Quel “marziano” se ne deve andare - Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
Direttore responsabile Giovanni Tagliapietra

Quel “marziano” se ne deve andare

La rissa tra premier e sindaco non può non avere strascichi pesanti. La situazione del Campidoglio è imbarazzante, la città è impresentabile all’estero. Intanto ci sono un commissariamento di fatto e un umiliante piano di rientro

renzi_marino_defaultOra che il “SalvaRoma” è cosa fatta, e il temuto “default” è per il momento scongiurato, i cittadini romani possono divertirsi a trovare una soluzione a quello che è sicuramente un “mistero”. Possono cioè cercare di capire  se il sindaco di Roma, Ignazio Marino, “è, o ci fa”. Se cioè è un esponente della cosiddetta società civile, cioè non un politico di professione, capitato alla guida del Campidoglio per strane coincidenze astrali, cioè un “marziano”, e quindi non capace di governare la Capitale; oppure se il suo modo (insoddisfacente) di gestire la città (nessun grande progetto realmente innovativo, almeno finora, né per la gestione cittadina né per fare della città una “capitale europea”) sia dovuto alla assoluta mancanza di idee su come si governa una grande città.

La protervia – i suoi fidi in Campidoglio la definiscono sicurezza – con cui il Sindaco ha lanciato la sfida al presidente del consiglio Matteo Renzi (“o il SalvaRoma o vengano i forconi”; “io blocco la città”) ha stupito l’Italia intera, e non soltanto l’Italia leghista. La stragrande maggioranza dei romani, si può esserne certi, si è sicuramente sentita a disagio nel sentire il suo sindaco, che in otto mesi non ha fatto alcunché se non altro per ridurre i disastri e gli sprechi di un’amministrazione capitolina da quarto mondo, “intimare” al capo del governo nazionale un intervento che, se attuato, dovrebbe essere esteso per coerenza a tante altre città con costi insostenibili per lo Stato. Perché una cosa è certa: lo Stato deve tener conto dei maggiori oneri di Roma in quanto Capitale; ma questo non autorizza la Capitale ad una gestione fatta, come detto, di spreghi e corruzione.

L’invito di Renzi a Marino di smetterla con i “piagnistei”, e la conseguente decisione di condizionare l’aiuto alla Città ad un piano di risanamento da sottoporre periodicamente al ministero dell’economia e delle finanze, sembrerebbe mostrare che, secondo l’ex sindaco “rottamatore”, Marino “è, e nello stesso tempo, ci fa”. E questo significherebbe, per Palazzo Chigi, che il pur bravissimo  chirurgo con tanto di prestigioso incarico negli Stati Uniti è probabilmente diventato sindaco di Roma “per caso” (il “marziano”, appunto) e, anche per questo, non ha alcuna idea su come si governi una città. Cosa che invece Renzi sa fare.

L’inadeguatezza del sindaco-ciclista pone ovviamente dei problemi non soltanto ai romani ma anche al governo nazionale. Renzi, che è diventato premier per far uscire l’Italia dalla “palude” nella quale si dibatte da decenni, non può presentarsi in Europa, e all’estero in generale, in una città come è oggi la capitale: una città sporca, con le strade piene di buche, vie e piazze che dovrebbero essere le più belle del mondo affollate di venditori ambulanti che impongono la “legge dei peggiori” alle stesse istituzioni, con una rete di trasporti inaccettabile persino per paesi in via di sviluppo, con un’amministrazione pletorica che funziona male e riempie le pagine dei giornali di scandali causa corruzione.

D’altra parte, il rampante presidente del consiglio venuto da Firenze non poteva neppure permettersi di accogliere i suoi interlocutori stranieri in una città vittima di un default, cioè fallita. Logica, quindi la scelta fatta. A Renzi, però, si deve chiedere di più: per rispetto ai cittadini romani che pagano le tasse, e sono tra i più tartassati del Paese, si deve chiedere a Marino, anzi lo si deve costringere, a un piano di rientro dalla catastrofe finanziaria nella quale l’hanno fatta precipitare i sindaci degli ultimi trent’anni (tutti di sinistra, con la sola eccezione di Gianni Alemanno) verificato mese per mese, voce per voce. E in maniera inflessibile.

Ora Marino dice di essere “contento” del fatto che il governo gli chiede una migliore gestione. Ma, è la domanda, perché non ha preso alcuna iniziativa in proposito? Perché si è limitato alla peraltro contestatissima pedonalizzazione dei Fori, invece di affrontare i problemi della sicurezza, degli abusivi, della corruzione, della cattiva gestione delle municipalizzate e via di seguito? Se non aveva fatto nulla aspettando l’imput di Renzi, ha sbagliato tutto, se non altro perché non avrebbe dovuto creare a Renzi la prima “grana” da capo del governo. Quello che chiede Renzi a Marino è in sostanza quello che molti, e in particolare questo giornale, sostengono da tempo. E che continueremo a fare.

Marino, è il calendario che lo dice, ha tre mesi di tempo – fino alla elezioni europee di fine maggio – per mostrare che ha capito la lezione. Per scendere da Marte sulla terra. Le “europee” saranno il test decisivo. Se i partiti che lo sostengono perderanno le elezioni, questo segnerà la sua sorte;  e le sue dimissioni, seguite da elezioni nella primavera del 2015, saranno inevitabili, anche perché Renzi – che è segretario del Pd che è il principale partito che sostiene Marino – vorrà fare di Roma l’esempio del cambiamento virtuoso che chiede all’Italia intera.

In questi giorni, quindi, si stanno definendo in questa prospettiva i rapporti tra il Sindaco e la sua maggioranza. Con due ipotesi di percorso. La prima è che Marino si dovrà allineare alle richieste del Partito democratico nazionale. La seconda è che, nel frattempo, le forze politiche romane si metteranno al lavoro per individuare la maggioranza capace di sostenere il sindaco del dopo-Marino. C’è chi parla di una maggioranza “renziana”, tutta di sinistra e riformista ma non massimalista; e chi invece pensa alla replica a Roma del modello dell’attuale governo, dove con la sinistra ci sono i centristi e il Ncd di Angelino Alfano. Nel primo caso il sindaco sarebbe del Pd; nel secondo circola già il nome di Alfio Marchini. Carlo Rebecchi

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