Revoca delle dimissioni o sfiducia: tempo e modi del caso Marino | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
Direttore responsabile Giovanni Tagliapietra

Revoca delle dimissioni o sfiducia: tempo e modi del caso Marino

– Il countdown per la decadenza del sindaco di Roma Ignazio Marino si è messo in moto e restano ormai solo quattro giorni a partire da domani. Salvo ripensamenti e conseguente ritiro delle dimissioni. Secondo quanto spiegano dalla presidenza dell’Assemblea Capitolina, se il primo cittadino, che sta ancora riflettendo sul da farsi, decidesse di ritirare le sue dimissioni dovrebbe formalizzarlo attraverso una lettera di revoca protocollata agli uffici della assemblea capitolina entro la mezzanotte di domenica 1 novembre. L’orario, che potrebbe essere dirimente per l’efficacia dell’atto, non spaventa gli uffici: «Siamo dotati di un protocollo elettronico che all’occorrenza può rimanere attivo», spiegano. La lettera di revoca, come quella di dimissioni dello scorso 12 ottobre, deve essere indirizzata alla presidente dell’Aula Valeria Baglio. Una volta protocollata, gli uffici della presidenza trasmetterebbero la missiva al segretariato generale del Campidoglio e il segretario generale, a sua volta, alla Prefettura. Se Marino non ritirerà de dimissioni decadrà definitivamente il 2 novembre. Diversamente tornerà subito ad essere sindaco con i pieni poteri. Sul tavolo di Valeria Baglio pende comunque una richiesta di convocazione dell’Aula firmata da consiglieri dell’opposizione per affrontare proprio il caso delle dimissioni. Baglio non ha ancora convocato la capigruppo per fissare l’Aula, circostanza che impensierisce non poco il Pd e che pertanto potrebbe essere aggirata. Se il sindaco decidesse di restare in carica, sono principalmente due le mosse del Pd per farlo cadere: presentare in Assemblea Capitolina una mozione di sfiducia, o appoggiarne un’altra. Una soluzione giudicata politicamente inopportuna ma anche impervia perchè farebbe slittare i tempi: la mozione (che deve essere sottoscritta da almeno 2/5 dei consiglieri) infatti deve essere discussa non prima di dieci giorni dalla consegna e non oltre i trenta. Più praticabile viene considerata la strada delle dimissioni in massa di almeno 25 consiglieri in assemblea capitolina (il Pd ne ha 19), anche perchè non prevede il passaggio in Aula, che tanto impensierisce i dem. I 25 eletti che intendono far cadere immediatamente sindaco e giunta devono consegnare contestualmente le proprie dimissioni al segretariato generale, o recandovisi di persona o con delega autenticata da un pubblico ufficiale. Ma anche in quest’ultimo caso ci sarebbero questioni di opportunità politica: Sel ha già detto che non farà dimettere i suoi consiglieri e a quel punto il Pd dovrebbe schierarsi con l’opposizione contro il suo sindaco. Un cortocircuito che non farebbe bene al partito romano già agonizzante.

email

Bisogna effettuare il login per inviare un commento Login