Elezioni, Renzi: "A Roma si vota a giugno, il rinvio è un'allucinazione. Il Pd se la giocherà" | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Elezioni, Renzi: “A Roma si vota a giugno, il rinvio è un’allucinazione. Il Pd se la giocherà e faremo meglio di Marino”

Le primarie ci saranno a marzo, ma l'ex sindaco: "Meglio se il governo non si intromette". E aggiunge: "Spostare la data del voto sarebbe l'ennesimo abuso"

– Matteo Renzi rompe il silenzio e torna a parlare del caso Roma fornendo due notizie: che il voto sarà a giugno e che ci saranno le primarie il 6 marzo, sgombrando così il campo dalle voci di una proroga del commissariamento del Comune di Roma e di un rinvio delle elezioni. L’occasione è data dalla conferenza di fine anno durante la quale Renzi liquida l’allarme del movimento di Grillo su un possibile slittamento del voto nella capitale: «Questo tipo di elucubrazione che esponenti 5 stelle hanno avuto modo di esprimere, tipo ‘hanno talmente paura che rinviano le elezionì, è un’allucinazione, una visione allucinogena. A Roma si va a votare nel 2016, intorno al 10 giugno si voterà per il prossimo sindaco». Contrattacca la deputata M5s Roberta Lombardi: «A Roma Renzi riceverà una bella lezione. E sarà solo l’inizio. Non creda di meritarsi applausi: sta solo rispettando la legge e il sacrosanto diritto dei cittadini di scegliere il proprio sindaco». Renzi, comunque, rilancia, infondendo un ottimismo sull’esito del voto che la base del Pd romana non sembra più avere: «Su Roma – spiega – sono convinto che il Pd se la giocherà, nonostante ci sia una qualche responsabilità in quello che è accaduto. E sono convinto che il prossimo sindaco farà meglio di quello andato via». Parole che hanno pungolato l’ex sindaco Ignazio Marino: «Rinviare le elezioni a Roma – è la sua replica – sarebbe stato l’ennesimo inaccettabile abuso contro la città. Il premier dice anche che il prossimo sindaco farà meglio di me. Sono sicuro che se il sindaco che gli elettori sceglieranno non sarà l’espressione delle lobby, se avrà l’appoggio leale e non l’ostilità mascherata del governo, se il governo stesso non ostacolerà il sindaco eletto nel contrasto ai potentati che impediscono da anni il risanamento, lo sviluppo e la crescita culturale e morale di Roma, quel sindaco farà un ottimo lavoro». Ma consapevole, nonostante i proclami ottimisti, di una possibile debacle alle elezioni dopo la ‘cacciatà di Marino e il successivo commissariamento del Campidoglio che molta parte del Pd non ha gradito, Renzi oggi ha anche provato a sondare la sinistra: «Se la sinistra» ci ripensa e «vuole partecipare alle primarie è benvenuta, altrimenti il Pd va con chi ci sta». Una linea che vale anche per le primarie a Milano, previste per il 7 febbraio, e a Napoli il 6 marzo. Nella Capitale la risposta da sinistra non si è fatta attendere. Il coordinatore di Sel Roma Paolo Cento lascia intendere che non intende cadere nel ‘tranellò del Pd: «Renzi ripropone la politica di due forni come sta facendo in altre città. Il Pd cerca alleanze quando è in difficoltà. Non ci prestiamo ad essere una stampella di un’operazione del Partito della nazione. Il nostro candidato è Stefano Fassina. È finita la stagione in cui la sinistra muore nel Pd». In vista delle primarie, comunque, è già cominciato il pressing dei renziani su Roberto Giachetti, attuale vicepresidente Pd della Camera, renziano da sempre e profondo conoscitore della politica romana in quanto dal 1993 al 2001 è stato capo segreteria e capo di gabinetto del sindaco Francesco Rutelli. Giachetti ha già ricevuto l’endorsement del vicesegretario dem Debora Serracchiani e della deputata Lorenza Bonaccorsi. Altri nomi di possibili candidati circolati sono quelli dell’ex ministro Barca, della stessa Bonaccorsi, dell’ex assessore alla Legalità Alfonso Sabella e del presidente del Coni Giovanni Malagò. Ma qualche giorno fa lo stesso premier aveva messo un freno al toto-nomi, dicendo che di candidature si parlerà dopo il 20 gennaio, dopo le riforme.

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