiegato il capogruppo Onorato – un nuovo inizio che possa restituire speranza ai romani». Anche la leader del Movimento Cambia-Menti M410, l’autista Atac Micaela Quintavalle è scesa in piazza per chiedere al sindaco di mollare. Marino però non è in casa. È a un incontro con i cittadini a via Bravetta, in cerca di un rapporto diretto con i romani: «In questo momento – ha riconosciuto – vedervi è un elemento che dà grande forza alla nostra amministrazione. Il fatto che il mio predecessore abbia un avviso di garanzia per associazione mafiosa non mi fa piacere». Dimettersi non è in predicato. Stamattina lo sguardo al futuro con lo Stadio della Roma, oggi pomeriggio si parla di bilanci: «Quello che abbiamo trovato è peggio di quanto io pensassi».

Quarantacinque giorni al prefetto Franco Gabrielli per un parere sullo scioglimento, poi sarà la politica a dover decidere il destino di Roma. Domani gli ispettori nominati a dicembre dal predecessore di Gabrielli, Giuseppe Pecoraro, consegneranno al prefetto il rapporto sulle infiltrazioni di Mafia Capitale negli uffici del Campidoglio. Una relazione corposa, circa mille pagine, focalizzata in particolare su appalti, bandi di gara, legami tra consiglieri e funzionari ed esponenti dell’organizzazione criminale smascherata dalla Procura di Roma. Gabrielli avrà 45 giorni per decidere se chiedere il clamoroso commissariamento del Comune. Ma nel frattempo potrebbero intervenire fatti nuovi, come altre iniziative della magistratura o una pressione del Pd o del governo per indurre il sindaco Ignazio Marino a dimettersi, con conseguente scioglimento del Consiglio capitolino. Si andrebbe così al voto. Esiste anche una terza ipotesi, come ricordano alcuni esperti: un commissariamento parziale dell’amministrazione di Roma, troppo vasta per finire interamente nelle mani di un prefetto, che secondo la legge oltretutto non potrebbe essere Gabrielli. Non è mai il prefetto della provincia in cui ricade il Comune a ricoprire questo incarico infatti, come prevede la legge sullo scioglimento dei consigli comunali per infiltrazioni mafiose regolato dall’articolo 143 del decreto legislativo 267 del 2000 (testo unico sugli enti locali). Dal 30 luglio la questione passerà nelle mani del ministro dell’Interno Angelino Alfano, che entro tre mesi potrà proporre al Consiglio dei ministri lo scioglimento del Campidoglio. A quel punto la decisione sarà del governo e quindi sempre e comunque politica. L’eventuale commissariamento sarà poi sancito con un decreto del presidente della Repubblica. Gabrielli ha dichiarato alcuni giorni fa che con la corruzione «non basta l’aspirina, ci vuole il bisturi» e non ha ovviamente mai escluso il commissariamento. Ma il suo predecessore, il prefetto Giuseppe Pecoraro, ha detto che «gli estremi per lo scioglimento del Comune di Roma per mafia c’erano a dicembre e ci sono ancora». E sulla questione scottante di un ipotetico commissariamento della Capitale d’Italia è intervenuta anche la presidente della Commissione parlamentare Antimafia Rosy Bindi. «Leggeremo il resoconto della Commissione d’accesso e vedremo le conseguenze che andranno tratte, ma serve un cambiamento profondo da parte di tutti», ha affermato.

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