Acilia, sgominato il clan delle slot-machine: nove persone in manette | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Acilia, sgominato il clan delle slot-machine: nove persone in manette

Erano forti ‘sulla stradà, «dove ci siamo noi», come dice Massimo Carminati. E con ‘il Nerò e con il clan Fasciani di Ostia e con quello degli albanesi avevano rapporti i fratelli Guarnera di Acilia. Secessionisti dalla camorra dei Casalesi e divenuti autonomi per specializzarsi nelle slot-machine. Macchinette mangiasoldi ed estorsioni, solo loro potevano piazzare gli apparecchi nei locali della zona. Un dominio infranto dall’operazione ‘Vento dell’Est’ della Guardia di Finanza della capitale, che ha arrestato nove persone, due delle quali erano già in carcere. È la prosecuzione del blitz che nel 2013 portò a individuare Sergio e Sandro Guarnera, capi dell’omonima organizzazione criminale. Dissociatisi dal boss dei Casalesi Mario Iovine, detto «Rififì», avevano organizzato un clan mafioso ad Acilia. Questo si era affiliato con importanti esponenti della locale criminalità albanese, braccio violento per le intimidazioni sul mercato capitolino delle slot. Inoltre, potendo contare su relazioni con soggetti appartenenti alla vecchia Banda della Magliana, come Luciano Crialesi e Renato Santachiara, avevano rapporti di coabitazione con esponenti dei Fasciani di Ostia per operare indisturbati nel comprensorio di Acilia, spesso in maniera violenta e con vincolo di esclusività. I Fasciani, che per tanti anni hanno imposto il proprio «modus operandi» criminale ad Ostia. Per i quali oggi nel processo bis sono state chieste condanne dai dieci ai tre anni ed otto mesi di carcere. Il boss Carmine Fasciani è già stato condannato per associazione mafiosa. Proprio per lui chiesta la condanna maggiore, dieci anni più tre di libertà vigilata. Ad Acilia le macchinette mangiasoldi venivano imposte dai Guarnera agli esercizi commerciali abilitati ed autorizzati. Ora miravano al vicino comune di Guidonia Montecelio, avvalendosi anche dell’apporto di Davide Di Gennaro, giovane imprenditore romano oggi arrestato, che aveva deciso di servirsi delle capacità di persuasione del clan per imporsi nel mercato legale. Per quanto concerne il gruppo «albanese», è emerso come questo, capeggiato da Arben Zogu (detto «Riccardino»), fosse parte integrante e dirigente della cosiddetta «batteria di Ponte Milvio», già coordinata da Fabrizio Piscitelli (detto «Diabolik»), capo ultrà della curva Nord della Lazio. Ponendosi come importante referente a Roma per l’approvvigionamento di ingenti quantitativi di droga, anche dall’estero. Circostanza già emersa nell’operazione del Ros carabinieri su Mafia Capitale. Gli inquirenti hanno registrato la repentina e significativa ascesa di Zogu nella malavita romana, con il rispetto di personaggi come Carminati e dei contesti criminali più violenti, anche grazie alla sua capacità di imporsi, in maniera efficace e competitiva, sulle più redditizie piazze di spaccio. Emblematico è risultato il documentato traffico di 20 chili di cocaina proveniente dalla Spagna e la relativa commercializzazione, che ha visto la partecipazione del narcotrafficante Elis Coku detto «Santa Lusia» quale fornitore; dei luogotenenti e guardaspalle Petrit Bardhi detto «Titty» e Elvis Demce detto «Cesare». Quest’ultimo recentemente arrestato come mandante dell’omicidio di Federico De Meo a Velletri nel settembre 2013, esito dei conflitti per il controllo della piazza; di Ettore Abramo detto «Pluto» reggente con funzioni vicarie delle iniziative di tipo organizzato della curva Nord laziale, quale magazziniere delle partite di droga importate a Roma dal gruppo narcotrafficante albanese; di Alessandro Presta, detto «er negro», nipote dei fratelli Guarnera, responsabile della commercializzazione dello stupefacente sulla piazza di Acilia. Nel corso del reportage giornalistico «La Rapina» del gennaio 2014 aveva aggredito fisicamente una troupe di La7.

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