Mafia capitale, la terza via della Bindi: "No allo scioglimento. Dalla commissione no interferenza" | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Mafia capitale, la terza via della Bindi: “No allo scioglimento. Dalla commissione no interferenza”

In, la parlamentare Pd ha tracciato un quadro del lavoro svolto in Antimafia, con audizioni e acquisizioni di atti. E ha sgomberato il campo dal "rischio ingerenza con l'attività di governo"

Un comune grande come quello di Roma, una Capitale, non può essere esposto a uno scioglimento: serve una terza via. È questo che Rosy Bindi ha voluto dire a chiare lettere di fronte alla commissione Antimafia, di cui è presidente, nelle sue comunicazioni sul caso «Mafia Capitale». Una seduta che era stata anticipata da polemiche e che si è chiusa con toni altrettanto aspri. La tempistica scelta, infatti, è stata giudicata inopportuna dal capogruppo Pd in commissione, Franco Mirabelli, perchè «interviene in un processo i cui protagonisti sono altri: commissione di accesso al Comune di Roma, Prefetto, Consiglio dei ministri». Non a caso, nel pomeriggio l’ufficio di presidenza era rimasto riunito per due ore e mezza per decidere se le comunicazioni della Bindi si dovessero tenere oppure no. In tarda mattinata era intervenuta anche la presidente della Camera, Laura Boldrini, per ricordare che «la commissione Antimafia è autonoma e indipendente». Alle 20.20 Rosy Bindi ha preso la parola nella sala di Palazzo San Macuto dove la commissione si riunisce. Ha parlato per oltre mezzora. E alla fine, niente repliche da parte degli altri componenti. Una scelta che ha fatto infuriare Mario Michele Giarrusso, dei Cinque Stelle: «Lei non può mettere la museruola alla commissione», ha detto alla Bindi. «Sentiremo il prefetto di Roma Gabrielli appena sarà disponibile – ha risposto lei – e quella potrà essere l’occasione per riprendere la discussione». In questo clima teso, Bindi ha tracciato un quadro che prende le mosse dal lavoro svolto finora in commissione Antimafia con audizioni e acquisizioni di atti. E, in premessa, ha voluto sgombrare il campo da «alcuni timori circolati sui rischi di un’interferenza con l’attività di governo». Nessun interferenza. Ma un messaggio chiaro da inoltrare adesso e chiamando in causa proprio il governo, questo sì: «La legge che regola gli scioglimenti dei comuni per mafia va rivista». E «data l’oggettiva straordinarietà della situazione di Roma, servono strumenti straordinari che il governo dovrebbe adottare, come un decreto legge che traendo spunto dalla situazione romana, introduca strumenti ad hoc per affrontare le difficoltà di Comuni molto grandi». Il caso di Mafia Capitale ha rivelato «una situazione gravissima, se un Comune grande come quello di Roma si mostra fragile e indifeso di fronte a una piccola mafia, un sodalizio criminale che ha occupato spazi rilevanti, condizionando pesantemente l’azione politica e amministrativa», ha osservato Bindi. Ma parlare di «scioglimento o non scioglimento» di fronte a grandi realtà, a una capitale come Roma, con i suoi oltre 3 milioni di abitanti e una realtà così ramificata e complessa, non è la soluzione. «Serve una terza via – ha detto Bindi – tra scioglimento e non scioglimento», che metta in campo «una sorta di tutoraggio e di assistenza dello Stato all’ente locale senza che questo debba essere sciolto e commissariato». E bisognerebbe prevedere «una fase di accompagnamento temporaneo per il ripristino dell’amministrazione e della legalità, che non privi un Comune della guida politica ma lo rafforzi». Una soluzione aspramente criticata da M5s, che, in una nota, sintetizza: «Non commissariano Roma, ma censurano la commissione», visto che «non è stata data nessuna possibilità di discussione o replica: ecco il quadro di questa serata. Non si può e non si deve parlare di Mafia Capitale. Non si può audire neanche Gabrielli, per i continui rinvii. Una vera e propria umiliazione».

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