Le amnesie della Giunta Raggi. Quanto potrà tenere nel cassetto la questione Rom? - Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Le amnesie della Giunta Raggi. Quanto potrà tenere nel cassetto la questione Rom?

A mettere sull’allarme i romani è stata l’Associazione 21 luglio, che già nel 2014 aveva svelato come il “sistema campi” fosse tra gli affari al centro delle attività criminali di Mafia Capitale

raggi_romUn interrogativo dopo l’altro. E la preoccupazione di non capire quello che la Giunta Cinquestelle si propone di fare per Roma cresce. Prendiamo il “piano Rom”. Quanto delicata ed esplosiva possa essere e diventare una cattiva gestione di questo problema, irrisolto da alcuni decenni, è noto. Da una parte c’è la richiesta dell’Unione Europea di portare avanti l’integrazione di questa comunità e di avviare un programma che porti alla chiusura dei villaggi-ghetto. Una linea che, in campagna elettorale, i Cinquestelle avevano proclamato di voler portare a compimento, come peraltro indicato anche da Beppe Grillo nel suo blog. Ora però ci sia avvia alla fine dei primi sei mesi dalla trionfale elezione di Virginia Raggi e che cosa si scopre? Che di idee per risolvere per la questione rom i grillini capitolini sembrano averne ben poche. E che quelle poche che si sono viste finora non si inserirebbero affatto nella linea del rinnovamento atteso da anni ma piuttosto in quello della continuità con l’operato delle giunte passate.
A mettere sull’allarme i romani che, nel disinteresse generale favorito anche dalla campagna referendaria di queste ultime settimane ancora si preoccupano per quello che appare sempre più il naufragio annunciato della Giunta grillina, è stata in questi giorni l’Associazione 21 luglio, che già nel 2014 aveva svelato come il “sistema campi” fosse tra gli affari al centro delle attività criminali di Mafia Capitale. Con la nuova amministrazione – ha detto il presidente Carlo Stasolla – si sta riattivando un flusso economico di 12 milioni di euro, di cui 4,4 milioni di fondi europei dedicati con una delibera del 28 ottobre 2015 alla messa in atto delle strategie di inclusione e ancora da utilizzare, per la gestione dei campi rom” senza che sia chiaro in quale strategia questo impegno finanziario va a collocarsi. I motivi per allarmarsi ci sono tutti. “Si sta riformando l’humus nel quale è cresciuto il sistema campi di Mafia Capitale” avverte Stasolla.
Nel disastrato bilancio di Roma Capitale dodici milioni sono soltanto una goccia, una spesa sicuramente giustificabile se portasse all’obiettivo chiusura campi. In questo caso sembra invece che si sia davanti ad iniziative che vanno nella direzione opposta a quella che ci si aspettava. I campi rom dovrebbero essere in via di superamento, o almeno ci dovrebbe essere un progetto in tal senso, come auspica anche l’assessore alle politiche sociali, Laura Baldassarre, forte del fatto che nello scorso luglio le “Linee programmatiche 2016-2020 per il Governo di Roma Capitale” contenevano questo specifico impegno. Frutto del resto delle promesse della Raggi in campagna elettorale, e come figura nero su bianco nel programma di governo del M5S per Roma Capitale, laddove recita: “Superamento e chiusura graduale dei campi Rom in linea con la Strategia Nazionale ed europea e senza ulteriore aggravio per il bilancio comunale”.
Il “flusso economico di 12 milioni di euro” di cui parla Stasolla potrebbe essere, a giudizio dei tecnici, una buona base di partenza per aggredire il problema campi. Se questo fosse l’obiettivo ci potrebbe stare anche il bando dell’8 luglio scorso del dipartimento della Politiche Sociali “per il reperimento di un’area attrezzata” per i rom, costo 1.549.484 euro. E magari anche la procedura a evidenza pubblica, adottata il 20 settembre, per la gestione di sei baraccopoli istituzionali, i cosiddetti “villaggi” (costo: oltre sei milioni di euro). Però, secondo Stasolla, le nuove spese non rientrerebbero nella strategia per giungere alla chiusura dei campi. E questo, spiega, “dal momento che sono già stanziati per attività legate alla gestione del campo e non a programmi di integrazione dei rom”; le stesse svolte negli insediamenti fino al 2014, con un accento particolare sulla sicurezza e sui pass per entrare e uscire, misure dichiarate incostituzionali dal Tar nel 2009.
Il presidente della “21 luglio” sottolinea altri elementi. Il fatto, per esempio, che dopo anni di assenza al tavolo per l’inclusione promosso dal dipartimento delle Politiche sociali, “sono riapparsi alcuni sedicenti rappresentanti rom, autoproclamatisi tali o nominati nella passata amministrazione a guida Alemanno, al fine di ridurre a mera formalità l’effettiva partecipazione dei rom alle decisioni che influiscono sul loro futuro”. O, ancora, i bandi milionari “nei quali le voci di spesa destinate all’inclusione sono minime e non è possibile rintracciare indicatori concreti in linea con il dichiarato obiettivo di superare le baraccopoli”. E constata che “come mosche sul miele alcune organizzazioni che fino al 2014 operavano attorno alla fiorente economia del sociale che si muoveva attorno ai campi, alcune delle quali hanno visto i loro presidenti indagati o arrestati, potranno rientrare dalla finestra dopo che le vicende successiva a mafia Capitale e avevano fatte uscire dalla porta”.
Avremmo insomma cambiato tutto per non cambiare niente? Inutile l’inchiesta su Mafia Capitale? Inutile il voto, di protesta e di speranza, del 19 giugno? Siamo qui a ripeterlo per l’ennesima volta: i Cinquestelle, che sono portatori delle speranze di una città che è anche la Capitale d’Italia, cerchino finalmente di mettersi in sintonia con i cittadini. Basta lotte interne, quali che ne siano i motivi. Riprendano la lista delle promesse fatte e, dopo aver visto quello che c’è in cassa, dicano ai cittadini quello che è possibile fatte e quello che va rinviato a tempi migliori. I cittadini-elettori vogliono guardare in faccia i loro rappresentanti, vogliono poter credere in loro. Se questo rapporto non c’è, o non c’è più, il distacco è inevitabile. Non vorremmo essere troppo pessimisti, ma è proprio questo il corto-circuito che rischia di provocare il black-out.

Carlo Rebecchi

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