Napolitano in Sinagoga per i 70 anni del rastrellamento nel Ghetto - Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Napolitano in Sinagoga per i 70 anni del rastrellamento nel Ghetto

napoinsinaNapolitano in Sinagoga accolto tra gli applausi, il Papa che invia una lettera in cui sottolinea, tra l’altro, che sull’antisemitismo “non si può mai abbassare la guardia”, il presidente della Comunità ebraica di Roma che al Tempio scandisce: “Queste celebrazioni sono state accompagnate dagli echi della morte del torturatore di via Tasso e del complice nella strage delle Fosse Ardeatine. Non vogliamo più pronunciare il suo nome”.

Rito solenne, ieri nella Sinagoga di Roma, in ricordo del 16 ottobre 1943. Dalle 11 e per circa due ore le più alte cariche dello Stato si sono inchinate alla Memoria delle migliaia di vittime del rastrellamento dei nazisti nel Ghetto di Roma, di cui oggi ricorre il 70° anniversario. Uscendo dal Tempio Maggiore poco prima delle 13, Napolitano si è detto convinto che l’iter sul reato di negazionismo approvato in Senato “si chiuderà presto ed è un merito merito del nostro Parlamento”. E ancora il capo dello Stato: “Il significato di questa giornata è talmente evidente anche se non ci fosse il sole, è un significato di grande solidarietà con chi ha sofferto, con chi ha combattuto, con chi si è salvato, con chi è morto. E’ una giornata di grande coesione, civile e istituzionale”.

Il presidente Napolitano è stato atteso alla porta principale dal rabbino capo Di Segni e dai presidenti dell’Ucei e della comunità ebraica romana Gattegna e Pacifici, assieme ai presidenti di Camera e Senato Boldrini e Grasso. L’ingresso al Tempio del capo del Stato è stato accompagnato dagli applausi. Tra i primissimi a essere salutati da Napolitano, Lello Di Segni e Enzo Camerino, due degli ultimi sopravvissuti alle deportazioni romane nell’ottobre del ’43, che lunedì sono anche stati ricevuti da Enrico Letta. “Non vogliamo più pronunciare il nome del torturatore di via Tasso e del complice nella strage delle Fosse Ardeatine” ha detto Pacifici, presidente degli ebrei romani. “Il fatto positivo – ha aggiunto – è che questa vicenda ha aperto un positivo dibattito che ci ha permesso di vedere il volto più bello dell’ Italia. Un paese unito, dalle forze dell’ordine a quelle civili, istituzionali e religiose, dal questore al sindaco coraggioso di Albano, tutti in prima linea in questa battaglia di civiltà”.

Nel corso della cerimonia è stata resa nota anche una lettera di papa Francesco:  “L’odierna commemorazione – scrive – potrebbe essere definita come una memoria futura. Un appello alle nuove generazioni a non appiattire la propria esistenza, a non lasciarsi trascinare da ideologie, a non giustificare mai il male che incontriamo, a non abbassare la guardia contro l’antisemitismo e contro il razzismo qualunque sia la loro provenienza”.

Furono 1.259 le persone rastrellate dai soldati tedeschi della Gestapo tra le 5,30 e le 14 di sabato 16 ottobre 1943 tra il Portico d’Ottavia e le strade adiacenti. Sei giorni dopo il rastrellamento, da Roma partirono nei vagoni piombati 1.024 ebrei alla volta di Auschwitz: solo 16 sopravvissero.

“La città di Roma si inginocchia davanti a voi e vi ringrazia” ha scandito il sindaco di Roma Ignazio Marino alla comunità ebraica. E poi, rivolto a Lello Di Segni e Enzo Camerino, “l’indifferenza colpevole di quei giorni è un’altra ferita  inferta alla comunità ebraica”. La cerimonia in Sinagoga è stato solo il primo di una giornata densa di altri appuntamenti della Memoria

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