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MAGLIANA/Giallo sulla morte di un giovane gay. Si indaga per omicidio volontario

Gli inquirenti ipotizzano che il giovane sia stato ucciso con un punteruolo in un altro luogo e solo dopo il decesso sia stato trasportato in via Pescaglia. In corso gli interrogatori anche per chiarire la relazione tra Fulli e il suicida vittima di omofobia della Pantanella.

fadrOmicidio volontario. E’ questo il reato ipotizzato dalla procura di Roma nell’inchiesta sulla morte di Daniele Fulli, il 28enne scomparso il 4 gennaio scorso e trovato privo di vita martedì sera nei pressi di via Pescaglia. Per gli inquirenti, coordinati dal procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani e dal sostituto Caterina Sgrò, infatti, si tratta di delitto. Il sospetto di chi indaga è che l’omicidio però sia avvenuto in un luogo diverso da quello del ritrovamento del cadavere. Intanto la polizia sta ascoltando parenti ed amici di Fulli, che in passato sembra aver avuto una relazione con Simone, il giovane che si suicidò il 29 ottobre scorso alla Pantanella perché vittima di omofobia.  Si indaga anche sull’arma del delitto. Sul corpo di Daniele infatti le prime analisi hanno riscontrato due ferite sospette. Potrebbe non esser stata però un’arma da fuoco ad ucciderlo. Secondo gli inquirenti il ragazzo, che lavorava come parrucchiere, potrebbe essere stato ferito da un’arma bianca, probabilmente un punteruolo o comunque un oggetto appuntito. Soltanto successivi esami e verifiche renderanno il dato certo. Al momento chi indaga ha delegato una serie di controlli strumentali, radiografie e tac, per stabilire l’origine dei fori trovati sul collo ed all’altezza dell’inguine. Anche il luogo del ritrovamento del corpo, quella maledetta Via Pescaglia in cui nel 2007 fu scoperto uno scheletro ricomposto con le ossa di cinque persone, non convince gli investigatori che ritengono che Fulli sia stato portato lì dopo il decesso. “Considero a questo punto che il movente omofobo prenda corpo o comunque sia uno degli elementi rilevanti del caso di Daniele” afferma Fabrizio Marrazzo, portavoce dell’associazione romana Gay Center, in cui anche Fulli avrebbe fatto il volontario, e che domani affiggerà nella Gay Street di via di San Giovanni in Laterano, uno striscione “Ciao Daniele, Vogliamo la verità. I tuoi amici”, dove chiunque potrà portare un fiore o una lettera. “E’ il nostro primo e immediato modo di ricordare tutti insieme Daniele – dice Fabrizio Marrazzo – e chiedere che sul suo caso si faccia estrema chiarezza affinché la sua morte non rimanga senza verità e giustizia. Confidiamo nel lavoro di chi sta conducendo le indagini, supportate in queste ore anche l’Oscad, osservatorio di polizia e carabinieri contro le discriminazioni istituito nel 2010. Siamo vicini alla famiglia di Daniele e a tutti coloro che gli volevano bene, noi eravamo tra quelli”. “La dinamica del delitto di Fulli – ha aggiunto Marrazzo – risulta simile a quella degli altri 35 omicidi rimasti insoluti tra gli anni ’90 e i primi anni 2000”. Per il portavoce dell’associazione, il ritrovamento del corpo di Daniele Fulli ricorda quello di Paolo Seganti, ucciso l’11 luglio 2005, trovato nel parco delle Valli a Roma la mattina dopo. “Il suo cadavere – racconta – è stato oggetto di una ferocia inaudita come, mi sembra, sia accaduto adesso a Daniele”. In Marrazzo si rafforza la convinzione che il giovane parrucchiere sia stato sequestrato 24 ore prima di essere assassinato. Il ragazzo, secondo quanto si legge sul ‘gruppo’ aperto su un noto social network era nato a Roma il 21 ottobre 1985. Biondo, occhi azzurri, alto 1,70 cm circa, di costituzione robusta e del peso circa 90 chili, portava un orecchino al lobo sinistro. L’ultima volta che è stato visto, si legge sul web, portava un pantalone nero, maglione scuro, un piumino marrone, e aveva una borsa a tracolla grigia. L’ultimo avvistamento risale a sabato 4 gennaio alle ore 22 in zona Magliana. Un’amica ha spiegato: “Forse è stato un incontro sbagliato. Daniele era un ragazzo semplice, buono”.

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