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Il mondo della musica ricorda Luigi Tenco

luigi-tencoCinquant’anni fa il mondo della musica piangeva la scomparsa di un cantautore molto particolare, forse unico nel suo genere, Luigi Tenco. Dietro la sua morte è stato detto di tutto e di più; una fine tragica che ancora oggi pone molti interrogativi. La versione ufficiale è quella legata alla non accettazione del cantante di vedere una canzone come “Io tu e le rose”, cantata da Orietta Berti, classificarsi al 5° posto al Festival di Sanremo del 1967 (l’edizione di quell’anno fu vinta da Iva Zanicchi e Claudio Villa con il brano “Non pensare a me”), mentre la sua “Ciao amore ciao” cantata in coppia con la cantante franco-italiana Dalida venne “bocciata” dalla critica e non ammessa alla serata finale. Sembra che per un uomo rivoluzionario come lui la cosa fosse impossibile da accettare al punto di portarlo al gesto estremo. Ma facciamo un passo indietro, andando a scoprire l’uomo ed il cantante Tenco. Luigi era nato a Cassine nel 1938 da una relazione extraconiugale. Sua madre, cameriera di una famiglia benestante torinese, aveva avuto un rapporto con il figlio sedicenne dei suoi datori di lavoro e per questo venne allontanata e obbligata dalle circostanze a rientrare nel suo paese. Suo figlio prese il cognome Tenco, appartenente al marito della ragazza. Il padre di Luigi però morì prima che il piccolo venisse alla luce, a causa di un incidente sul lavoro. Il futuro cantante trascorse la sua infanzia tra Cassine ed il paese natale della mamma Teresa, Ricaldone. Il padre naturale, Ferdinando Micca, tentò di riconoscere il figlio ma fu ostacolato dalla famiglia che escluse Luigi dall’eredità. Terminato il liceo scientifico, Tenco si iscrisse all’università al fine di assecondare la madre che lo voleva laureato ma abbandonò gli studi nel 1965 per seguire il suo sogno: la musica. Ancora studente iniziò a mettere su il primo complesso, la “Jelly Roll Boys Jazz band” di cui faceva parte anche un giovane Bruno Lauzi. Fu nel 1959 che il cantante ottenne il suo primo contratto con la Dischi Ricordi e due anni più tardi, nel 1961, uscì il suo primo 45 giri intitolato “I miei giorni perduti”. Le sue amicizie “canore” furono legate a nomi come Fabrizio De André e Gino Paoli. Con quest’ultimo ci fu una rottura a causa della relazione che Paoli ebbe con Stefania Sandrelli, a cui anche Luigi era legato sentimentalmente. Nel 1965, dopo vari rinvii, fu costretto a partire per il servizio militare, che completò tuttavia in larga misura con ricoveri ospedalieri. Nel 1966 firmò un contratto con la RCA Italiana incidendo “Un giorno dopo l’altro”, brano destinato a diventare la sigla dello sceneggiato televisivo “Il commissario Maigret”. Altri successi dello stesso periodo furono “Lontano lontano”, “Uno di questi giorni ti sposerò”, “E se ci diranno” ed “Ognuno è libero”. Ed ecco giungere l’anno 1967. Il Festival della Canzone Italiana vide la partecipazione di un Luigi Tenco poco convinto del fatto di presentare la sua “Ciao amore ciao” su quel palcoscenico (questa almeno fu la versione che l’amico De André dirà successivamente al tragico evento). In quel periodo l’interpretazione dei brani veniva affidata non solo all’autore ma anche ad un/una collega. In questo caso fu la cantante Dalida a proporre lo stesso pezzo. I due si erano conosciuti a Roma qualche anno prima e tra loro era nato un rapporto sentimentale oltre che professionale. Originariamente il pezzo era stato intitolato “Li vidi tornare” con un testo che Tenco decise di modificare per non incorrere nella censura, poiché parlava di alcuni soldati che partivano per la guerra durante il Risorgimento. Soltanto il ritornello “ciao amore, ciao amore, ciao” era uguale. Il nuovo brano presentato invece si ispirava ad una canzone d’amore, avente come sfondo l’emigrazione italiana verso il continente americano. La canzone, come detto all’inizio, non venne apprezzata dagli organizzatori del Festival e si classificò solamente al dodicesimo posto. Fallito anche il ripescaggio. Le cronache dell’epoca narrano uno scambio di battute tra il cantautore ed il presentatore di quell’edizione Mike Bongiorno: “Questa è l’ultima volta” avrebbe detto Tenco con la risposta di Bongiorno “L’ultima volta che canti un brano fox”. Lo stesso Mike racconterà che in quel momento pensava ad una interruzione della carriera dell’Artista. L’esibizione di “Ciao amore, ciao” da parte di Tenco fu condizionata dall’assunzione di un farmaco e di un alcolicoal punto che lo stesso maestro Reverberi fece fatica a seguire il cantautore. Secondo la versione della cognata Graziella invece, l’esecuzione lenta fu una scelta dello stesso Luigi, in polemica con la versione di Dalida da lui giudicata una “marcetta”. Il maestro Reverberi però aveva rifiutato di cambiare l’arrangiamento, nonostante le insistenze del cantautore. Tenco decise quindi di fare di testa sua, a costo di dare l’impressione di andare fuori tempo. La stessa Dalida si lamentò dietro le quinte, pronunciando le seguenti parole: “Così mi rovina la canzone”. Rientrato all’Hotel Savoy, venne trovato morto nella sua camera, la 219. Il decesso fu stimato dopo la mezzanotte, quindi nelle prime ore del 27 gennaio. I primi a rinvenire il cadavere furono il suo amico Lucio Dalla e Dalida. Il corpo riportava un foro di proiettile alla testa, con entrata sulla tempia destra ed uscita in un punto alto della calotta cranica. Venne trovato anche un biglietto contenente il seguente testo: “Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda Io tu e le rose in finale e ad una commissione che seleziona La rivoluzione. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi.” L’ipotesi del suicidio è sempre apparsa come la più veritiera anche se molti dubbi hanno accompagnato tale tesi nel corso del tempo. Il 12 dicembre 2005, a trentotto anni dai fatti, la procura generale di Sanremo ha disposto la riesumazione della salma per effettuare nuovi esami. Il 15 febbraio 2006 è stata messa la parola fine ai tanti interrogativi con la conferma del suicidio e la chiusura definitiva del caso. Anche la famiglia, dopo il 2006, ha affermato, tramite la nipote Patrizia, di condividere la tesi ufficiale come veritiera, considerando speculazioni le altre ipotesi. Una breve e misteriosa vita quella di Tenco che in qualche modo è stata “copiata” nel finale anche dalla cantante Dalida. Questa infatti morì nel maggio del 1987 togliendosi la vita con un’overdose di barbiturici dopo che per altre due volte aveva tentato il suicidio, la prima un mese dopo la morte di Tenco e poi anni dopo nel 1977. Di Luigi resteranno le sue canzoni malinconiche ed una fragilità nei confronti di un mondo forse troppo difficile da comprendere ed accettare.

Stefano Boeris

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