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CEM/Tre mesi di proroga ma il futuro è un buco nero

cemIn extremis è arrivata per i lavoratori precari del Cem (Centro di educazione motoria) di Via Ramazzini una soluzione temporanea per scongiurare la perdita del posto di lavoro causata dalla scadenza della proroga del contratto avvenuta il 31 gennaio scorso. Nei giorni scorsi, infatti, è stata firmata una convenzione di gestione dell’assistenza tra il Presidente del comitato provinciale Cri Flavio Ronzi, sceso in campo in difesa del Cem, e l’ex Direttore generale dell’azienda sanitaria Alessandro Cipolla. Una soluzione-cuscinetto che tampona la situazione solo fino al 31 marzo. Dopo di che sarà di nuovo in bilico la prosecuzione del servizio di assistenza al Cem e il futuro dei 78 lavoratori a tempo determinato, in attesa di stabilizzazione e dei 36 a tempo indeterminato in attesa di nuova collocazione. «I precari sono tutti nelle liste di stabilizzazione – ha detto Flavio Ronzi – sono persone che dovevano essere soggette al meccanismo di stabilizzazione, che non fu mai approvato dai ministeri vigilanti per cui molti di loro hanno iniziato un percorso giudiziario nei confronti della Cri e molti l’hanno vinto. Su 1400 figure in tutta Italia, nell’ultimo anno l’hanno ottenuta in 100, di cui solo 7 del Cem». La maggior parte dei precari del Centro non ha neanche il primo grado di giudizio. «Quindi – ha continuato Ronzi – l’idea di una possibile stabilizzazione entro dicembre 2014 è una speranza o un’eresia. E proprio questo complica le cose perché, se fossero stati tutti stabilizzati, probabilmente il percorso di assorbimento da parte della Regione sarebbe stato più semplice. E ripeto probabilmente». Ma a questo punto si ragiona in termini di soluzioni, perché il tempo è tiranno. Due sono le opzioni più plausibili: 1. La Regione risolve le questioni con i ministeri vigilanti e il Tavolo Massicci per il Piano di rientro economico per cui viene autorizzata a portare avanti il protocollo d’intesa che aveva sottoscritto, che prevedeva l’assorbimento di tutto il personale precario e a tempo indeterminato; 2. La Regione riavvia un percorso di accreditamento di una struttura privata come la Cri provinciale che inquadra i lavoratori con un nuovo contratto nazionale di tipo privato per garantire la prosecuzione del lavoro. «E questa è una delle ragioni del contendere – ha detto Ronzi – sicuramente la soluzione migliore sarebbe che la Regione riuscisse a fare l’assorbimento. Certo è che rendere strutturali i costi di 114 dipendenti e un servizio di assistenza così complesso significa un impegno in termini di bilancio diverso rispetto all’accreditare un singolo soggetto. Questo perché, anche a parità di spese, un conto è la spesa corrente, diversa è la spesa strutturale. Un conto è che danno a me 4 milioni l’anno per gestire il servizio, cosa che però non ci hanno mai riconosciuto ed è stato il motivo per cui l’accreditamento si è perso e quindi c’è sempre il nodo che io non accetterò mai un accreditamento che prevede una riduzione dei livelli d’assistenza. Motivo per cui non sono certo che questo percorso si riesca a chiudere nel migliore e nel più veloce dei modi. Altro conto è che la Regione viene autorizzata dai ministeri vigilanti che stanno ovviamente sotto piano di rientro, e riesce a fare propri dei costi strutturali di personale che si aggirano sui 4 milioni di euro». Ma ancora sono tanti gli interrogativi che restano sul tappeto. Intanto, una cosa è certa. La Cri lascia una finestra aperta e sarà disponibile a garantire l’assistenza a queste persone all’interno di un accreditamento solo se si rispettano gli standard dell’assistenza, il che significa che non accetta la riduzione degli operatori, da 70 che attualmente gestiscono i ragazzi a una media di 28 operatori totali, come era stato richiesto precedentemente dalla Regione. Il Cem infatti accoglie 69 ragazzi con gravi problemi di disabilità psico-motoria, che necessitano di almeno tre operatori contemporaneamente in turno per assicurare la possibilità di girarli ogni tre ore ed evitare così che si formino le piaghe da decubito. Per cui quando si parla del Cem in termini di bilancio bisognerebbe avere anche la sensibilità di considerare questi ragazzi come persone che hanno bisogno di cure, non semplicemente come numeri di protocollo. Alessandra De Gaetano

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