Dignità autonome di prostituzione: lo spettacolo in scena a Cinecittà | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Dignità autonome di prostituzione: lo spettacolo in scena a Cinecittà

– Dentro l’essenza del teatro, senza filtri, senza distanze. È questo il punto di forza di Dignità Autonome di Prostituzione – DAdP, lo spettacolo di Luciano Melchionna, dal suo format scritto a quattro mani con Betta Cianchini, che ieri sera è andato in scena a Cinecittà Studios, dove resterà per 10 repliche, fino al 1 agosto. Otto gli anni di vita di questo lavoro, che ha numeri importanti – 39 edizioni, 377 repliche e oltre 370 mila spettatori – e che è riuscito ancora una volta a indossare un abito nuovo: in questa occasione a far da sfondo alle storie narrate nello spettacolo, infatti, ci sono alcune delle più famose location degli Studios, dal set di Gangs of New York al sommergibile di U-571, dalle attrezzerie dei teatri di posa ai giardini, fino alle sale dedicate a Fellini e Visconti nell’ambito dell’esposizione permanente Cinecittà si Mostra. «Ogni volta che metto in scena DAdP lo ripenso: per questo ha successo», ha detto all’ANSA Melchionna, poco prima del debutto. «Racconto ciò che vedo negli occhi della gente, quello che è più urgente e mi tocca il cuore, lasciando inalterata la struttura del format, che è quella del bordello». Attori come cortigiane (nel cast oltre 40 interpreti, più le maitresse) che adescano e si lasciano adescare, spettatori come clienti che contrattano il prezzo delle singole prestazioni: accade questo e molto altro nella «Casa Chiusa dell’Arte», un luogo che accoglie e protegge con le sue suggestioni, e in cui le «pillole del piacere» non sono altro che brandelli di emozioni teatrali, performance o monologhi per lo più scritti dallo stesso Melchionna o tratti dal repertorio classico (da Pirandello a Pasolini, passando per Shakespeare, Hugo e Dostoevskij). Tra musicisti, cantanti, giocolieri e atmosfere circensi, all’inizio non si sa bene dove andare nè cosa fare. Un vero caos artistico, rumoroso e colorato, con il quale gli spettatori, dapprima spaesati, prendono alla fine confidenza. Ma il bello è qui, nella confusione che in pochi minuti lascia emergere chiaramente il disegno artistico dello spettacolo: restituire dignità e valore all’arte, mostrando l’orgoglio e la necessità di essere artisti qui e ora, nel nostro Paese e in questo momento storico. Il risultato è una rappresentazione che sovverte le regole classiche del teatro, ma che cerca al tempo stesso di recuperarne il senso più autentico: quello di un attore che racconta una storia. E allora nessun palcoscenico e nessuna platea, ma un «rapporto elitario» tra pubblico e artisti in uno spettacolo strutturalmente diverso ogni sera. Applausi, stupore, commozione e divertimento hanno scandito il debutto di ieri, che si è concluso con una grande festa in musica, con attori e spettatori tutti insieme a ballare.

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