Immigrazione, lettera aperta dei 70 eritrei di Ponte Mammolo | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Immigrazione, lettera aperta dei 70 eritrei di Ponte Mammolo

In una lettera aperta rivolta al sindaco, al prefetto e all’assessore alle politiche sociali e abitative di Roma Capitale, i 70 rifugiati eritrei della Comunità della Pace di Ponte Mammolo a Roma, una baraccopoli sgomberata e abbattuta lo scorso 11 maggio, che da più di un mese vivono nel parcheggio antistante, chiedono un alloggio e la soluzione per il rinnovo del loro permesso di soggiorno. «L’11 maggio 2015, a noi residenti in via delle Messi D’Oro, Roma, – scrivono nella lettera – è capitata una cosa del tutto inaudita ed assurda: il Comune di Roma, con l’appoggio della Prefettura, ha demolito senza alcun preavviso le case che avevamo costruito con le nostre mani con tanto sacrificio, fatica e sudore. Totalmente abbandonati a noi stessi dallo Stato Italiano ci siamo autorganizzati con la speranza che questa soluzione precaria fosse soltanto transitoria e favorisse la nostra reale inclusione socio-economica ed abitativa». «Costretti a spostarci nel parcheggio antistante, le istituzioni – proseguono nella missiva – ci hanno negato qualsiasi forma di aiuto, compreso quello per il soddisfacimento dei bisogni primari; hanno rifiutato persino di fornirci i bagni chimici! Il sostegno è arrivato solo dal quartiere, da privati cittadini, da associazioni e centri sociali». «Umilmente chiediamo al Comune di Roma e al Governo italiano – concludono – un trattamento umano e una soluzione abitativa autonoma» e «la soluzione dei problemi legati al rinnovo dei nostri permessi di soggiorno».«Vorrei tranquillizzare i romani e le romane perchè stiamo governando la situazione grazie ai protocolli d’intesa firmati con le Asl Rma e Rmb, con le associazioni di volontariato e con Medici senza frontiere: la scabbia è un problema che ha chi dorme all’aperto ma la situazione è sotto controllo». Lo ha detto a SkyTg24 l’assessore capitolino alle Politiche Sanitarie Francesca Danese parlando della questione sanitaria delle persone che si trovano alla stazione di Roma Tiburtina.

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