C'è sempre una prima volta - Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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C’è sempre una prima volta

italia-fuori-dal-mondiale--da-cosa-ripartire-129390Milano, 13 novembre 2017: l’Italia calcistica esce dalla qualificazione ai mondiali “Russia 2018” dopo ben sessant’anni di continua presenza ai campionati. Un evento storico che ha gettato fango, tristezza, rabbia e vergogna in tutti noi. Milioni di persone (compreso il sottoscritto) hanno assistito per la prima volta ad un momento che mai si sarebbero sognati di conoscere. Cronologicamente parlando, la Nazionale aveva già provato il sapore amaro dell’esclusione ai mondiali: correva l’anno 1958 e, per ironia della sorte, allora come oggi la Svezia protagonista. In quell’anno infatti fu proprio la Nazione della penisola scandinava ad ospitare il più importante campionato calcistico. Dopo sessant’anni la medesima ha fermato il sogno degli Azzurri di partire per la Russia. Certo, sessant’anni sono tanti. E’ un arco di tempo che permette di dimenticare un determinato episodio e trasformare un evento in “tradizione”. Come detto in precedenza, milioni di connazionali non avevano mai conosciuto una debacle così pesante. Il fatto che l’Italia partecipasse ai mondiali (o agli europei) era dato per scontato. Ecco, forse il primo errore è stato proprio questo: intendere come dato di fatto, basandosi solo sulla tradizione temporale, che la maglia azzurra potesse, se pur tra mille difficoltà, essere sempre presente ad appuntamenti così importanti. Per carità, l’orgoglio per la nostra Maglia è alla base di una possibile vittoria; l’Italia è una Nazione che, in campo calcistico, ha dimostrato di valere. Le sue quattro Coppe del Mondo (1934, 1938, 1982 e 2006) più il titolo di Campione d’Europa nel 1968, hanno sicuramente posizionato gli Azzurri tra le Squadre più forti e competitive, ma se la maglia resta, chi la indossa cambia. Oggi noi abbiamo ragazzi strapagati che non sono stati all’altezza delle aspettative del popolo italiano. E forse anche il popolo italiano non merita più quell’Italia vittoriosa. Nella partita meneghina tutti hanno assistito ad un comportamento vergognoso da parte della tifoseria nostrana: i fischi durante l’esecuzione dell’Inno nazionale svedese. A contrapporsi a quei fischi ignobili il gesto di un vero Capitano, Gianluigi Buffon che ha incominciato ad applaudire e scuotere la testa come un forsennato invitando i compagni a dare l’esempio. La partita ha avuto inizio ma subito si è percepito il pessimismo e l’incapacità del C.T. Gian Piero Ventura che non ha mai dimostrato di avere talento per occupare quella panchina. Un gioco disordinato contro una Squadra che, con il dovuto rispetto, non ha mai spaventato nessuno. Giocatori completamente scoordinati a cui, il pessimo arbitraggio del signor Mateu Lahoz (che ha negato due rigori netti in favore degli Azzurri) ha messo il carico da undici. Gli ultimi minuti del match hanno visto la rottura totale di tutti gli schemi, un Ventura completamente nel pallone (è proprio il caso di dirlo) che non ha saputo gestire con logica e professionalità gli undici ragazzi in campo e un Buffon che, spinto dalla forza della disperazione, si è lanciato nella porta avversaria, con la speranza di colpire di testa il pallone, in occasione di due calci d’angolo, e mandarlo in rete. Purtroppo il coraggio del Capitano non è stato premiato. 0-0 è stato il risultato che ha visto dopo sei decenni, la maglia azzurra fuori dai colori del Campionato del Mondo. Ma all’amarezza della sconfitta si è aggiunta la profonda vigliaccheria del C.T. Ventura che, davanti al microfono e alle telecamere Rai ha preferito scappare negli spogliatoi, delegando Gigi Buffon a spiegare il perché e il percome di cotanto fallimento. Un comportamento che ha gettato vergogna nella vergogna, dimissioni non date che sarebbero state il minimo per un perdente del genere. E invece il nulla. Buffon, in lacrime, ha espresso il suo rammarico ripartendo la colpa su un intero sistema che, evidentemente, dovrà essere modificato. Certo, dopo vent’anni di successi, sconfitte, riprese e vittorie non è facile togliersi la maglia e la fascia di Capitano definitivamente per raggiunti limiti di età. Aldilà della propria fede calcistica, Gigi Buffon è stato il Capitano Azzurro di tutti noi e non meritava un finale così disastroso. Le cause sono tante, troppe; quello italiano è un calcio malato che vede troppi soldi e troppi stranieri nelle squadre di Club. I ragazzi italiani non vengono più selezionati o motivati ad andare avanti e i vivai calcistici sono pieni di giovani provenienti da ogni parte del mondo meno che da casa nostra. E’ naturale poi che, in una competizione agonistica che vede la Nazionale scendere in campo, non si sappia chi mettere perché italiani non ce ne sono e quei pochi cominciano ad essere “vecchi” per la concezione della vita che c’è nello Sport. Bisogna ripartire dalle nostre periferie, dai nostri ragazzi e motivarli a crescere con l’amore verso la maglia. Una Nazionale deve poter contare su persone nate e cresciute all’interno del proprio territorio, deve poter disporre di un numero di giocatori veramente giovani (18-20’anni) in grado di competere sia a livello nazionale che internazionale con i loro coetanei stranieri. Ma tutto questo sembra essere incomprensibile a chi vede nel Calcio una vera e propria Banca a cui sottrarre emolumenti da capogiro senza avere una reale professionalità e competenza. Auguriamoci che da questa uscita vergognosa (che avrà ripercussioni anche in campo economico e sociale) si possa ripartire con altre teste, altri spiriti, altro coraggio per riportare il Calcio nostrano ad essere un motivo di orgoglio per tutti noi.

Stefano Boeris

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