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SCENARI/ Roma non ha bisogno dell’Uomo Qualunque


Di Stefania Pascucci

L’aria si è fatta irrespirabile per Ignazio Marino, il sindaco di Roma Capitale che, unico nel suo genere, ha fatto tre settimane di vacanze tra Caraibi e States questa estate, e poi è ripartito il 22 settembre scorso per seguire il papa a New York, dichiarando che il viaggio e la permanenza sarebbero stati a carico di chi lo ospitava.

Tutte bugie quelle raccontate in questi giorni dal primo cittadino della Capitale. Nessun invito da parte del Vaticano, fino al punto che lo stesso Francesco, capo mondiale della chiesa cattolica romana, ha dovuto smentirlo con un efficace “Chiaro?”. E poi tutte, ma proprio tutte, le spese di Marino sono state a carico dei romani tramite una carta di credito emessa a suo nome dal Comune. Spese pazze per cene in posti super lussuosi di Roma, ristoranti in centro, con familiari (la moglie, ad esempio, ha detto il ristoratore de La Taverna) e non cene di lavoro con organizzazioni sociali come dal sindaco dichiarato in un primo momento per difendersi dalle accuse di peculato e malversazione di denaro pubblico.

Tutte bugie avrebbe raccontato ai cittadini dichiarando in vari talk show politici che per le sue spese di rappresentanza avrebbe speso una media di 700 euro al mese. Aveva a disposizione invece una plafond di 50mila euro mensile da spendere senza limiti alla fantasia.

Il capitolo è chiuso? Magari. L’uscita di Marino non risolverà il marcio persistente all’interno dell’amministrazione comunale capitolina. Anche se i romani non ne possono più di personaggi atipici incapaci di ammettere a loro stessi di non essere in grado di gestire una città complessa come lo è Roma. Hanno fatto male la destra, il centro e la sinistra. Il potere in Campidoglio certo non riguarda solo la paccottiglia politica di qualsiasi bandiera, ma appartiene soprattutto quella classe dirigente, di funzionari, di impiegati, che ha tessuto per decenni ragnatele di corruttele, di sottobanchi, di mazzette, di gare senza appalti e di assunzioni con l’”intuito personae”, superando l’empasse dei bandi pubblici. Piccole e grandi oligarchie si sono appropriate dei gangli dell’ente locale dimenticando, accantonando il principio dell’imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione così ben scritto nella Costituzione.

Un certo familismo amorale della politica ha impedito nei fatti lo sviluppo della più grande metropoli italiana dal punto di vista economico e sociale.Le dimissioni di Marino non consegneranno Roma alla democrazia del Terzo attore, il cittadino che vota e così immagina di cambiare le sorti e il destino della città. Le dimissioni del sindaco del Pd apriranno uno squarcio ancora più deprimente sul modello Roma, non quello coniato da un altro ex sindaco del Pd, ma quello attuale, decennale, imperniato sulle lobby imprenditoriali connesse a una politica senza etica e oggi, anche di stampo mafioso. Roma, dunque, non ha bisogno di nuovi imperatori, di nuovi vessilli, di altri “Uomini Qualunque”.

Andare a votare nella prossima primavera i candidati di partiti, di movimenti e fantomatiche “liste civiche” non cambierebbe in sostanza molto del volto della città metropolitana, i suoi affari; sarebbe folle per i politici che si affanneranno a salire sul carro del vincitore post Marino promettere cambiamenti che in verità nessuno sarebbe in grado di mantenere. Non serviranno nuovi slogan contro la casta presentandosi con l’abito superusato dell’antipolitica. Roma ha bisogno non di un semplice commissario prefettizio ma dell’Anticorruzione di Cantone e di Leggi Speciali. Via i dipendenti infedeli, nomine di personaggi ambigui compromessi col potere e fuori dalle regole. Roma ha bisogno di respirare aria pura e, probabilmente, la chance è questa: unica strada possibile per renderla pulita.

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