Ostia, Pasolini ricordato all'idroscalo. Arriva il libro inchiesta: fu trappola e massacro | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Ostia, Pasolini ricordato all’idroscalo. Arriva il libro inchiesta: fu trappola e massacro

– A 40 anni dalla sua uccisione, artisti, cittadini ed intellettuali hanno commemorato questa mattina Pier Paolo Pasolini all’interno del Parco Letterario dedicato al regista e poeta, ad Ostia. La commemorazione, organizzata dai I Parchi Letterari Pier Paolo Pasolini-Centro Habitat Mediterraneo Lipu di Ostia e dall’artista Mario Rosati, rientra nell’ambito del programma ‘Pasolini40: A futura memorià. A fare gli onori di casa Alessandro Polinori, Responsabile del Chm Lipu Ostia ed il maestro Mario Rosati, autore della stele dedicata a Pasolini. Tra i numerosi intervenuti quelli di Stanislao de Marsanich, presidente de I Parchi Letterari Italiani, Ugo Innamorati – attore, cantante e poeta, i ‘ragazzi di vità Silvio Parrello e Tarzanetto, i rappresentanti della Fondazione Luciano Massimo Consoli, la poetessa Michela Zanarella, il regista Federico Bruno, che ha presentato una nuova scultura dedicata a Pasolini, Filippo Lange del Teatro del Lido ed ancora Giuseppe Lorin, Grazia Scaparro e Massimo Mancini. Presente anche Floriana del ‘Grande Fratellò. La seconda parte della commemorazione è stata dedicata ad interventi musicali, a cura della band del territorio Jukebox all’Idroscalo, di Kim, cantante dei Cugini di Campagna, per concludersi infine con un’esibizione di musica lirica da parte del soprano Daniela Di Pippo. Il luogo dove Pasolini fu ucciso, dopo anni di abbandono e degrado, è divenuto un giardino letterario, inserito all’interno del Centro Habitat Mediterraneo, lungo Via dell’Idroscalo, i cui volontari, a titolo gratuito, ne garantiscono la pulizia e fruibilità durante tutto l’anno. L’area rappresenta un luogo della memoria che, soltanto nelle ultime settimane, ha attirato decine e decine di appassionati di Pasolini provenienti da tutta Italia, ma anche da Francia, Germania, Repubblica Ceca ed Austria. – Esiste un’unica certezza ferma da quarant’anni sull’omicidio di Pasolini: «il poeta è stato assassinato nel corso di un incontro omosessuale con un ragazzo di vita a Ostia il 2 novembre del 1975». Non è così. A dimostrarlo è un’inchiesta ricchissima di novità e di «prove»: quelle che può portare un giornalista. Fatti, riscontri, elementi a raffronto, testimonianze smarrite, foto inedite che ricostruiscono in modo del tutto nuovo l’assassinio del poeta. La somma di quelle che al lettore si mostrano come evidenze vengono raccolte passo passo ricostruendo l’intera vicenda. Infatti, nel libro di Simona Zecchi «Pasolini, massacro di un poeta» edito da Ponte alle Grazie (316 pp., 16 euro) si dimostra che sul corpo del poeta non era presente alcuna traccia di sperma. E quindi l’incontro tra «froci» non ci fu, ma una trappola e un massacro. Ma non si tratta dell’unica novità, anzi, altri e diversi sono gli elementi nuovi che emergono dal libro: oltre all’Alfa Gt del poeta a raggiungere la lingua di fango e sabbia a Ostia c’erano almeno altre tre macchine. La foto dell’Alfa Gt di proprietà di un uomo appartenente al clan dei Marsigliesi (scomparso nel nulla nel febbraio del 1976) che ha sormontato il poeta uccidendolo barbaramente viene per la prima volta mostrata al lettore in questo libro. L’inchiesta rivela, infatti, il possesso, da parte della famiglia dell’uomo, di un’Alfa Gt 2000. È questa la macchina che lascia tracce d’olio sul capo devastato di Pasolini e sulla sua canottiera. La Gt del poeta, al contrario, passando in velocità sul corpo resta integra senza perdere olio. Nuove tracce di pneumatici sul corpo, del poeta vengono poi scoperte dall’autrice e mostrate per la prima volta al lettore. Tanti erano i soggetti presenti quella sera: almeno tredici, come indica l’inchiesta. Tutti uniti dal comune obiettivo di uccidere Pasolini in un «massacro tribale». I feroci segni del pestaggio fascista, mai mostrati sinora, vengono mostrati ed analizzati. Tante e importanti poi le piste lasciate morire anche dalle ultime indagini che nel libro vengono sviluppate e illustrate nel dettaglio. Piste che conducono tutte a una trappola mossa da un espediente: il furto dei negativi originali del film Salò o le 120 giornate di Sodoma che costringe Pasolini a presentarsi quella sera per salvare il suo lavoro. Per la prima volta inoltre l’inchiesta rivela la presenza di un’altra macchina in uso a Pino Pelosi (l’unico condannato ufficiale per l’omicidio). Una Fiat 850 blu, infatti, sparisce la notte dell’appuntamento alla stazione Termini per far posto all’altra macchina, stesso modello di colore bianco, la cui presenza depista gli inquirenti. Il ruolo centrale dell’organizzazione dell’estrema destra Ordine Nero, fatta sciogliere dal Viminale in quegli anni, emerge tra le vecchie carte dell’inchiesta giudiziaria e collega Catania a Roma come i luoghi di provenienza del commando che ha messo fine alla vita dell’intellettuale. Nuovi documenti giudiziari e privati (come il carteggio fra lo scrittore e l’ambiguo editore di destra Giovanni Ventura) vengono pubblicati in questa inchiesta per la prima volta. Le piste sinora più accreditate come moventi del «massacro tribale» (il capitolo scomparso o mai pubblicato di Petrolio, «l’Appunto 21» e l’omicidio di Enrico Mattei) vengono definite monche dall’autrice attraverso nuove analisi e nuovi elementi. La giornalista ricostruisce degli eventi inediti precedenti e successivi alla morte del poeta che chiudono il cerchio sulla strategia messa in atto per eliminarlo definitivamente: le minacce telefoniche subite da Pasolini si intrecciano infatti a un sabotaggio compiuto nei pressi della sua abitazione e all’isolamento telefonico cui fu sottoposto. Il ruolo della <Sip parallela>, attiva allora, viene indicata come ipotesi dall’autrice dopo aver raccolto tanti elementi che la possono corroborare. Un libro che cambia le carte in tavola sull’omicidio. E le mostra.

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