Scontri operai di Terni, Alfano solidale con tutti ma tra i dipendenti dell'Ast rabbia e indignazione | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Scontri operai di Terni, Alfano solidale con tutti ma tra i dipendenti dell’Ast rabbia e indignazione

Esprime solidarietà ai poliziotti e ai lavoratori feriti, assicura che l’idea di «manganellare gli operai è lontana anni luce dal governo» e che manifestare, «anche in modo aspro, è sacro», invita la politica a «non cavalcare le tensioni» per evitare che una scintilla «inneschi pericolose derive»: ma il ministro dell’Interno Angelino Alfano, in Parlamento a nome del governo, non chiede scusa per le manganellate di ieri ai lavoratori dell’Ast di Terni. E non individua sbavature nella gestione dell’ordine pubblico da parte delle forze di polizia nè smentisce la versione della questura di Roma, contestata dai sindacati, secondo la quale i manifestanti volevano dirigersi verso la stazione Termini: «era una voce raccolta in piazza dai funzionari di polizia». Una posizione che il ministro ha evidentemente condiviso con il resto dell’esecutivo e che serve da un lato ad abbassare i toni, come chiesto in primis dal Pd, e a stemperare gli animi della piazza. E dall’altro a far sentire la vicinanza del governo alle forze di polizia, che in un momento di forti tensioni si ritrovano sempre in prima linea. Perchè, e di questo sono consapevoli sia il governo sia i sindacati, non c’è solo la Ast di Terni: le vertenze industriali da affrontare sono tante e difficili. I prossimi saranno dunque mesi complessi e il lavoro è un tema sociale esplosivo, troppo importante e troppo serio per ridurlo ad una questione di ordine pubblico, con le conseguenti strumentalizzazioni. Matteo Renzi lo ha detto chiaramente ai leader sindacali nell’incontro di questa mattina a palazzo Chigi, prima ancora che Alfano riferisse al Parlamento: le vertenze «vanno separate dal confronto politico»: su questo «non consentirò strumentalizzazioni». Ai rappresentanti degli operai il premier ha anche garantito che «faremo le verifiche» su quel che è accaduto «e poi gli atti saranno conseguenti». Dunque la possibilità che qualche testa salti, magari tra qualche giorno quando le acque si saranno calmate, non è del tutto da escludere. Ecco perchè i leader sindacali, pur mantenendo toni accesi, non sono andati oltre la richiesta che simili episodi non si ripetano mai più. «Non chiediamo le dimissioni di nessuno» ha detto non a caso il segretario della Cgil Susanna Camusso che ha definito gli scontri di ieri un «segnale pericoloso di una situazione economica e sociale molto difficile». Ma, ha aggiunto, «Renzi abbassi i manganelli e chieda scusa». Anche il leader della Fiom Maurizio Landini, che ieri era in prima fila alla manifestazione, ha preferito sottolineare la solidarietà espressa da Alfano agli operai piuttosto che evidenziare la mancanza di scuse: «ai poliziotti doveva darla per forza, la novità è che l’abbia espressa anche agli operai». L’importante è che «la pagina negativa vista ieri non si ripeta più», ribadisce guardando già alle 8 ore di sciopero generale indette dal sindacato, con due grandi manifestazioni a Milano e Napoli il 14 e il 21 novembre. Le dimissioni le chiedono invece M5s e Sel che hanno presentato una mozione alla Camera: «le disposizioni impartite da Alfano risultano, evidentemente e fin dall’inizio del suo mandato, aver inaugurato un nuovo corso per le forze dell’ordine, utilizzate per picchiare i lavoratori». Il ministro va però dritto per la sua strada e nella ricostruzione in Parlamento sostiene che, in considerazione della presenza di altre 5 manifestazioni tutte sul tema del lavoro, c’era la necessità di una «doverosa regolamentazione» dei cortei, per evitare «criticità» attorno ai ministeri dello Sviluppo economico e del lavoro. Ecco perchè la richiesta degli operai di raggiungere il Mise «non è stata immediatamente accolta». Tra l’altro, ribadisce, i