Roma verso il voto: la base M5s vuole Di Battista, Berlusconi punta sull'unità a destra. Salvini: "No marmellate" | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
Direttore responsabile Giovanni Tagliapietra

Roma verso il voto: la base M5s vuole Di Battista, Berlusconi punta sull’unità a destra. Salvini: “No marmellate”

– Il Movimento Cinque Stelle scalda i motori in vista delle urne per il dopo-Marino a Roma. La base ‘spingè per una candidatura di Alessandro Di Battista, uno degli uomini più rappresentativi e conosciuti. Ma il deputato e «quadrumviro» romano, a meno di clamorose sorprese, non sarà in corsa per il Campidoglio. Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio non sono disposti a concedere proroghe al regolamento interno che impedisce ad un eletto di dimettersi per ricoprire un altro incarico politico. Una cosa, però, è certa: il voto online dei militanti per scegliere il candidato, spiegano fonti interne del movimento, si farà il prima possibile. L’obiettivo è consentire al candidato pentastellato di avere più tempo possibile per farsi conoscere meglio e cercare consensi. I pentastellati sono convinti di poter vincere. «Anche Grillo si impegnerà in campagna elettorale», spiegano dal movimento. Alle amministrative del 2013 il leader 5S non si fece vedere spesso, ma «stavolta sarà molto spesso a Roma». M5S si annuncia come un competitor forte per il Comune di Roma. E, all’indomani delle dimissioni di Ignazio Marino, sono tantissimi i commenti sul blog di Grillo, sulla bacheca facebook del leader M5S. Sui social network nascono gruppi di sostegno ‘ad hoc’ come ‘Di Battista sindaco di Romà e ‘Di Battista for president’, mentre su Twitter spunta l’hashtag ‘DiBattistasindacò. Ma è lo stesso deputato romano a smarcarsi: «Non ho intenzione di candidarmi. Vi chiedo – dice Di Battista ai suoi follower – di rispettare la mia scelta e soprattutto le regole del M5S. Regole che se deroghi una volta deroghi sempre. E diventi il Pd senza nemmeno rendertene conto. Pensateci e votate un programma, non un nome». Per candidarsi, inoltre, il deputato romano dovrebbe dimettersi da deputato. E, con l’aria che tira, non è assolutamente scontato che l’Aula di Montecitorio ne accetti le dimissioni a voto segreto. Già, le regole. Grillo e Casaleggio non avrebbero nessuna intenzione di prevedere deroghe alla possibilità di candidarsi a sindaco per i deputati Cinque Stelle in carica. D’altra parte, per il vertici del MoVimento la corsa al Campidoglio rappresenta, così come per il centrodestra, una ghiottissima occasione per ribadire la propria vocazione ad essere forza di governo. Quella di Di Battista sarebbe una candidatura indubbiamente forte; tuttavia, i vertici confidano in una vittoria possibile anche con un nome meno noto ma scelto dalla rete, secondo lo statuto. Una consultazione online che, viene spiegato dagli ‘insider’, dovrebbe tenersi «a brevissimo». E già si parla di nomi. In ballo sarebbero i quattro consiglieri comunali ed i due presidenti di municipio a Cinque Stelle: tra loro quello più in vista sarebbe Daniele Frongia, il blogger e volontario di Emergency oggi capogruppo M5S nel’Assemblea capitolina. Anche a Roma, dunque, il metodo resta quello della rete. «La nostra coerenza è la garanzia per i cittadini romani. Quello che diciamo facciamo. Metteteci alla prova», dice Roberta Lombardi, una delle ‘animè romane del Movimento.

La partita per la scelta del candidato al comune di Roma è solo all’inizio ma Silvio Berlusconi prova a dettare qualche regola d’ingaggio: «Lavorerò per offrire agli elettori un centro-destra unito e vincente», scrive nero su bianco in una nota. Oltre all’obiettivo finale però il leader Fi lancia un appello al resto degli alleati invitandoli «senza preconcetti e senza interessi di parte a valutare le migliori candidature». Parole rivolte prima di tutto a Matteo Salvini che, forte degli ultimi sondaggi che attesterebbero la Lega a Roma al 18% (vari punti in più di Fi) non ha nessuna intenzione di accettare passivamente la decisione sul candidato per la carica di primo cittadino. Il segretario del Carroccio non fa mistero di apprezzare Giorgia Meloni, leader di Fi, ma contemporaneamente, non ha problemi a rivendicare il posto per un esponente del Carroccio: «La Meloni mi piace – spiega – ma non esiste una sola candidatura, non faccio nomi, ma non mi piacciono le marmellate». Insomma i nodi sono tutti ancora da sciogliere tenendo contro che oltre al Carroccio, il Cavaliere deve tener conto di Fratelli d’Italia, il partito della Meloni che proprio nella Capitale ha un forte radicamento. Il leader azzurro per il momento non vuole esporsi più di tanto anche se, a sentire diversi big del partito, le preferenze andrebbero a favore di Alfio Marchini: che l’ex capo del governo avrebbe voluto appoggiare già nella precedente tornata elettorale. Ora però a ‘pesarè nella scelta sarebbe l’intenzione dell’imprenditore romano di non legarsi a nessun partito ma di valorizzare il più possibile la sua lista civica per poi aggregarsi al centrodestra. L’idea non piace ad una parte di azzurri, così come rischia di non trovare il consenso dei leghisti che invece vorrebbero giocarsi in prima linea la partita. Che le elezioni amministrative diventino un passaggio fondamentale anche per i futuri equilibri del centrodestra ormai è cosa nota: ecco perchè dentro Forza Italia in molti sono convinti che Berlusconi per evitare la debacle debba sedare i tanti malumori. Sul piede di guerra infatti sono proprio i coordinatori regionali, fondamentali non solo perchè molti di loro siedono tra i banchi di palazzo Madama ma perchè, al di là delle riforme, il loro ruolo potrebbe essere determinante proprio in vista del voto in primavera. Berlusconi li incontrerà mercoledì sera a cena per rassicurarli sul loro futuro. Da giorni sono infatti a lavoro le colombe per gettare acqua sul fuoco ed evitare che martedì al voto finale sulle riforme il gruppo si spacchi. L’idea di uscire dall’Aula in asse con la Lega resta infatti una delle richieste di una parte di senatori azzurri e martedì mattina, in occasione della riunione degli azzurri (forse congiunta con i deputati) si deciderà la linea. Ma se a Paolo Romani e Renato Brunetta è affidato il delicato compito di tenere unite le file, tra i parlamentari i malumori e le tentazioni di traslocare altrove non sono sopiti. Secondo le ultime voci sarebbero una ventina, tra Camera e Senato, gli azzurri delusi dalla situazione del partito (gestione dei gruppi, organizzazione di Fi e ultime nomine, solo per citare alcuni punti dolenti). Oltre ai critici come Gibiino, Aracri, Ceroni, Minzolini che ad esempio a palazzo Madama sarebbero a favore dell’Aventino azzurro al momento del voto finale sul ddl Boschi, alla Camera i boatos parlano di forti malumori di due azzurre doc come Michaela Biancofiore e Stefania Prestigiamo.

email

Bisogna effettuare il login per inviare un commento Login