Roma, la città più verde d’Europa - Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Roma, la città più verde d’Europa

Ville, riserve ed aziende agricole, due gestite dal Comune

roma_verdeUna camminata tra il ‘verde’ di Roma diventa un’escursione nella storia del giardino della Capitale: si va dal Rinascimento nel giardino di Villa Medici, al barocco nei giardini segreti di Villa Borghese, al neoclassicismo nel parco all’inglese di Villa Torlonia, al Novecento nel giardino di piazza Mazzini di Raffaele De Vico fino ad arrivare al contemporaneo con i giardini dell’Eur
Se Roma è il comune con più ettari di verde d’Europa lo deve ai suoi papi. Villa Doria Pamphili, la più grande di Roma, Villa Ada, Villa Borghese e molte altre ville storiche nacquero come tenute di campagna, con ampie zone dedicate alla caccia, di famiglie nobili romane che tra i propri membri hanno avuto papi e cardinali. Grazie a questa ‘eredità’, Roma non ha eguali al mondo, non solo per bellezze storico-archeologico, paesaggistiche ed architettoniche ma anche per estensione e varietà del verde che rappresenta il 67% del territorio comunale ovvero 85mila ettari sui 129 mila totali.
Il verde pubblico all’interno del tessuto urbano è composto dai parchi urbani, dalle ville storiche, dai giardini pubblici, dalla aiuole e dalle zone verdi di arredo per un totale di 3.932 ettari.
Ci sono poi i Parchi e le Riserve Naturali sparse tra la periferia fino ad arrivare a ridosso del centro. Tra le 18 aree protette, ci sono la Riserva di Castel Fusano, dell’Insugherata, della Marcigliana, il Parco di Vejo ed ancora il Parco del Pineto, la Valle dei Casali, la Tenuta dei Massimi e la Riserva di Monte Mario.
Roma è anche il più grande comune agricolo d’Europa con i suoi 50 mila ettari coltivati. La stessa Amministrazione capitolina gestisce in modo diretto due aziende agricole: la Tenuta del Cavaliere e quella di Castel di Guido per un totale di 2.300 ettari.

Il Cipresso di Michelangelo si trova nel chiostro delle Terme di Diocleziano. La leggenda narra che Michelangelo finito di realizzare la Basilica di Santa Maria degli Angeli nel 1562, all’età di 87 anni, piantò quattro cipressi uno accanto all’altro. Nel 1888 un forte temporale ne fece cadere due; oggi ne è rimasto soltanto uno degli esemplare originale, gli altri sono stati ripiantati sul modello michelangiolesco. Dagli anni ’70 una struttura di ferro sorregge il Cipresso di Michelangelo. Altri cipressi secolari si trovano nei giardini di Villa Adriana e Ville d’Este a Tivoli.

Uno degli alberi più antichi della Capitale, è la sughera dell’ Orto Botanico che anticamente erano i giardini di Palazzo Corsini. La sughera faceva parte di un grande querceto che si estendeva nella zona del Gianicolo. Questo albero deve la sua longevità sia al tessuto spugnoso ed ignifugo che lo ha salvato dagli incendi e al fatto che dal 1883, anno in cui venne realizzo l’Orto Botanico, vive in una zona protetta. Tra gli esperti c’è chi ipotizza che possa avere intorno ai 600 anni di vita.

Accanto alla scalina del Campidoglio in prossimità della statua di Cola di Rienzo, vive la Phytolacca dioica, albero tipico della zona della pampa argentina e dove viene chiamato Ombù, l’albero della bella ombra perchè sempreverde. Poichè il suo tronco accumula tantissima acqua a guardarlo sembra somigliare ad un elefante. A portarlo a Roma dall’Argentina fu Baldassare Ladislao Odescalchi, il fondatore di Ladispoli, comune del litorale a 40 km da Roma. L’albero romano è stato più volte capitozzato, ovvero tagliato in modo radicale, ed è per questo che non è altissimo. Un altro esemplare, portato sempre da Odescalchi si trova vicino al faro del Gianicolo, fu piantato nel 1911 in occasione del 50esimo anniversario dell’Unità di Italia, altri alberi si trovano nella riserva di Palo Laziale.

