Ulderico Pesce e Ferdinando Imposimato mettono in scena Aldo Moro | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Ulderico Pesce in “Moro: i 55 giorni che cambiarono l’Italia”

aldo_moro_rapimentoE’ in scena dal 2 al 14 dicembre presso il Teatro “Lo Spazio” a Roma in via Locri 42/44 una rappresentazione scritta da Ulderico Pesce e dal giudice Ferdinando Imposimato dal titolo “Moro: i 55 giorni che cambiarono l’Italia”. Lo spettacolo ripercorre quel tremendo periodo in cui lo statista venne rapito dalle Brigate Rosse ed i ragazzi della scorta uccisi dalle stesse in via Fani la mattina del 16 marzo 1978. La rappresentazione pone l’accento su una frase molto particolare che fa riflettere lo spettatore su quelli che furono i responsabili morali della tragedia: “Non l’hanno ucciso le Brigate Rosse, Moro e i ragazzi della scorta furono uccisi dallo Stato” L’espressione è basata sulle indagini che vennero eseguite dal Giudice Imposimato, titolare all’epoca, dei primi processi sul caso Moro. Un’altra particolarità dello spettacolo, sta nel titolo. La m di Moro è volutamente scritta in minuscolo come a significare un destino segnato nel nome del politico assassinato, un destino in cui la “morte” era per così dire scritta nel suo cognome. Lo stesso Aldo Moro sentiva che la sua Morte sarebbe stata necessaria per altri uomini di potere e lo scrisse in una delle sue lettere che vengono rievocate nella rappresentazione teatrale: “Il mio sangue ricadrà su di voi, sul partito, sul Paese. Chiedo che ai miei funerali non partecipino né Autorità dello Stato, né uomini di partito. Chiedo di essere seguito dai pochi che mi hanno voluto veramente bene e sono degni di accompagnarmi con la loro preghiera e con il loro amore”. Il giudice Ferdinando Imposimato, attraverso un video, interagisce con il protagonista, Ulderico Pesce, e racconta verità scomode, rimaste nell’ombra per trentasei anni. Nel racconto scenico si parte proprio dall’agguato di via Fani in cui i ragazzi della scorta furono barbaramente uccisi: Francesco Zizzi, Domenico Ricci, Giulio Rivera, Oreste Leonardi e Raffaele Iozzino. Quest’ultimo prima di morire riuscì a sparare due colpi di pistola. Ciro, il fratello di Raffaele, interpretato da Ulderico Pesce, gli aveva regalato un orologio da polso per la Cresima e proprio l’immagine del lenzuolo bianco che ricopre il corpo di Iozzino, da cui spunta il braccio con l’orologio è l’emblema che più volte appare nelle proiezioni e la fonte di dolore, che poi si trasforma in rabbia, del protagonista. Ed è questo sentimento a spingere Ciro Iozzino ad intercettare il giudice Imposimato per andare alla ricerca della verità e della giustizia. Altro punto fondamentale dello spettacolo è l’amicizia che nasce tra Ciro ed Adriana, sorella di Francesco Zizzi, altro membro della scorta di Moro. Francesco Zizzi aveva sostituito il “titolare” della scorta che “stranamente” era stato mandato in ferie la sera precedente. Questa ed altre stranezze emergono nello spettacolo portando a momenti di riflessione su come andarono realmente i fatti. Un’anomalia in particolare che viene “denunciata” è quella legata all’assegnazione delle indagini che di norma si sarebbero dovute affidare al Giudice Istruttore che all’epoca era proprio Imposimato. Le indagini invece vennero date al giudice solo il 18 maggio del 1978, a nove giorni cioè dalla morte di Aldo Moro. Fino a quel momento rimasero nelle mani della Procura della Repubblica di Roma. Insomma una rappresentazione di 60 minuti che si propone di far luce ancora una volta su tutti quei punti oscuri che hanno accompagnato il caso Moro dal ’78 ai giorni nostri. Stefano Boeris

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