Tutti gli uomini e le donne del sindaco marino | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
Direttore responsabile Giovanni Tagliapietra

Tutti gli uomini (e le donne) sbagliati di Marino

Cercava la discontinuità con il passato, ha finito per circondarsi di "amici" legati alla politica e fortemente ideologizzati. E si è ritrovato più prigioniero di prima

alessandro_carfiBa-sta!… Ci vuole gente nuova!… I romani, basta orecchiare le conversazioni nei mercati o nei bar, non ne possono più del “sistema” di governo capitolino. Che oggi è identificato nel sindaco Ignazion Marino, come ieri lo era in Gianni Alemanno e prima ancora in Walter Veltroni o in Francesco Rutelli. Ba-sta, non se ne può più di eletti al Campidoglio che, una volta ai vertici, non pensano più a corrispondere alle aspettative dei cittadini ma si trincerano nel servizio ai partiti che li hanno fatti eleggere. Prendetee, per esempio, la Giunta Marino, che da un anno gestisce il Comune di Roma. Se qualcuno valuta che abbia cercato di risolvere i molti problemi dei cittadini della Capitale si sbaglia. E di grosso. Il sindaco, retour d’Amérique, aveva promesso un “lavoro di squadra” per rispondere, ovviamente, ai desiderata dei cittadini romani. Una cosa l’ha fatta, o almeno avviata: la pedonalizzazione dei Fori. Perché il mondo si accorga delle nostre ricchezze archeologiche, ha spiegato, e i turisti arrivino a frotte. Bene. Ma forse il “progetto Fori” andava studiato meglio. Possibile che i commercianti che si dicono danneggiati da come l’isola pedonale è stata avviata si inventino tutto? Probabilmente c’è stata da parte del Sindaco un problema di “ansia da prestazione”. Forse Marino era convinto di poter trasformare in quattro e quattr’otto Roma in un’altra Filadelfia. Nessuno sa come andrà a finire. Oggi si deve dire, e forte, che è partito con il piede sbagliato. E non soltanto sulla pedonalizzazione dei Fori.

Marino ha sbagliato – non siamo noi a dirlo ma i risultati sotto gli occhi di ciascuno – un po’ su tutto; e questo un pò qua e un pò là porta a parlare di disastro. Anche quando, magari, dietro al fumo non c’è proprio nessun arrosto. E’ il caso, si vuole sperare, dell’ennesimo presunto “scandalo” dei politici romani (che dopo il caso Fiorito, va detto, sono considerati il peggio del peggio): quello della “promozione” in Acea del marito dell’assessore Alessandra Cattoi che, contro i giornali che hanno messo in dubbio la “trasparenza” dell’operazione, ha minacciato querele. Il fatto. Pochi giorni fa un quotidiano romano fa uno “scoop” annunciando che Alessandro Carfì, già responsabile per il settore idrico elle attività internazionali di Acea, è stato nominato amministratore delegato di Publiacqua, società che gestisce il servizio idrico integrato dell’Ato 3 – medio Valdarno. Carfì, nessuno ne dubito, potrebbe essere un ottimo manager. Ma si dà il caso che sia il marito dell’assessore Cattoi, il “braccio destro” di Marino che, nelle scorse settimane, ha condotto le trattative  con gli azionisti privati della società sulla defenestrazione del vecchio Cda di Acea. Alle opposizioni non è parso vero poter dire che nulla è cambiato rispetto al passato. Per Fabrizio Ghera, di Fratelli d’Italia, “si apre l’era di marito poli, Cattoi abbia la decenza di dimettersi”. Altrettanto duro Alessandro Onorato, della lista civica Marchini: “La parentopoli continua, altro che discontinuità, altro che curricula!”.