Vicino alle serre del semenzaio di San Sisto, a Porta Metronia, c’è un esemplare di Ceiba speciosa, in passato nota come Chorisia dal nome di uno dei primi illustratori botanici, in Italia viene chiamato anche falso Kapok, mentre in Argentina per la sua singolare forma è stato soprannominato palo borracho ovvero albero ubriaco. I suoi frutti contengono una grossa capsula ovoidale con dentro della bambagia che viene utilizzata per imbottire i cuscini. La sua particolarità è che il suo tronco è pieno di spine molto grandi. I suoi fiori somigliano alle orchidee e vanno dal colore rosa al fucsia.

Il Monumento Naturale della Cellulosa, in zona Casalotti, è diventato tale grazie ad una legge regionale del 2006. E’ costituito da almeno dieci specie diverse di eucalipti. L’area verde negli anni ’50 era a disposizione dell’Ente Nazionale per la Cellulosa e la Carta, praticamente era il luogo dove veniva sperimentata la crescita degli alberi che poi sarebbero stati utilizzati per fare la carta; in particolare su tre tipi: eucalipti, pioppi e pini americani, tutti a crescita veloce e con cellulosa di buona qualità

Il Ginko biloba di Villa Sciarra, è tra gli alberi tra i più grandi di Roma, ha un portamento cadente e da metà novembre a metà dicembre le sue foglie diventano tutte gialle creando un vero spettacolo cromatico. Fu piantato ai primi del ‘900. I suoi frutti sono a forma di ovuli ma hanno un odore nauseabondo. L’impollinazione di questi alberi può avvenire anche a 30/40 chilometri di distanza.

La sequoia del Pincio è una delle prime arrivate a Roma, fu piantata nel 1850 ed è una delle più alte di Roma. L’altezza è proprio una caratteristica di questi alberi: in un parco americano vive una sequoia di 115 metri che viene considerata l’albero più alto del mondo.
Il servizio giardini e il semenzaio del parco di San Sisto a porta Metronia nascono sotto il dominio napoleonico, nel 1810, quando il prefetto francese De Tournon stabilisce di creare un vivaio romano per coltivare le piante da usare nei nuovi viali e parchi pubblici di Roma. Il luogo prescelto fu una ampia vallata compresa tra il Celio e le Terme di Caracalla. Il terreno era appartenuto al Monastero Domenicano di San Sisto all’Appia dall’anno 1122 ed era attraversato da un corso d’acqua chiamato “Rivo dell’Acqua Mariana” che aveva la sua sorgente sui colli Albani e Tuscolani. Le strutture dei mulini, chiamate Mola di San Sisto Vecchio e Molella, ancora esistono e ospitano gli uffici del Dipartimento Tutela Ambientale – Servizio Giardini. Al termine dell’occupazione napoleonica della città, i Papi non restituirono l’area alla suore e scelsero di far continuare l’attività.

Nel 1980 il Servizio giardini aveva oltre 1.800 persone, una apprezzata scuola giardinieri ed era considerato un fiore all’occhiello dell’amministrazione capitolina per competenza e professionalità. Ora il personale è di 540 unita, ma sono operativi soltanto 250 lavoratori.

Tra i tanti compiti del servizio giardini ce ne sono tre che hanno dato lustro a questo esercito di “custodi del verde” di Roma e sono il Roseto Comunale, dove ogni anno si svolge un importante concorso internazionale di Roma, la coltivazione di azalee per la tradizionale ‘infiorata? della scalinata di Trinità dei Monti e, meno nota ma molto importante, la coltivazione di specie vegetali e floreali rare e pregiate, tra cui le orchidee e le piante carnivore coltivate in apposite serre proprio nel Semenzaio di San Sisto

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