funzionari in piazza avevano raccolto la voce che gli operai volessero andare a Termini. Versione che Landini smentisce di nuovo: «lo testimoniano i video, tutti in piazza sapevano che volevamo andare al Mise perchè c’era incontro tra azienda e Governo». Alfano è consapevole però che qualcosa non ha funzionato ed è per questo che ha avanzato una proposta che, nell’ottica del Viminale, dovrebbe evitare il ripetersi di questi episodi: l’istituzione di un «tavolo permanente» con i sindacati al ministero per gestire al meglio le manifestazioni. Dobbiamo «affrontare, secondo un metodo di condivisione, le modalità di governance di quelle manifestazioni che possono risultare più impegnative anche per l’ordine pubblico». Un metodo, conclude, che è «un rafforzamento ulteriore di una modalità che può e deve funzionare sempre più e sempre meglio, quella di un coordinamento con le organizzazioni». Rabbia e condanna: il giorno dopo gli scontri di Roma tra operai dell’Ast e polizia, sono queste le due parole che sintetizzano meglio lo stato d’animo di una città intera, quella di Terni, che improvvisamente si ritrova alla ribalta della cronaca nazionale. Dai lavoratori rimasti feriti ieri pomeriggio, ai loro colleghi impegnati da giorni, senza pause, in scioperi e presidi, fino ai semplici cittadini, tutti sono convinti di una cosa: «Solo con il sangue e le botte si è capito quanto sia difficile e importante questa vertenza». Tra chi ieri sera è tornato a casa dalla capitale con punti di sutura o fasciature, c’è Yuri Cricco, delegato Fiom. «Ho preso almeno cinque o sei manganellate – racconta da un telefono di emergenza, visto che il suo è andato in frantumi durante gli scontri – ora ho un tutore al braccio destro e 35 giorni di prognosi. Dovrò fare altri controlli per vedere se sono lesionati tendini e legamenti di spalla e braccio. Urlavo ai poliziotti che c’erano i segretari nazionali in prima fila, ma loro, quando abbiamo provato a dirigerci verso il Mise, ci hanno circondati. Pensavamo indietreggiassero e invece è partita la carica. Non finirà qui, li denunceremo». «Le immagini lo dimostrano – dice Piero, un lavoratore che ieri era a Roma ed oggi è impegnato nel presidio davanti al Comune, »occupato« ormai da oltre una settimana – hanno colpito quelli che portavano lo striscione. La giustificazione della polizia secondo la quale noi manifestanti volevamo andare ad occupare la stazione Termini è inesistente, non è assolutamente vero. Peccato che anche dopo tutto questo clamore le cose sembrano essere cambiate poco, se non niente». «Siamo nella situazione del 17 luglio – aggiunge pessimista Roberto Frezza, un altro operaio – dal 7 ottobre abbiamo lavorato solo quattro o cinque giorni e intanto ancora non abbiamo preso lo stipendio di ottobre». Le ultime mosse di Governo (che nel frattempo ha riconvocato le parti per giovedì prossimo) e azienda non sembrano insomma rincuorare i lavoratori, che anche oggi, davanti alla fabbrica, in viale Brin, sono tornati a bloccare il traffico ad intermittenza. Anche tra i cittadini c’è scetticismo. «La situazione è bruttissima, c’è sofferenza – commentano Benedetta e Mirella, mamma e figlia a spasso con il passeggino – tutti noi abbiamo avuto o abbiamo un parente all’acciaieria. E ieri i poliziotti non dovevano fare quello che hanno fatto. Non ce lo meritiamo». Considerazioni simili, quelle di Michele C. e Laura C., due giovani ternani. «Non è mai accettabile usare la forza – spiegano – soprattutto quando protestano degli operai in modo pacifico. Quello che è successo è grave, ma non dobbiamo prendercela con i poliziotti, quanto con chi li comanda. Detto questo, speriamo che la vertenza sia chiuda positivamente, altrimenti si uccide un intero territorio». Dice la sua anche il Silp, il sindacato dei poliziotti della Cgil, che definisce «legittima» la protesta ed esprime «amarezza» per quanto successo ieri a Roma.

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