Santa Croce in Gerusalemme, una “Terra Santa” nella città eterna - Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Santa Croce in Gerusalemme, una “Terra Santa” nella città eterna

sainte_croix_de_jerusalem_6173La nostra città ha, tra le tante caratteristiche, quella di “ospitare” una chiesa molto particolare che tutti conoscono di nome ma forse in “pochi” hanno avuto il piacere di visitare: Santa Croce in Gerusalemme. Anche il sottoscritto ha avuto modo di andarci due/tre volte e non di più. Certo, l’ubicazione non è proprio comodissima (anche se ad onor del vero sono riuscito sempre a trovare posteggio per la macchina!) ma con un po’ di buona volontà è possibile arrivarci. Ubicata a due passi dalla Basilica di San Giovanni in Laterano, tra via Carlo Felice e Viale Castrense, la chiesa è conosciuta per ospitare le reliquie della Croce di Nostro Signore, uno dei chiodi che la tradizione vuole essere quello usato per crocifiggere Gesù, due spine che facevano parte della Corona (che invece si trova a Notre Dame), e la falange di San Tommaso. Ma andiamo con ordine. La Basilica è una delle sette chiese di Roma, facente parte del tradizionale itinerario che i pellegrini compiono sulle orme di San Filippo Neri. La sua costruzione avvenne durante il IV secolo nella stessa zona ove sorgevano i palazzi di Sant’Elena, madre dell’Imperatore Costantino. La realizzazione della chiesa fu legata alla volontà di conservare le reliquie della Croce che la Storia indica come quella della Passione di Gesù e che furono portate a Roma da Elena di ritorno dalla Terra Santa nel 325 d.C. L’aggiunta “in Gerusalemme” è legata alla terra del monte Calvario che fu deposta a fondamenta della Basilica. Al suo interno non è presente la “Porta Santa” e dunque non è ordinariamente legata alle indulgenze giubilari. Il titolo cardinalizio le venne dato sotto Papa Gregorio I nel 523 e nonostante fosse posta ai margini della città divenne metà di pellegrinaggi per via dell’enorme importanza storica e religiosa delle reliquie al suo interno. Col pontificato di Papa Lucio II avvenne la trasformazione della chiesa secondo lo stile romanico: furono creati dei settori longitudinali così da suddividerla in tre navate, fu aggiunto il transetto, il chiostro (successivamente demolito) e il campanile in laterizio, alto 8 piani. Di questi oggi solo gli ultimi quattro sono visibili ed originari. I primi sono inglobati nella costruzione del monastero. In seguito alla Breccia di Porta Pia (1870) e la caduta dello Stato della Chiesa, tutto il complesso della Basilica venne confiscato e inserito nei beni dello Stato. I Monaci poterono restare nel monastero e celebrare le Messe. Da allora la struttura non fu mai restituita alla Santa Sede e oggi appartiene al Fondo Edifici di Culto del Ministero dell’Interno. Nel 2012, Papa Ratzinger a causa di comportamenti poco corretti e vari abusi da parte dei monaci a cui già nel 2009 la cura pastorale era stata revocata per essere affidata al clero diocesano di Roma, con una decisione storica, ordinò la definitiva soppressione dell’abbazia cistercense e la dispersione della comunità dei religiosi, mettendo la parola “fine” a circa mille anni di presenza monastica nel territorio. Come accennato ad inizio articolo, le reliquie conservate sono quelle legate alla Passione del Signore. E’ davvero impressionante vedere il frammento del “Titulus Crucis” in cui è riportata una parte dell’iscrizione che tutti abbiamo imparato a conoscere con le iniziali I.N.R.I. (Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum). Le lingue riportate nella tavola sono tre: ebraico, greco e latino. Poi abbiamo, frammenti della Croce stessa ed il suo braccio, uno dei quattro chiodi che vennero messi nelle mani e nei piedi di Nostro Signore. Gli altri tre sono conservati nelle seguenti località: Museo e tesoro del Duomo di Monza, all’interno della celebre Corona Ferrea, usata dagli imperatori del Sacro Romano Impero fino al XIX secolo per l’incoronazione dei Re d’Italia; un altro si trova sospeso sopra l’altare maggiore del Duomo di Milano ed il terzo nel Duomo di Colle Val D’Elsa in provincia di Siena. Col passare dei secoli sono state aggiunte altre reliquie, alcune delle quali di incerta provenienza come i frammenti della grotta di Betlemme e del Santo Sepolcro, la colonna della Flagellazione, il patibulum del Buon Ladrone e la Falange del Dito di San Tommaso. E a conclusione della “catechesi” in una cappellina adiacente, è stata riprodotta la Sacra Sindone a grandezza naturale come quella di Torino. Sta di fatto che entrare e vedere a pochi centimetri di distanza frammenti che hanno (almeno per tradizione) fatto parte della vita di Cristo suscita un’emozione assai forte e di difficile spiegazione. E ancora più forte è lo stato d’animo di chi, come il sottoscritto, ha avuto la benedizione e la fortuna di visitare la Terra Santa. Piccoli grandi frammenti di Storia e di Fede.

Stefano Boeris

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