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Patologie: 150 malattie reumatiche colpiscono oltre il 10% degli abitanti della Regione Lazio

malattiereumatichePiù frequenti del diabete e delle malattie cardiovascolari: sono le 150 malattie reumatiche che colpiscono oltre il 10% degli abitanti della Regione Lazio e sono la seconda causa di invalidità permanente nel nostro paese (e prima causa di dolore e disabilità nel mondo occidentale con il 46-54% dei casi dati OMS).

 

I PDTA per queste patologie sono stati approvati ma mai attivati e dal 2016, data della riorganizzazione della Rete Ospedaliera, i centri e le unità operative hanno visto una continua e inarrestabile emorragia di risorse e personale. Emblematico il caso del CTO di Roma, struttura pioniera nella presa in carico dei pazienti reumatologici che aveva una Unità Operativa Complessa con 5 medici che si è successivamente impoverita sino ad essere declassata ad Unità Operativa Semplice con un unico medico in forze. Per non parlare dell’Ospedale San Camillo, con un enorme bacino di utenza lasciato al medesimo destino. Il che si traduce in un disagio per pazienti  CHE SI TRASFORMANO IN ‘migranti’ e che già penalizzati dalle condizioni fisiche devono effettuare pellegrinaggi in cerca di cure e soprattutto di una diagnosi. Un sistema che funzioni non può essere demandato alla buona volontà dei singoli come avviene all’Ospedale di Viterbodove la centralità della struttura e un costante lavoro sui medici di medicina generale ha permesso di offrire un servizio multisciplinare e organico.

 

Studi farmaco-economici rilevano che un malato affetto da artrite reumatoide può costare al Sistema Sanitario circa 17.000 euro l’anno tra costi diretti, legati alle cure del paziente ed indiretti attribuibili prevalentemente all’assenza dal lavoro del paziente e dei suoi familiari, che lo devono assistere.

 

Malattie croniche e disabilitanti, ad elevato impatto sociale, come l’artrite reumatoide, le spondiloartriti e le connettiviti, con alti costi sociali, sono la Cenerentola del nostro Sistema Sanitario Nazionale che non dà risposte adeguate per queste patologie infiammatorie croniche reumatiche.

 

Queste malattie determinano spesso invalidità e disabilità, eppure l’80% dei malati ha una età compresa tra i 18 e i 65 anni e il 70% di questi è produttivo. Da qui l’importanza di fermare il prima possibile la progressione dei danni e lo sviluppo di disabilità. Numerosi studi hanno mostrato che la diagnosi entro 3-6 mesi dall’esordio dei sintomi è direttamente correlata ad un minore danno articolare, erosione ossea e ad un minor rischio di disabilità: il 10% dei pazienti sviluppa entro due anni una invalidità permanente, così come il 50% dei pazienti reumatici cronici non adeguatamente e tempestivamente trattati. Allo stato manca un coordinamento tra le varie figure sanitarie, l’assistenza è spesso occasionale priva di un progetto integrato.

“Dobbiamo purtroppo riscontrare che nella nuova riorganizzazione della rete ospedaliera nazionale, le strutture dedicate alla reumatologia non solo non sono state potenziate ma addirittura sono state soppresse come avvenuto in Sicilia o depotenziate come nel Lazio” dichiara il professor Vincenzo Bruzzese Past President della Società Italiana di Gastro Reumatologia:

 

Una soluzione per migliorare l’assistenza ai malati con queste patologie così invalidanti viene dalla Tavola Rotonda che si è appena chiusa a Roma nell’ambito del 4° Congresso Nazionale della SIGR, una “Rete reumatologica” sia essa regionale che aziendale delle ASL: un progetto integrato di cura in cui il paziente trovi risposte a tutte le sue esigenze diagnostiche, terapeutiche e riabilitative. Una rete reumatologica, secondo un modello di struttura principale centrale ospedaliera o universitaria (HUB) e centri periferici prevalentemente territoriali (SPOKE), strettamente in collaborazione tra loro, che possa coprire tutte le esigenze sanitarie reumatologiche della popolazione di riferimento.

 

E’ un indignato Giovanni Minisola, ex Presidente della SIR quello che è intervenuto alla tavola rotonda del Congresso SIGR in corso a Roma: “rispetto al 2010 non è cambiato nulla, anzi forse la situazione è peggiorata. I PDTA non hanno mai avuto trovato applicazione, se la reumatologia funziona è solo in realtà demandate alla buona volontà o a tradizioni culturale che mette il paziente al centro dei bisogni, le solite regioni come Veneto ed Emilia Romagna”.

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