Il vicepresidente dell’assemblea capitolina Giordano Tredicine, uno il cui nome evoca un gran numero di cose che a Roma vanno sempre in un certo modo, può permettersi di parlare di una nomina “poco ortodossa”, al punto che dichiara in una comunicato di non potere esimersi dal rivolgere una interrogazione, sull’argomento, al sindaco Marino e alla stessa Cattoi. Cosi come il capogruppo capitolino di Forza Italia e presidente della Commissione trasparenza Giovanni Quarzo dà l’impressione di essere costretto, subito dopo l’arrivo suo giornali della notizia della nomina di Carfì, “che getta una luce inquietante sull’amministrazione Marino”, ad annunciare  la convocazione “tra breve” di una riunione della Commissione al fine di fare “tutta la dovuta chiarezza sull’argomento”.  Non siamo noi, da fuori, a poter dire come stanno le cose. Ma certo, ancora una volta Marino non ha saputo spiegare, come avrebbe dovuto, ai cittadini romani – se così è – che Carfì meritava quella promozione, “anche se è il marito della Cattoi”. Invece la cosa è stata tenuta segreta fino a quando qualcuno l’ha comunicata ai giornali (perché va detto, al riguardo, che il sito di Publiacqua di quella nomina, fino a poche ore fa, non ha traccia). Ed è evidente, visto come vanno le vicende politiche a livello nazionale, che se qualcuno tiene nascosto qualcosa viene spontaneo pensare che dietro ci sia qualcosa che “è meglio non dire”. Magari il favore ad un amico.

Meglio passare ad altro, anche se le cose poi non cambiano in meglio. Se i romani gridano “ba-sta!”, è perché i politici, una volta eletti, finiscono quasi sempre per pensare più agli interessi dei rispettivi partiti che a quelli dei cittadini. Nessuno di loro, infatti, dà l’impressione di riuscire a staccarsi dagli “amici” che l’hanno aiutato ad arrivare fin lì. Tutti scrivono che le ideologie non esistono più, ma in realtà non è così. Chi era comunista ieri, lo rimane ancora oggi. Ma lo stesso fa chi era liberale o chi era democristiano: questi ultimi, al massimo trasmigrano sotto le bandiere dei cattolici. Marino aveva promesso il rinnovamento ma è chiaro che difficilmente potrà realizzarlo, visto che tra coloro che lo sostengono ci sono personaggi che più ideologizzati, e quindi rigidi, non si può: come per esempio il vicesindaco Luigi Nieri, del Sel come Gianluca Peciola. Lo stesso discorso può essere fatto anche per i rappresentanti DS della squadra di Marino: da Marta Leonori a Estella Marino. Paolo Masini potrebbe essere definito, senza paura di sbagliare, un catto-comunista, dal volontariato cattolico a Pasolini. Sempre nel sociale, Rita Cutini proviene dall’università cattolica LUMSA, e sarebbe sicuramente pronta a sacrificarsi per non venire meno ai valori che lì ha appreso; così come la Cattoi sarebbe probabilmente pronta ad immolarsi per il sindaco di cui è , come già detto, il braccio destro.

Menti libere, a quel che si vede, nella Giunta Marino sembra che ce ne siano poche. Uno è sicuramente Giovanni Caudo, l’uomo cui è stata delegata la trasformazione urbana: un siciliano formatosi professionalmente in Olanda. Le sue idee per rendere vivibili le periferie sono splendide, ma da subito gli è stato detto che i soldi sono pochi, il che è vero, e che quindi c’è poco da sognare ad occhi aperti. Luca Pancalli ha un suo mondo di riferimento, ma per la qualità della vita bisognerà forse aspettare qualche prossimo sindaco. Guido Improta, da nobiluomo napoletano, appare, in senso positivo, un uomo per tutte le stagioni. Soltanto l’irrompere nel mondo politico romano di Matteo Renzi sembra poter far uscire dalla rispettive ideologie coloro che fanno parte, per aver contribuito alla sua elezione, della “squadra Marino”. Soltanto allora, forse, gli interessi di partito verranno posposti a quelli dei cittadini. E si vedrà allora se Marino merita di rimanere o dovrà andarsene.

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