Mafia capitale, le minacce del gruppo a due imprenditori. E Marino pubblica la sua memoria | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Mafia capitale, le minacce del gruppo a due imprenditori. E Marino pubblica la sua memoria

Tra i nuovi atti del processo Mafia Capitale spuntano anche due documenti relativi ad altrettanti episodi di intimidazione ai danni di imprenditori finiti negli ingranaggi del sodalizio criminale romano. Uno dei due, dopo aver contratto un debito di qualche migliaio di euro con Roberto Lacopo, uno degli imputati già a processo con rito immediato, non riuscendo a restituire il denaro preso in prestito a tasso usuraio viene minacciato in diverse circostanze dai sodali del gruppo. «A me se mi doveva dare i soldi…’entro domani mattina me li devi portà…se no ti uccido…non me ne frega di questi…io ti uccido ora… a Bobo non gli da una lira questo». A parlare, in una conversazione con Riccardo Brugia intercettata e finita agli atti del processo Mafia Capitale è Massimo Carminati. Il «Bobo» al quale fa riferimento l’ex Nar sarebbe proprio Roberto Lacopo, gestore del distributore di Corso Francia dal quale l’imprenditore avrebbe ottenuto il prestito. Il benzinaio, infatti, non riuscendo a recuperare la somma e gli interessi si sarebbe rivolto a coloro i quali, nel contesto del gruppo criminale, avrebbero avuto maggiore capacità di intimidazione, e dunque a Riccardo Brugia, Matteo Calvio e Massimo Carminati. Una richiesta d’aiuto della quale lo stesso Carminati sembra compiacersi, affermando: «Io sono contento perché lui (riferendosi a Lacopo, ndr.) capisce che da solo non va da nessuna parte». E ancora, in una altro stralcio di intercettazione: «Lui non recupera manco i trecento euro…da solo…da solo manco i trecento euro…ancora non l’ha capito». Lo stesso Carminati, inoltre, riferendosi all’imprenditore che aveva contratto il debito con Lacopo, nella medesima conversazione intercettata nel bar Vigna Stelluti, afferma: «A me piacciano buttarli giù proprio capito? buttarli giù psicologicamente». Il secondo imprenditore minacciato (in questo caso da due sconosciuti, ancora nei pressi del distributore di Lacopo) il 24 settembre scorso, avrebbe ricevuto un messaggio molto chiaro: non costituirsi parte civile nel procedimento contro Carminati e gli altri 45 imputati finitidavanti ai giudici della decime sezione penale del tribunale di piazzale Clodio. «Manttì, come andiamo?», l’avrebbero salutato i due, «non ha importanza se ci conosciamo, tu sei andato a parlare con la polizia….te devi sapere che sei amico di Roberto, di Giovanni… non pensare neanche di costituirti parte civile. Ti diamo un consiglio noi, tu sei amico di queste persone».- Una relazione inviata al prefetto Gabrielli mentre questi si accingeva a visionare il dossier dei prefetti componenti la commissione di accesso sul Campidoglio. Una relazione scritta dall’allora sindaco Marino nella quale si descrivevano in sostanza i mali del Campidoglio, quelli sviscerati dall’inchiesta Mafia Capitale e poi evidenziata dall’opera di Raffaele Cantone all’Anac. Nella relazione Marino, partendo dal’anomalia dell’ approvazione dei bilanci approvati costantemente in ritardo, stila una serie di criticità dell’amministrazione che riguardano: gli appalti in affidamento diretto, le spese del personale, il ruolo dei dirigenti, la gestione dubbia delle partecipate. Ma ricorda anche ciò che fece da subito per riparare a ciò: il bilancio approvato nell’agosto del 2014, la trattativa sul salario accessorio per i dipendenti capitolini, la rotazione dei dirigenti, lo stop agli appalti in affidamento diretto, la collaborazione col governo sulla questione contabile ma anche con al Procura e l’Anac di Cantone.

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