Zingaretti e i soloni della sanità laziale - Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
Direttore responsabile Giovanni Tagliapietra

Zingaretti e i soloni della sanità laziale

zingaE’successo indubbiamente qualcosa nelle ultime settimane nelle stanze del potere della politica capitolina e laziale. Se ne vedono gli effetti soprattutto sul quadrante sanitario, che peraltro è forse l’unico sul quale la Giunta Zingaretti si sia veramente esercitata in questi anni di consiliatura. La sanità assorbe l’80% del bilancio regionale, certo, ma basta chiedere ad un cittadino qualunque il nome di almeno altri tre assessori regionali, e di interventi precisi, ben definiti, realizzati in questi anni in settori che non siano la sanità per avere risposte confuse, disarticolate. La Regione “è” Zingaretti, gli altri sono stati tenuti nell’ombra per non dare fastidio al capo. E il governatore in assenza di assessore ad hoc è tuttora commissario straordinario per la sanità. “Sorvegliato” dal sub-commissario governativo Bissoni, quello che alcuni giorni fa ha preso cappello e se ne è andato anticipatamente. Non c’è dubbio, qualcosa non va nel verso giusto. Tutti i successi vantati in relazione al piano di rientro dal deficit sanitario sono sovradimensionati? C’è qualcosa che non si deve sapere? Altre regioni sono uscite trionfalmente dal tunnel, Zingaretti lo annuncia ogni volta che si trova di fronte ad una telecamera ma c’è sempre qualcuno (Bissoni fino ad ora) che gli tira la giacca e lo invita alla prudenza. Certo, i conti sono migliorati ma il prezzo da pagare è stato altissimo. Oggi la sanità laziale per certi versi è un manicomio, anche a causa dei risparmi forzati e dei tagli. Ora si riassume qualche centinaio di unità, proprio non se ne poteva fare a meno, e si continuano a festeggiare con tagli di nastri nuove strutture. Ma le cose non vanno certo bene. Anzi. Ospedali allo sbando, liste d’attesa incontrollabili, Pronto Soccorso intasati, servizi essenziali all’osso. La crisi di Zingaretti, paradossalmente, nasce da altro, ma sulla sanità finisce per gravare. Il corto circuito con Matteo Renzi, l’ambizione di giocare un ruolo importante nel partito, la scelta di puntare sul candidato Orlando, il caos nel Pd pontino e laziale, via via fino alla decisione di ricandidarsi alla guida della Regione Lazio. Anche gli scricchiolii registrati all’interno del suo cerchio magico non sono rassicuranti. Non ha altra strada per sopravvivere, e non è cosa buona. Bissoni l’ha mollato per scelte non condivise in campo sanitario? Perché glielo ha chiesto Matteo Renzi? Perché non vuole essere coinvolto nel naufragio che (noi non abbiamo elementi per saperlo) magari incombe dietro l’angolo? La scelta del successore di Bissoni è nelle mani del ministro Lorenzin. E questo non è un bene per Zingaretti. I due si sorridono ma non sono veri alleati. Anzi, si contendono il controllo dello stesso territorio. Con armi e poteri diversi. Arriveranno a spartirsi la torta, ad un accordo? E’ possibile, ma intanto si guardano con sospetto. Mossa su mossa, pedina su pedina. Altri ministri della sanità avevano una visione strategica più generale. Per la Lorenzin Roma e il Lazio rappresentano il bacino elettorale personale, lo cura personalmente e piazza sue pedine. Zingaretti può non gradire. Nel frattempo la sanità è gestita (inaugurazioni a parte) dai proconsoli di Zingaretti, un paio di soloni convinti di conoscere il mondo della sanità e di saperlo controllare. Giocano con gli uomini sulla scacchiera e con il potere, premiano e puniscono usando interpretazioni restrittive o generose delle norme e delle strategie di programmazione sanitaria regionale. Qualcuno ha detto che Bissoni era un tappo alla riffa degli interessi, delle amicizie, delle risse da pollaio, delle rivalità. E quel qualcuno magari ha anche ragione. Ora avranno giocop più facile i privati, quelli “buoni”. Della sorte dei “cattivi” di quelli che resistono ai diktat è meglio non parlare. Alessio D’Amato, il dg Panella sono solo degli esecutori o giocano in proprio? Vanno al di là del loro mandato? Fanno veramente gli interessi dei cittadini, degli utenti, degli imprenditori sani della sanità privata accreditata, delle decine di migliaia di persone che sputano sangue nella sanità pubblica? E il ministro Lorenzin dove e con chi andrà a cercare consensi elettorali? Le linee dei due poteri forti della sanità laziale saranno parallele, divergenti o convergenti? Dietro la risposta a questi interrogativi ci sono i possibili sviluppi di diverse situazioni di crisi nella sanità pubblica e privata accreditata romana e laziale.

Giovanni Tagliapietra

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