Aiop Lazio: "Venti case di cura a rischio la Regione batta un colpo" | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Aiop Lazio: “Venti case di cura a rischio la Regione batta un colpo”

«Sono a rischio chiusura 20 case di cura nel Lazio. La Regione batta un colpo. Non permetta che i pazienti acuti non abbiano la giusta assistenza e non abbandoni i dipendenti che sarebbero licenziati». È il grido d’allarme lanciato da Jessica Veronica Faroni, presidente Aiop Lazio, associazione maggiormente rappresentativa della sanità privata. «Venti case di cura nel Lazio – spiega – rischiano la chiusura a causa di un provvedimento nazionale che prevede lo stop dell’attività delle cliniche per acuti sotto i 40 letti, ma da cui il Lazio deve essere stralciato in quanto queste strutture hanno già subito nel 2009 una riconversione da parte della Regione che ne ha definito le dimensioni e la specificità di strutture monospecialistiche». Queste cliniche «sono fondamentali anche per far fronte all’annosa questione dell’intasamento dei pronto soccorso, che conosciamo bene. L’Aiop ha dato tutta la sua disponibilità per supportare il settore pubblico in questo aspetto, ma siamo ancora in attesa che un accordo concreto venga formalizzato ​con la Regione Lazio», afferma Faroni. – Ma quali sono i numeri di queste strutture? «Stiamo parlando di circa 600 posti letto che andrebbero a mancare, con altrettanti pazienti mandati a casa – sottolinea la numero uno dell’Aiop del Lazio – Da un punto di vista assistenziale, soprattutto in alcune zone, come a Frosinone e a Viterbo, la chiusura interesserebbe tutte le strutture presenti sul territorio, demandando in questo modo ai soli ospedali, già in sofferenza, con i pronto soccorso congestionati, l’assistenza di pazienti, per lo più anziani, causando così disagi a cascata sui cittadini». Quanto al personale, «ciò significherebbe circa 1.200 persone senza stipendio. Se non si affrontano subito i problemi che abbiamo davanti, stavolta la crisi rischia di essere irreversibile. Cosa vuole fare veramente la Regione?», chiede Faroni.

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